William Kentridge – Geografie della solitudine

La mostra, curata da Giovanni Valagussa e realizzata in collaborazione con la Galleria Lia Rumma, pone al centro dell’attenzione le opere della celebre Porter Series di William Kentridge, artista sudafricano di fama internazionale, noto per una pratica artistica che fonde cinema, disegno, teatro e impegno civile.
Comunicato stampa
Dal 30 maggio 2025, MITA Centro Culturale inaugura “Geografie della solitudine. Gli arazzi di William Kentridge e i tappeti delle montagne”, una mostra che intreccia linguaggi visivi e tessili in un'esplorazione poetica e stratificata del rapporto tra figura e paesaggio, tra spaesamento e memoria, tra geografia materiale e geografia dell’anima.
La mostra, curata da Giovanni Valagussa e realizzata in collaborazione con la Galleria Lia Rumma, pone al centro dell’attenzione le opere della celebre Porter Series di William Kentridge, artista sudafricano di fama internazionale, noto per una pratica artistica che fonde cinema, disegno, teatro e impegno civile.
In questi grandi arazzi realizzati con applicazioni tessili su mappe cartografiche, Kentridge compone figure frastagliate, nere, enigmatiche, immerse in spazi vasti e silenziosi. Le sue sagome – protagoniste anonime e disorientate – si confrontano con ambienti ostili e oggetti improbabili e ingombranti, evocando una sottile inquietudine e una profonda solitudine. Il medium stesso – arazzi cuciti – richiama la tradizione del tessile, portando l’opera d’arte contemporanea a confrontarsi con manufatti antichi.
In dialogo visivo e concettuale con questi lavori, una selezione di tappeti Gabbeh e Sarab provenienti dalla prestigiosa Collezione Zaleski apre una narrazione parallela: si tratta di tappeti realizzati nelle aree rurali e montane della Persia settentrionale e occidentale, lontani dalla fastosità dei tappeti persiani classici, e caratterizzati da una forte carica simbolica e istintiva. Campi sabbiosi, colori naturali, motivi geometrici essenziali, figurine minute di uomini e animali: questi tappeti esprimono la stessa tensione tra orientamento e perdita, tra senso e spaesamento che ritroviamo nelle carte geografiche di Kentridge.
Non si tratta di una semplice analogia formale: entrambi i linguaggi – quello visivo dell’artista contemporaneo e quello del tessitore tradizionale – diventano strumenti per misurare l’instabilità della condizione umana. Le opere sono attraversate da un desiderio comune: quello di rendere abitabile lo spazio vuoto, di trovare una direzione, una “bussola”. In tal senso, la mostra si chiude simbolicamente attorno a un tappeto centrale trasformato idealmente in strumento d’orientamento emotivo: una bussola tessile che indica la rotta attraverso le emozioni della solitudine, le discontinuità dello spazio e il bisogno di connessione.
Geografie della solitudine prosegue e approfondisce il percorso di ricerca intrapreso da MITA con la mostra I nodi dei giardini del paradiso (Castello di Brescia, 2023), confermando la missione del Centro: mettere in sistema saperi antichi e pratiche contemporanee, costruire un luogo in cui arte, storia e attualità si rispecchino e si rafforzino a vicenda.
Dichiarazione del Curatore Giovanni Valagussa:
"Questo lavoro parte da lontano ed è stato realizzato grazie alla collaborazione con Galleria Lia Rumma. Volevo da molto tempo fare una mostra di arazzi di William Kentridge, perché lo considero - e non sono ovviamente il solo - uno dei massimi artisti di oggi. Ma anche desideravo continuare il percorso di MITA come centro sperimentale, dove il linguaggio universale del tessile consente ponti tra antico e moderno.
Così abbiamo costruito questa esposizione che racconta la solitudine, il disagio, la tragedia della vita umana sperduta in contesti ostili. Persone costrette a spostarsi continuamente, a muoversi come ombre in controluce su grandi distanze. Eppure in tutto ciò rimane l'umanità degli ultimi, che con le loro poche cose - siano oggetti o tappeti - cercano di ricostituire uno spazio misurabile e quindi abitabile, più confortevole possibile."
From May 30, 2025, MITA Centro Culturale opens "Geografie della Solitudine. Gli Arazzi di William Kentridge e i tappeti delle montagne" [Geographies of Solitude. William Kentridge's Tapestries and Carpets of the Mountains,] an exhibition that weaves visual languages and textiles into a poetic and layered exploration of the relationship between figure and landscape, between disorientation and memory, between material geography and the geography of the soul.
The exhibition, curated by Giovanni Valagussa and produced in collaboration with the Lia Rumma Gallery, focuses on works from the celebrated Porter Series by William Kentridge, an internationally renowned South African artist known for an artistic practice that blends film, drawing, theater and civic engagement.
In these large tapestries made with textile appliqués on cartographic maps, Kentridge composes jagged, black, enigmatic figures immersed in vast, silent spaces. His silhouettes - anonymous, disoriented protagonists - confront hostile environments and unlikely, cumbersome objects, evoking a subtle restlessness and profound loneliness. The medium itself - sewn tapestries - recalls the textile tradition, bringing the contemporary artwork into confrontation with ancient artifacts.
In a visual and conceptual dialogue with these works, a selection of Gabbeh and Sarab carpets from the prestigious Zaleski Collection opens a parallel narrative: these are carpets made in the rural and mountainous areas of northern and western Persia, far from the pomp of classical Persian carpets, and characterized by a strong symbolic and instinctive charge. Sandy fields, natural colors, essential geometric patterns, minute figurines of men and animals-these carpets express the same tension between orientation and loss, between sense and disorientation that we find in Kentridge's maps.
This is not simply a formal analogy: both languages - the visual language of the contemporary artist and that of the traditional weaver - become tools for measuring the instability of the human condition. The works are traversed by a common desire: that of making empty space habitable, of finding a direction, a “compass.” In this sense, the exhibition closes symbolically around a central carpet ideally transformed into an emotional orientation tool: a textile compass that points the way through the emotions of loneliness, the discontinuities of space and the need for connection.
Geografie della Solitudine continues and deepens the research path undertaken by MITA with the exhibition I nodi dei giardini del paradiso (Castello di Brescia, 2023), confirming the Center's mission: to systematize ancient knowledge and contemporary practices, to build a place where art, history and current events mirror and reinforce each other.
Statement by Curator Giovanni Valagussa:
"This work starts from far away and has been realized thanks to the collaboration with Galleria Lia Rumma. I wanted for a long time to do an exhibition of tapestries by William Kentridge, because I consider him-and I am obviously not the only one-one of the greatest artists of today. But also I wanted to continue MITA's path as an experimental center, where the universal language of textiles allows bridges between ancient and modern.
So we built this exhibition that tells of the loneliness, the discomfort, the tragedy of human life lost in hostile contexts. People forced to move constantly, to move like shadows against the light over great distances. Yet in all this there remains the humanity of the last ones, who with their few belongings -- whether objects or carpets -- try to reconstitute a measurable and therefore habitable space, as comfortable as possible."