Arte e comunicazione a Milano. Intervista a Giacomo Nicolella Maschietti
Dalla musica alla televisione, passando per le gallerie d’arte al mondo delle aste, una chiacchierata a tutto tondo fra Giacomo Nicolella Maschietti, anchorman del canale Class CNBC, e gli studenti dello IULM di Milano.
Dalla laurea in filosofia all’arte contemporanea. Come è avvenuto il passaggio?
Come tutti i miei compagni di corso, quando mi sono iscritto non avevo la minima idea del lavoro che sarei andato a fare. Laureato nel 2005, per caso vedo che una galleria d’arte aveva bisogno di un assistente. Mi pagavano il minimo e facevo mansioni da poco come portare il caffè, appendere i quadri e preparare imballaggi e documenti. Ma era comunque formativo perché è nelle gallerie ‒ e ne ho girate tante ‒ che si comincia a conoscere gli artisti.
Quale artista ha incontrato per primo?
Fausto Melotti ‒ anche se non l’ho propriamente incontrato perché lui era già morto. In galleria avevo il compito di archiviare le sue opere per realizzarne un catalogo. Era un lavoro che nessuno prima di me aveva mai fatto.
Cosa ne pensa del fatto che Sotheby’s Italia faccia la sua prima online-only auction?
Internet è il futuro per le aste, non lo avrei mai detto ma è così. Soprattutto perché molti compratori cercano di nascondersi. Bisogna avere un certo “coraggio” per rendersi visibili a un’asta, per alzare la mano e dire “sono io che spendo 80 milioni”. È inevitabile che in Italia se compri qualcosa all’asta il giorno dopo hai un controllo da parte della Finanza, ma questo perché il finanziere, tramite un software, verifica la dichiarazione dei redditi per giustificare il tuo acquisto.
Abbiamo letto che ti sei avvicinato al mondo dell’arte quasi casualmente, lavorando alcune estati (2001-2002) presso il bookshop delle grandi mostre di Villa Olmo a Como. Ma di preciso come hai trasformato poi questo tuo incontro in una professione?
Dopo quella breve esperienza, il mio primo vero approccio professionale al mondo dell’arte è avvenuto nel 2005. In quell’anno infatti, dopo essermi laureato in filosofia, ho iniziato a lavorare come assistente presso una galleria d’arte contemporanea. Per un paio di anni ne ho girate diverse, alcune meno note e altre più importanti. Tra quest’ultime ad esempio vi era la Galleria Christian Stein, presso la quale ho curato l’archivio Melotti.
L’esperienza di assistente di galleria è stata particolarmente interessante e formativa. Quando ero giovane probabilmente non me ne rendevo conto e a volte mi sentivo anche un po’ “sfruttato”. In realtà questa esperienza è risultata poi fondamentale per la mia carriera successiva, e per questo consiglio a tutti di iniziare da questa tappa.
Quali possibilità offre una città come Milano ai giovani laureati che si affacciano per la prima volta a questa realtà?
Il mondo dell’arte è ricco di possibilità lavorative, ma è necessario mettersi in gioco affrontando una realtà fatta di incontri, situazioni ed eventi. Anche una piccola galleria, come ce ne sono tante a Milano, può essere il luogo di incontro con artisti, collezionisti, galleristi e figure di spicco del mondo dell’arte.
Che suggerimento darebbe quindi per inserirsi in questo ambiente e farsi conoscere?
Di non ambire subito a posti di lavoro dirigenziali; anche un umile assistente di galleria può emergere e farsi notare, anzi forse è più vicino agli artisti lavorando direttamente sulle opere e sulle installazioni da montare, catalogare e spedire. L’intraprendenza è la chiave per riuscire in questo ambito, conoscere e farsi conoscere; ecco quale dev’essere il motto per chi vuole ritagliarsi un posto di spicco nel mondo dell’arte.
Come pensa sia andata l’esperienza del Pomilio Blumm Prize?
È stato un glorioso fallimento!
Come mai?
Pomilio Blumm Prize è stato prodotto da Magnolia, che ha voluto fare a modo suo. Sono stati interpellati una serie di tecnici del mondo dell’arte e non siamo stati capaci di parlare al pubblico. Di conseguenza il pubblico si è annoiato!
Secondo lei è l’unico aspetto che non ha funzionato?
No, il problema della cultura in Italia è che viene percepita come un qualcosa di altro che fa anche un po’ paura. La cultura dovrebbe essere qualcosa che non ti spaventa; invece noi abbiamo creato un programma sbagliato, snob e fighetto alzando una barriera mostruosa con il pubblico. Quando l’hanno visto dei miei amici, anche laureati, mi hanno detto: “Giacomo non si capisce un cazzo!”.
Sulla carta le premesse sembravano ottime…
Sì, per quanto l’immagine fosse molto patinata, con nomi del calibro di Michelangelo Pistoletto, Alessandra Mammì, Gianfranco Maraniello, Lorenzo Balbi e Fabiola Naldi, non si può produrre un talent dove non ci si emoziona quando qualcuno viene eliminato.
Ci parla del suo canale TV?
Si chiama ClassCnbc ed è un canale finanziario. Tra le altre cose, vengono riprese le aste di Sotheby’s e Christie’s.
Come ha iniziato?
All’inizio non è stato facile ottenere il permesso di filmare le aste poiché, ovviamente, l’identità dei clienti non deve essere diffusa. La soluzione è stata andare da Sotheby’s e dire che da Christie’s mi avevano concesso il permesso, anche se non era vero. Dopodiché tutto si è sbloccato.
Quanto il tuo essere musicista ti ha aiutato nel mondo dell’arte?
Poco, anzi mi ha messo i bastoni fra le ruote perché può essere fuorviante. Bisogna dare un’immagine univoca di se stessi per fare in modo che la gente capisca e quindi semplificare il più possibile, almeno sui social che sono la nostra vetrina. Per me la musica rappresenta ancora un’attrazione fortissima, mi capita ancora spesso di suonare, ma quando vado a postare l’evento di un mio concerto magari non vengo ben visto dalla gente che mi segue e che lavora con me nell’ambito della comunicazione.
Tralasciando l’aspetto accattivante dell’essere politicamente scorretto, questo lato è stato sempre motivo di attrattiva o ha fatto naufragare dei progetti a cui teneva?
Ha fatto naufragare progetti a cui tenevo.
Ci spieghi meglio.
Quella di essere accattivante è una mia scelta editoriale, che può essere condivisibile o meno. Ho deciso di spingere sempre l’acceleratore e di non mettere particolari filtri ai miei social, questo fa sì che ogni giorno c’è qualcuno che si sente offeso da quello che posso dire, lo metto a bilancio, poi faccio conti e ricavi e capisco che a me è convenuto così. Se fossi stato uno “pulito”, un “boy scout” non avrei lavorato per niente.
Anche sui suoi profili social notiamo quest’irriverenza.
Sì, è così, quello che posto su Facebook o su Instagram rispecchia il mio modo di essere. Cerco sempre di dare qualche spunto ai miei follower, mi pongo sempre la domanda “perché dovrebbero leggere il mio status?” e cerco di dar loro dei contenuti. Tento di inventarmi qualcosa di nuovo, di veicolare un messaggio piuttosto che caricare la foto della carbonara che ho mangiato a pranzo.
Cosa si sente di consigliare quindi a dei giovani che un giorno lavoreranno nel mondo dei social?
Consiglio di non fare come me, se non vi sentite di fare come me. Io sono simpatico a tot persone, ma sicuramente antipatico a molte di più. Una persona se lo deve sentire, è una questione di identità, ognuno di noi digitalmente ha una propria identità che sarà poi il proprio biglietto da visita. L’audacia a me ha ripagato, ma non c’è da scherzare con i social.
Sta dicendo che i social sono pericolosi?
Sì, soprattutto Facebook o Instagram sono armi a doppio taglio, dobbiamo renderci conto che la foto che postiamo la vedono tutti, la vedranno le persone che un giorno vi daranno lavoro e la vedranno i vostri clienti. Bisogna ricordare che anche se un post non ha nessun like è stato comunque visto da tutti i nostri contatti, per questo prima di postare qualcosa di cui poi ci si potrebbe pentire bisogna pensarci tre volte.
L’intervista è stata realizzata dagli studenti della cattedra di Forme di comunicazione dell’arte:
Claudia Abate, Alice Alessandrini, Valentina Bazzoli, Rachele Bettinelli, Giuseppe Bonanomi, Cecilia Buccioni, Eleonora Buttinoni, Chiara Camaccioli, Luca Cantore, Eleonora Casale, Claudia Castellucci, Alice Celeste, Luca Ceresoli, Marta Cossettini, Beatrice Curti, Daniele Di Stefano, Laura Favalessa, Alice Formentini, Elena Giorgini, Beatrice Giudici, Giada Iori, Giulia Lanzi, Marta Lavit, Francesca Marino, Erica Massaccesi, Camilla Maver, Matilde Meinardi, Corinna Paoletti, Rachele Pezzetta, Francesca Pezzuto, Davide Pirovano, Beatrice Pizzi, Irene Rivolta, Manfredi Rovella, Giuseppe Scornavacche, Monica Sedini, Marianna Soru, Francesca Tisselli, Mara Trementozzi, Valentina Viscione.
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