Brain Drain. Parola a Olga Vanoncini

È nata a Bergamo nel 1978. Professione: artista. Il grande passo, trasferirsi in un altro Paese – in Israele, a Tel Aviv –, l’ha fatto (anche) per amore. E ha trovato una realtà attiva e internazionale. Quella che racconta qui.

Cosa ti ha portato a Tel Aviv?
Mi sono trasferita nel settembre 2014, favorita da fattori personali: mio marito è israeliano. Ha giocato anche la curiosità di fare un cambiamento. Tel Aviv è una città internazionale, vivace nelle arti, dinamica nella società. È incorniciata da spiagge e piste ciclabili chilometriche, architetture coloniali, “bianco Bauhaus” e grattacieli [qui trovate una panoramica delle architetture più recenti, N.d.R.], mercati a cielo aperto e boutique di design, una vastissima offerta di eventi artistici e culturali, una night life molto intensa e godibile. È uno stile di vita che mi piace.

Quali opportunità ci sono per gli artisti?
Ci sono istituzioni con ottimi e diversificati programmi di studio come la Bezalel Academy e lo Shenkar College. E poi organizzazioni come Artport, che gestisce residenze, e fondi internazionali come Artis. Ci sono diversi programmi di arti visive specifici per gli ambiti performativo, multimediale, sociale.

Quale la differenza più evidente del sistema dell’arte israeliano rispetto a quello europeo e italiano?
Israele è un Paese piccolo, quindi il suo sistema dell’arte è più localizzato. Ma è profondamente connesso col mondo, quindi l’arte si dilata quantitativamente e qualitativamente attraverso scambi e mobilità molto marcate. Rispetto all’Italia e all’Europa, Israele è basata realmente su multiculturalismo e multilinguismo.

Preston Scott Cohen - Museum of Modern Art Tel Aviv

Preston Scott Cohen – Museum of Modern Art Tel Aviv

Una breve descrizione del sistema dell’arte cittadino.
Tel Aviv è la città più attiva in Israele. La scena è molto dinamica e in continua evoluzione. Nel 2013 ho pubblicato un reportage sul mio blog, mappandone i vari circuiti. Il museo di riferimento è il Tel Aviv Museum of Art, comprendente anche l’Helena Rubinstein Pavilion, con una programmazione eccellente, variegata e ricca di attività didattiche. C’è una fiera, Fresh Paint. Ci sono collezioni private che aprono i loro spazi, come SIP – The Shpilman Institute of Photography e Givon Art Forum. Riguardo alle gallerie, ci sono diverse aree di concentrazione, dalle gallerie storiche in Gordon Street e Ben Yehuda, a Rothschild Boulevard, alla zona sud della città con gallerie giovani talvolta indipendenti e un’alta concentrazione di studi d’artista. Centri di produzione indipendente sono CCA – The Center for Contemporary Art, Tel Aviv Artists’ Studio, Artport. La municipalità di Tel Aviv supporta diverse manifestazioni come weekend di open studios e festival di interventi site specific in spazi particolari con un programma chiamato Loving Art Making Art e organizza mostre nello spazio storico Beit Ha’ir. Appena fuori Tel Aviv ci sono altri musei con una programmazione interessante, come Moby Bat Yam e Herzliya Museum of Contemporary Art.

Come sei cambiata artisticamente?
Da quando mi sono trasferita, la mia pratica si è concentrata sul processo e sull’esperimento. All’inizio del 2015 ho sviluppato un nuovo progetto, Crossing the Blue/Live, consistente in una parte testuale e in una parte visiva, unite in un processo site specific basato su un approccio multidisciplinare che unisce ricerca artistica, estetica, filosofia, scrittura, letteratura, performance, esperimento e altro. Anche l’educazione si intreccia alla mia pratica, dall’esperienza come docente di Fenomenologia delle Arti Contemporanee all’Accademia di Belle Arti Santa Giulia Brescia, all’esperienza nella didattica creativa nelle scuole in Israele. In particolare mi interessa la connessione tra educazione, processualità, esperimento, esperienza e multidisciplinarietà. Inoltre, come sempre nella quotidianità, sento il bisogno di costruire il mio cosmo allargato, e ciò si è concretizzato con Le Cosmos d’O/Home, design della casa/studio, e Le Cosmos d’O/Objects, oggetti quotidiani come lampade e borse.

Olga Vanoncini, Pop corn and chaos theory, performance, 2010

Olga Vanoncini, Pop corn and chaos theory, performance, 2010

Consigli per chi vuole andare in Israele?
Studiare in anticipo la lingua, la storia e la cultura, informarsi prima sulla scena dell’arte con uno screening delle realtà attive, fare viaggi preparatori documentati, essere aperti e curiosi di conoscere realtà differenti e discontinue rispetto al sistema dell’arte contemporanea (archeologia, scienza, hi-tech ecc).

Mantieni contatti con l’Italia?
Sono artist at large con The Blank Contemporary Art, di cui sono stata coordinatrice. Curo a distanza The Blank TR – Transit Message, insieme alla curatrice Claudia Santeroni, attuale coordinatrice dell’associazione. È un progetto trasversale in lancio nel 2016, basato su un protocollo analogico, un esperimento e un esercizio sulla ricerca di cosa significhi oggi mandare un messaggio, comunicare, transitare.  È possibile che in futuro torni in Italia – mai dire mai – ma in questo momento non è nei miei piani.

Neve Mazzoleni

www.olgavanoncini.com
http://lecosmosdo.tumblr.com/

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #29

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Neve Mazzoleni

Neve Mazzoleni

Neve Mazzoleni. Background di storica dell’arte e filosofa, perfezionata in management dell’arte e della cultura e anche in innovazione sociale, business sociale e project innovation. Per anni è stata curatrice ed exhibition manager della collezione corporate internazionale di UniCredit all’interno…

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