Serodine nel Ticino
Il Canton Ticino è il luogo dove si conserva il maggior numero di opere di Giovanni Serodine, uno dei massimi artisti del Seicento europeo, morto intorno ai trentanni, a Roma il 21 dicembre 1630
Comunicato stampa
Il Canton Ticino è il luogo dove si conserva il maggior numero di opere di Giovanni Serodine, uno dei massimi artisti del Seicento europeo, morto intorno ai trentanni, a Roma il 21 dicembre 1630.
Di lui sono sopravvissuti soltanto una quindicina di dipinti: e le terre ticinesi hanno la fortuna di possederne, in sostanza, la metà.
Dopo la morte di Serodine, alcuni quadri raggiungono il Canton Ticino per limpegno dei famigliari, che spesso ricorrono come modelli nelle opere dellartista. La parrocchiale di Ascona conserva, tra laltro, lultimo dipinto di Serodine: lIncoronazione della Vergine, una grandissima tela, dagli incandescenti dettagli, in cui i partigiani dellartista hanno scorto pericolose anticipazioni della pittura a venire. Lo spostamento di questo capolavoro a Rancate, in concomitanza con i restauri della chiesa di Ascona, è allorigine delloccasione espositiva nella Pinacoteca che ospita nelle sue collezioni, in permanenza, ben tre opere del pittore.
Appartenente ad una famiglia di Ascona, trasferita a Roma già alla fine del Cinquecento, Giovanni si forma accanto al fratello maggiore Battista, scultore e stuccatore. In poco tempo fa sua senza i compromessi allora già correnti la rivoluzione del Caravaggio, comprendendone persino la parte più ardua: la carica morale, non limitata alla semplice riproduzione della realtà o al perseguimento di inediti effetti di luce.
Allartista ticinese, che risulta anche scultore e architetto, toccano occasioni lavorative di rilievo: dalle pale per San Lorenzo fuori le mura, San Pietro in Montorio e San Salvatore in Lauro ai quadri da stanza per il marchese Asdrubale Mattei. Tuttavia la critica del tempo non è tenera nei confronti di Giovanni, assai bizzarro e fantastico, con poco disegno e con manco decoro; di qui un precoce oblio.
Bisognerà aspettare Roberto Longhi, il maggiore storico dellarte del Novecento, perché il pittore conquisti il posto che gli spetta nel diagramma dellarte italiana, da allora non più messo in discussione: come una capsula di dinamite gettata in un fornello.
Non sono mancate, anche in tempi molto recenti e persino alla stessa Pinacoteca Züst, esposizioni dedicate a Giovanni Serodine, in cui si è affrontata la sua breve vicenda, calandola nel contesto romano che ha visto nascere i suoi capolavori, o esplorando possibili ampliamenti del suo ridottissimo catalogo.
Liniziativa del 2015, accompagnata da un volume con una nuova campagna fotografica di Roberto Pellegrini e da un allestimento dellarchitetto Stefano Boeri (che per la prima volta si cimenta in una mostra darte antica) con la grafica e limmagine coordinata di Francesco Dondina, è volta a una presentazione, piana ed elementare, del percorso del naturalista Giovanni Serodine, così da raccontare attingendo unicamente alle opere ticinesi la brevissima e bruciante parabola di un artista, eroicamente fedele al Caravaggio, con ben pochi confronti nel panorama europeo del suo tempo, tra Velázquez e Rembrandt.