Si potrà ancora fare cultura nelle carceri? Il pasticcio del Governo che rischia di ostacolare le attività dei detenuti

È in vigore da poco meno di un mese la circolare del Dap che obbliga numerosi istituti penitenziari d’Italia a sottoporre l’organizzazione di attività ed eventi in carcere a un’autorizzazione centralizzata. Scoraggiando progetti portati avanti da anni da cooperative, associazioni, mondo dell’educazione e dal Terzo settore. Essenziali per i detenuti

Per i detenuti delle carceri italiane, il 21 ottobre 2025 rischia di essere uno spartiacque da ricordare. Con la Circolare n. 454011, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha cambiato le regole per l’organizzazione dall’esterno di un’attività in carcere. Alla Direzione generale del Dap sono ora avocate le pratiche di autorizzazione per eventi educativi, culturali e ricreativi in tutte le carceri che hanno anche reparti di Alta Sicurezza, Collaboratori di Giustizia e 41-bis.

La Circolare del Dap che centralizza le autorizzazioni per le attività culturali in carcere

Fino a prima della Circolare, come stabilisce l’art. 17 della legge 354/1975, la domanda per portare dall’esterno un’attività in carcere andava presentata al direttore dell’istituto penitenziario in cui si sarebbe voluto operare, che esprimeva parere sull’istanza e la trasmetteva al magistrato di sorveglianza per l’autorizzazione. Ora, l’autorizzazione per gli eventi di carattere trattamentale, anche se rivolti ai soli detenuti afferenti al circuito di Media sicurezza, ma comunque allocati in uno degli istituti di cui sopra, dovrà passare dalla direzione generale di Roma. Inoltre, specifica la circolare, la richiesta dovrà pervenire “con congruo anticipo” e contenere necessariamente i seguenti dati: spazi utilizzati, durata dell’iniziativa, lista dei detenuti da coinvolgere, elenco dei nomi e dei titoli dei partecipanti della comunità esterna, parere della direzione.

Si potrà ancora fare cultura in carcere?

Una mazzata sulle carceri italiane, già provate da problemi noti, reiterati e ancora mal gestiti: sovraffollamento, fatiscenza delle strutture, carenza di personale. E sì, anche eccesso di burocrazia. Ciononostante, la circolare firmata da Ernesto Napolillo, a capo della Direzione generale dei detenuti e del trattamento, muove nella direzione di ulteriori complicazioni burocratiche, indebolendo il potere decisionale dei singoli istituti. In Italia sono 190 gli istituti ordinari distribuiti su tutto il territorio nazionale: di questi, 12 prevedono sezioni per il 41-bis, ma molto più numerose sono le strutture penitenziarie che ospitano reparti speciali di Alta Sicurezza (sebbene la percentuale di detenuti sottoposti a questo regime, sul totale della popolazione carceraria, sia minima: circa 8.800 persone). Il nuovo provvedimento, dunque, complicherà lo svolgimento di qualsivoglia attività organizzata con l’esterno – in primis i molteplici progetti culturali consolidati nel tempo – per i detenuti di molti istituti. Eventi, iniziative educative, laboratori di formazione in carcere subiranno un prevedibile rallentamento, quando non saranno annullati per la difficoltà di far quadrare autorizzazione e tempistiche organizzative.
E diffusa è la preoccupazione di chi con il carcere e i detenuti ha a che fare tutti i giorni: “Dalle celle chiuse alle carceri chiuse, è un attimo. Un balzo all’indietro di più di quarant’anni”, chiosa il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, Stefano Anastasìa. “Questa circolare è certezza di una scarsa contezza reale dei contesti carcerari, trasforma le autorizzazioni della magistratura di sorveglianza in orpelli, elementi ancillari” gli fa eco il Garante campano, Samuele CiambrelloCi sono iniziative trattamentali di cooperative, associazioni, enti locali e non si comprende la gestione diretta della Direzione generale degli istituti con i circuiti di Alta Sicurezza. Ma allora i direttori e i responsabili del Prap sono semplici amministratori di condominio?”.

Cooperativa Sociale Giotto
Cooperativa Sociale Giotto

Le attività culturali in carcere rischiano di essere scoraggiate

Il ministro Nordio sostiene che tutte le richieste finora sottoposte al Dap di Roma sono state autorizzate, 139 su 139. A patto che sia vero, quante altre non sono state presentate a monte?” sottolinea Valentina Calderone, che è Garante per i detenuti di Roma “Il monitoraggio delle prime settimane già restituisce diversi problemi, ripensamenti: se tutto diventa più complicato, chi finora ha proposto e lavorato su queste attività e iniziative è scoraggiato a proporle e portarle avanti. Si parla genericamente di tempi congrui, non si delineano procedure specifiche. Questa confusione ha gettato nello sconforto e nel panico le direzioni, che si trovano a dover gestire iniziative proposte da anni in funzione di parametri improvvisamente cambiati”. Un esempio pratico? “Volendo organizzare un’iniziativa in carcere aperta al pubblico, invitando 150 persone, finora il singolo istituto faceva in modo di chiudere la lista dei partecipanti con una settimana d’anticipo, per organizzare gli ingressi secondo i criteri di legge. Con l’obbligo di autorizzazione centralizzata, quanto tempo prima sarà necessario organizzarsi?”.

Selvatico Ancestrale, Compagnia Teatrale Opera Liquida. Photo Ludovica Sagramoso Sacchetti
Selvatico Ancestrale, Compagnia Teatrale Opera Liquida. Photo Ludovica Sagramoso Sacchetti

Le prime iniziative culturali saltate per effetto della Circolare

Così, restando a Roma, gli spettacoli organizzati dalla Compagnia Teatrale La Ribalta nel carcere di Rebibbia, previsti per i prossimi 24 e 25 novembre, non si faranno: “La Compagnia opera da vent’anni nell’istituto romano, ma in queste condizioni il regista non se la sente di procedere, col rischio di intoppi dell’ultimo secondo. Il cambio di regole imposto dalla Circolare rischia di alterare anche alleanze e collaborazioni avviate da tempo tra associazioni culturali e istituti penitenziari. Di certo, per fortuna, chi entra in carcere è abituato alle complicazioni, non si lascia scoraggiare facilmente e svolge il suo lavoro con molta convinzione: in questa fase c’è tensione, c’è chi invoca una protesta delle direzioni carcerarie, loro stesse penalizzate sotto il profilo dell’autonomia gestionale e decisionale. Sarà necessario monitorare con attenzione, registrare l’andamento delle cose e produrre una documentazione da presentare per eventuali accertamenti giuridici sulla legittimità del provvedimento. Personalmente spero in un passo indietro dell’esecutivo”.
Intanto, a Milano Opera è stato annullato un incontro di Bookcity con il laboratorio di lettura Fine pena ora, coordinato da Donatella Civardi e Giovanna Musco. E sono saltati anche gli spettacoli della Compagnia Teatrale Opera Liquida, in programma fuori dalla struttura carceraria milanese. Ma anche l’iniziativa l’ALTrA Cucina, che ogni anno organizza il pranzo di Natale in oltre cinquanta carceri italiane, in collaborazione con noti chef, rischia di complicarsi: su 56 istituti, già 2 hanno comunicato la propria defezione, temendo lungaggini e complicazioni per ricevere l’autorizzazione. Dinamica che potrebbe ripetersi sempre più di frequente: a Parma, salta il progetto che da alcuni anni metteva a confronto gli studenti di un liceo classico con i detenuti, per discutere di giustizia riparativa; a Padova, nel carcere che molti anni fa ha tenuto a battesimo – e continua a tutelare – una esemplare esperienza di cooperazione tra società esterna e contesto carcerario (leggasi Cooperativa sociale Giotto) all’ultimo secondo è stato annullato, all’inizio di novembre, un incontro di lettura che avrebbe dovuto coinvolgere detenuti maghrebini.  

A rischio anche le attività delle università in carcere

E traballa anche l’erogazione della formazione universitaria garantita da 47 atenei impegnati con circa 2.000 studenti universitari detenuti in 120 istituti penitenziari. Accanto alla formazione, infatti, le università sono impegnate in attività di valorizzazione delle conoscenze (“terza missione”) con progetti e iniziative culturali rivolte all’intera la popolazione detenuta. Uno strumento prezioso per la rieducazione e il reinserimento sociale e lavorativo, in coerenza con i diritti fondamentali sanciti dalla Carta costituzionale e con l’Ordinamento penitenziario vigente, gestito non senza difficoltà per assicurare il rispetto delle esigenze penitenziarie, in collaborazione con le direzioni, le aree pedagogico-educative e alla polizia penitenziaria. Ora, la circolare “rischia di ridurre drasticamente l’agibilità didattico-culturale in seno agli Istituti”. Lo esplicita, in una nota ufficiale, la Conferenza Nazionale Universitaria delle /dei Delegati delle/dei Rettori per i Poli Penitenziari (Cnupp), che esprime “grande preoccupazione per le misure adottate dal Dap che mettono a rischio un patrimonio di esperienze, di civiltà e di cultura al servizio del benessere della società, e in particolare la stessa presenza dell’Università in carcere e il diritto allo studio. Chiamiamo il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria a un confronto costruttivo che consenta alle 47 università associate alla Cnupp di continuare a lavorare per garantire l’accesso allo studio universitario delle persone in esecuzione di pena”.

Yan Pei-Ming Oltre il muro-Regina Cœli, Roma, 2025 © Regina Coeli, Roma
Yan Pei-Ming Oltre il muro-Regina Cœli, Roma, 2025 © Regina Coeli, Roma

Quale futuro per le carceri italiane?

In questo contesto, “sembra sempre più chiaro che Ministero della Giustizia e Dap vogliano accordare centralità principalmente alla custodia: la cosa più importante è il comparto sicurezza, a discapito dell’area trattamentale. Un’indicazione non di poco conto rispetto al criterio che guida le decisioni dell’esecutivo, tanto più che questa circolare è solo l’ultima di una serie di provvedimenti ravvicinati che hanno inasprito le condizioni dei detenuti” prosegue Calderone “Uno per tutti, per il circuito di Media sicurezza si è deciso che le persone che non partecipano alle attività debbano restare chiuse nelle stanze. Peccato che queste attività non siano garantite a tutti, innanzitutto per mancanza di spazi. Dovremmo tutti ricordarci che il trattamento è fatto dalla società esterna: le attività che ora rischiano di saltare sopperiscono a molte mancanze della vita in carcere”.
E anche il Coordinamento dei magistrati di sorveglianza definisce allarmante ciò che sta succedendo: “Imponendo un forte livello di centralizzazione, la circolare rischia di compromettere molti dei progetti faticosamente portati avanti da cooperative, associazioni, mondo dell’educazione e di tutto il Terzo settore, con un aggravio notevolissimo circa i tempi di definizione delle autorizzazioni e la conseguente inevitabile riduzione delle attività trattamentali, che dovrebbero invece rappresentare l’asse portante di una reclusione volta alla risocializzazione”.

Livia Montagnoli

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