Wo Bu Shufu – I’m not so well

Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA REVISIONARIO
Contrada del Carmine 10c , Brescia, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

dal Martedi al Sabato 17.00 – 20.00

Vernissage
29/06/2012

ore 19

Contatti
Email: info@motelb.org
Curatori
Alessandro Rolandi
Generi
arte contemporanea, collettiva

L’idea di “Wo Bu Shufu” nasce da questa nozione di traccia e di scrittura: si tratta di gesti isolati, ma che hanno un significato più ampio. Gesti di individui accumunati dal fatto di appartenere ad un sistema, come quello cinese, che li lusinga e li confonde tra sviluppo e autoritarismo. Persone che accettano di farne parte, ma sentono il bisogno di dire “non mi sento tanto bene”.

Comunicato stampa

motel b
Ospite del Circolo Culturale Il Revisionario
WO BU SHUFU / I’M NOT SO WELL / NON MI SENTO TANTO BENE
Dal 29 Giugno al 6 Luglio 2012
Opening Venerdi 29 Giugno ore 19.00
Contrada del Carmine 10/C, Brescia
Orari dal Martedi al Sabato 17.00 – 20.00

A cura di Alessandro Rolandi
USB in edizione limitata a cura di Traslochi Emotivi

Artisti:
Anonymous Chinese Soldier / Hu Xiaoxiao / Lin JingJing / Li Mo, Li Xin Lu / Liang Tao / Ma Yongfeng / Qiao Xingyue / Ren Bo, /Rong Guang Rog / Steal / Wu Xiaojun / Wu Yuren

Sembra che Jacques Derrida, negli ultimi anni della sua vita, avesse sviluppato un interesse particolare per le chiavi USB. Pur avendo conosciuto solo i primi modelli, di dimensioni ingombranti rispetto tentativo vano di combattere la morte, l'annientamento, la perdita a quelle che ci portiamo in tasca oggi, questo oggetto minuscolo in grado di contenere altrettante informazioni "quanto la biblioteca di Alessandria", era diventato un' icona del suo pensiero; un pensiero che come sappiamo aveva saputo predire il futuro come l'avvento, anzichè la sparizione della scrittura. Scrittura numerica, scrittura codificata, quella dei files, che siano immagini, testi o suoni. Le USB diventano l'archivio delle innumerevoli tracce di umanità che ci lasciamo dietro nel.
L'idea di "Wo Bu Shufu" nasce da questa nozione di traccia e di scrittura: si tratta di gesti isolati, ma che hanno un significato più ampio. Gesti di individui accumunati dal fatto di appartenere ad un sistema, come quello cinese, che li lusinga e li confonde tra sviluppo e autoritarismo. Persone che accettano di farne parte, ma sentono il bisogno di dire "non mi sento tanto bene". Questa presa di coscienza, personale e fragile, ancora incapace di organizzarsi, ma nata da un'esigenza profonda dell'individuo sta diventando la condizione di migliaia di persone nel mondo intero all'alba di questo XXI secolo. Il fatto che siano gli artisti cinesi della scena pechinese underground a mandarci questo messaggio, è ancora più significativo, perchè ci aiuta ad andare oltre l'immagine della Cina fornita dai media internazionali e dai vari luoghi comuni, verso un'altra, che è qualcosa di ben più vivo, complesso ed articolato, di quanto la visione esterna sia in grado di semplificare. Una Cina di individui persi nella marea collettiva, che con i social networks, gli spazi artistici indipendenti, i giornali un po' meno controllati, la musica rock e tutto ciò a disposizione, non perdono l'occasione per un'azione spontanea di "disturbo", che senza essere organizzata, si articola in risposte multiple e solidali e spinge la volontà di cambiare le cose. Oltre alla Cina degli artisti e degli imprenditori miliardari e quella dei dissidenti di fama, oltre questo livello "macro" di lettura, esiste la Cina delle "micro-pratiche sociali creative" (come nel caso del collettivo artistico Forget Art, attivo da ormai 3 anni), quella di chi mette in linea un filmato piccante, di chi colleziona i Tweets delle vicende umane più dure, di chi scherza coi simboli del potere e della politica locale e internazionale in una piccola pièce di teatro improvvisata in uno studio in periferia di Pechino a sera tarda. La Cina di chi si ritrova a scattare o ad essere immortalato in una foto che a noi pare buffa, ma che fatta qui, comunque, richiede astuzia, e quella di chi ha il coraggio di affrontare col corpo e con la messa in scena, argomenti delicati e difficili. Il tutto si può riassumere nel filmato di una mostra al lume di candela, organizzata in incognito, in una sola notte, dopo aver rubato le chiavi di una galleria famosa e terminata prima dell'alba, senza lasciar traccia. La USB diventa un modo per contrabbandare le tracce di questa energia, di questa tensione, in cui sfida e humour diventano un'arma per vincere l'incertezza e l'incoerenza e resistere all'alienazione e alla follia. Wo bu shufu non è un grido: è un sorriso malizioso dietro allo sguardo insondabile di chi sente le proprie emozioni contenute sempre meno dall'autorità, dalla "faccia" e dalla paura. E' il sorriso di chi ha visto le crepe nel muro.