Zehra Doğan – Prigione N°5

Informazioni Evento

Luogo
PROMETEO GALLERY
Via G. Ventura 6, 20134, Milano, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

lun- ven / 11-19 / gallery hours: mon-fri / 11 am - 7 pm

Vernissage
27/10/2021

ore 18

Artisti
Zehra Doğan
Generi
arte contemporanea, personale

Nei due spazi di Prometeo Gallery, inaugura la mostra dal titolo Prigione N°5 di Zehra Doğan (Diyarbakır, 1989), a un anno dalla prima personale dell’artista curda in una galleria italiana.

Comunicato stampa

"Questa è la storia di Shahmaran, metà umana e metà serpente. La sua storia è quella di un amore per un uomo, simbolo storico della civiltà dominante, di Shahmaran, Scià, Regina dei clan dei serpenti, che abita sette piani sotto terra, custode della saggezza della vita naturale, rifiutandosi da millenni di sottomettersi al mondo degli uomini."
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This is the story of Shahmaran, half human, half snake. His story is that of a love for a man, the historical symbol of the dominant civilisation, by Shahmaran, shah of the snake clans, who lives seven floors below ground, guardian of the wisdom of natural life, for thousands of years, refusing to submit to the world of men.

(english version)

Mercoledì 27 ottobre 2021 (dalle ore 18.00 alle 21.00), nei due spazi di Prometeo Gallery (via Ventura 6, Milano), inaugura la mostra dal titolo Prigione N°5 di Zehra Doğan (Diyarbakır, 1989), a un anno dalla prima personale dell’artista curda in una galleria italiana.

La prigione n. 5, quella di Diyarbakir nel Kurdistan iracheno, è tristemente famosa. Considerata un buco, un tunnel, un girone infernale, è un luogo di detenzione che nei decenni ha mobilitato senza esito le organizzazioni dei diritti umani. Ed è una prigione in cui Zehra Doğan ha trascorso parte della sua detenzione, 2 anni nove mesi e 22 giorni, scontati interamente, per avere postato su Twitter un disegno.

Nella lunga trafila che segue agli incarceramenti per reati d'opinione in Turchia, Zehra non ha però mai smesso di dipingere, disegnare, scrivere. Ha usato le sue mani per fare opera di resistenza politica, culturale e artistica. E ha utilizzato la fitta rete di relazioni di attiviste per poter poter far uscire i propri lavori, realizzati illegalmente con qualsiasi materiale a disposizione, anche il sangue mestruale suo e delle compagne, fuori dal carcere. Perché l'obiettivo della carcerazione per reati d'opinione è silenziare le voci, toglierti dagli sguardi degli altri, far dimenticare il tuo volto.