I tempi del museo

Voi quanto ci restate in un museo? E quali sono i fattori che influenzano la durata della visita? Certo, l’estensione di collezioni e mostre. E poi?

Christian Marclay - The Clock - 2010
Christian Marclay - The Clock - 2010

Tue Manno priegho provegi a quello ch’è di bisongno
e noe perdere tenpo […]
in però che tenpo perduto non si raquista mai
e ‘l tenpo è la pùe chara chosa che noi abiamo;
[…] e pertanto ti chonsilglo che tue volgla essere di quelli
che spende bene il tenpo e noe male.
Francesco Datini a Manno di Albizzo degli Agli, 13 maggio 1394

CRONO-LOGIE
Lo scorrere del tempo è palese per ciascuno di noi. Possiamo immaginare un mondo senza colori, senza materia, anche senza spazio, ma non senza tempo”. È Martin Heidegger che ha espresso con forza questo nostro “abitare il tempo”. Chissà se il dibattito sul tempo museale (ma anche culturale) possa inserirsi nella querelle filosofica secondo cui si può optare per una classificazione di tipo A (come qualcosa di oggettivo e indipendente da noi) oppure di tipo B (come qualcosa di relativo).
Il museo giunge a noi da un tempo passato che sembra lunghissimo e lentissimo, la stessa sensazione si prova pensando alle sue collezioni stratificate, ordinate, per le quali l’asse temporale è spesso anche un criterio di allestimento. Ma il tempo della visita, come si colloca nello spazio artistico e antropico del contenitore museale? E come si misura?

Il contenuto prosegue a seguire

Iscriviti a Incanti. Il settimanale di Artribune sul mercato dell'arte

 
 
Laboratorio con Donald Judd a Punta della Dogana - photo Matteo De Fina
Laboratorio con Donald Judd a Punta della Dogana – photo Matteo De Fina

QUANTO SI RESTA AL MUSEO?
L’orario di apertura del museo rappresenta un importante strumento per consentire un’adeguata fruizione e una politica culturale di accesso. Vi sono musei, soprattutto all’estero, che ne hanno fatto un mezzo di comunicazione strategico, collegando l’estensione temporale, o anche semplicemente una proposta flessibile, all’offering culturale. Visite-sneak caratterizzano per esempio l’utilizzo della pausa pranzo per lavoratori che “impiegano bene” uno spazio temporale usato spesso frettolosamente. Il tè o l’aperitivo al museo come format di edutainment che allungano l’orario pomeridiano e serale, così come le aperture notturne, soprattutto in estate, consentono di vivere il museo come luogo di incontro, informale e colloquiale.
La permanenza è una variabile influenzabile da molteplici fattori: la dimensione del percorso di visita, la consistenza e numerosità della collezione, la disponibilità soggettiva del tempo, le aspettative di durata, le modalità di fruizione, sono tutti elementi (molti soggettivi) che incidono profondamente sulla permanenza nel museo. È indubbio però che, anche nella prospettiva culturale, la permanenza indica un valore di per sé, e ciò è intuibile empiricamente in quanto da un posto poco accogliente o non gradito si tende a fuggire velocemente.

Christian Marclay - The Clock - 2010
Christian Marclay – The Clock – 2010

COME USARE I DATI
Molte più informazioni qualitative giungerebbero se riuscissimo a combinare i dati della permanenza con il gradimento del tempo a disposizione: sono riuscito a vedere tutto quello che volevo? Vorrei ritornare? Ho trovato, nel percorso di visita, strumenti di apprendimento e di riposo? L’esperienza culturale è anche una questione di tempi.

Irene Sanesi

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #27

Abbonati ad Artribune Magazine
Acquista la tua 
inserzione sul prossimo Artribune

Iscriviti alla nostra newsletter
CONDIVIDI
Irene Sanesi
Dottore commercialista e revisore legale. Socio fondatore e partner di BBS-pro Ballerini Sanesi professionisti associati e di BBS-Lombard con sedi a Prato e Milano. Opera in particolare nell’ambito dell’economia gestione e fiscalità del Terzo Settore con particolare riferimento alla cultura, settore nel quale pubblica e svolge attività di consulenza, apprendimento organizzativo e formazione per soggetti privati e pubblici. È esperta di fundraising per la cultura per cui cura campagne di raccolta fondi, occupandosi di formazione mentoring e consulenza per imprese culturali e creative ed in particolare per i musei. Fra le sue pubblicazioni: L’economia del museo (Egea, 2002), Creatività cultura creazione di valore. Incanto economy (Franco Angeli, 2011), Il valore del museo (Franco Angeli, 2014), “Il problema delle risorse: incentivi fiscali e fundraising” in Il pubblico ha sempre ragione? Presente e futuro delle politiche culturali (a cura di Filippo Cavazzoni, IBL, ottobre 2018), Buona ventura. Lezioni italiane di storia economica per imprenditori del futuro (Il Mulino, 2018). Su Artribune Magazine è presente la sua rubrica “Gestionalia”. Scrive per Il Giornale delle fondazioni e Arteconomy. Per il CNDCEC (Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili) è componente del Gruppo di lavoro Economia e Cultura. Dal 2011 al 2018 ha presieduto per l’UNGDCEC (Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili) la commissione Economia della Cultura. Presidente dell’Opera di Santa Croce di Firenze. Presidente della Fondazione per le arti contemporanee in Toscana (il soggetto gestore del Centro per l'arte contemporanea L. Pecci Prato). Dal 2008 al 2016 è stata vice-presidente della Fondazione Istituto Internazionale di Storia Economica F. Datini. Tesoriere economo dell’Accademia delle Arti del Disegno. Economo della Diocesi di Prato. Membro del GAV (Gruppo Auto Valutazione) Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Economia.