Uberto Bonetti – Aeroviste degli anni Trenta
Un’occasione per scoprire uno dei più originali e complessi esponenti dell’Aeropittura futurista.
Comunicato stampa
Un’occasione per scoprire uno dei più originali e complessi esponenti dell’Aeropittura futurista.
Nel 1931, quando iniziò a lavorare alle tavole che compongono la serie delle Aeroviste d’Italia, Uberto Bonetti era un giovane di talento, noto nell’ambito artistico viareggino soprattutto per essere l’ideatore della famosa maschera carnevalesca di Burlamacco, con all’attivo già diverse rilevanti esperienze come illustratore, scenografo, costumista e disegnatore. Il suo entusiasmo per il Futurismo e la fascinazione per il volo non poterono che sfociare in un’appassionata adesione all’Aeropittura, che del cosiddetto Secondo Futurismo rappresenta probabilmente l’espressione più significativa e interessante. Ben inserito nel mondo della cultura e dell’arte, frequentava personalità quali Filippo Tommaso Marinetti, Luigi Pirandello, Italo Balbo e Krimer. Questi ultimi gli suggerirono di sviluppare una serie di tavole che, in linea con le ricerche grafiche che stava già autonomamente elaborando, raffigurassero in eclatante stile futurista le città italiane. Lo scopo era realizzare delle sintesi visive delle realtà urbane contemporanee, dalle quali sarebbero poi stati tratti dei pannelli decorativi da collocare nelle sedi diplomatiche delle colonie. Questo suggerimento si concretizzò in una committenza e, come tale, doveva rispondere ad alcuni requisiti anche propagandistici. Così, accanto alle scontate città d’arte, figurano celebri località turistiche e mondane, le realtà industriali vanto di uno sviluppo economico utile all’Italia ad accreditarsi come nazione moderna, e naturalmente le città di fondazione fascista. Sorvolando la penisola (dal 1932 al 1938 circa), Bonetti scattava fotografie e faceva schizzi che poi assemblava e rielaborava in lavori più strutturati a tecnica mista su carta, con una predilezione per l’acquerello. Il modello di ridefinizione compositiva metteva in primo piano le architetture della città, ripetendole come un’immagine frazionata dal vortice dell’elica, scomposte in segmenti come fotogrammi in veloce sequenza poi ricomposti. L’effetto finale di questa fase intermedia di realizzazione, che coniuga l’originalità del punto di vista e la velocità, è straordinariamente dinamico. Purtroppo, nessuno dei pannelli definitivi è stato a tutt’oggi rintracciato, ma restano moltissimi di questi “studi”, che sono la grande eredità futurista di Bonetti. In mostra se ne possono ammirare oltre quaranta, tra cui quelli dedicati a Torino, in particolare all’architettura fascista e alla Fiat, al Piemonte, con Sestrière, Cuneo, Novara, diverse località liguri e una selezione di altre città risolte in maniera esemplare.