Sergio Perini – Le voragini della luce
Personale di pittura. Scorci di figure popolari, quotidiani lavoratori che diventano conferma di un legame viscerale con il territorio.
Comunicato stampa
È ben nota ormai la cifra pittorica di Sergio Perini, ma vale la pena di risalire anche più indietro degli ultimi anni per recuperare una linea di ricerca perseguita con tenacia e chiarezza di idee. La pittura figurativa è un dato di partenza, ribadito con orgoglio e in qualche modo vantato con forza. Fin dagli anni '60 in questo autore convivono una matrice pittorica che guarda alla grande pittura veneta, con una apertura via via più precisa nei confronti di stilemi più personali e caratterizzanti. A questo apprendistato, chiamiamolo così, sono riconducibili alcune immagini in cui un realismo alla Guttuso, nature morte popolate di oggetti, cavalli immobili, dialogano con un più esplicito filone citazionista (Omaggi a Savoldo. a Carena, al Pordenone legati negli anni '80 a esplicite inclinazioni e preferenze personali).
A volte il realismo è la matrice dominante, con una esplicita scelta di "verità" nella raffigurazione di tipi umani, dalla Gallinera all'immagine di donna seduta di spalle che troviamo in Riflessioni, databili entrambi agli anni Novanta. Si tratta di scorci di figure popolari, quotidiani lavoratori che diventano conferma di un legame viscerale con il territorio, sia esso Venezia siano poi le nostre terre friulane di cui Perini si considera figlio adottivo.
Ma il filone più recente, diciamo a partire da fine anni '90, si lascia attraversare da due considerazioni nuove, tecniche e contenutistiche in prima battuta, ma segno evidente di questioni più profonde. La prima caratteristica è il paesaggio, fatto ora di scorci lagunari, ora di alberi o marine, più spesso di vallate. Questo della vallata diventa via via il motivo centrale, ripetuto e variato in una ricerca inesausta sul piano coloristico o dell'impostazione generale di linee, partizioni. A chi guardasse verso il mare o a chi guardasse verso il monte la prospettiva disegna nell'occhio un ventaglio di linee, un susseguirsi di piani che si perde in una linea orizzontale: Là sullo sfondo il mare, oppure là i rilievi bombati della Pedemontana, in primo piano un vertice di questo triangolo ideale in cui si colloca l'osservatore. Nel mezzo, in questo spazio sconfinato e fortemente allusivo, una distesa di luce: i campi nella loro regolarità, nel loro viluppo di strade e di ghiaioni, sono infiammati dalla luce, diventano una colata di lava in cui le incandescenze del sole formano un reticolo di bianchi, gialli, arancioni, rossi, giù giù fino alla pace di una quinta leggera di colline, all'uniformità di un cielo relegato nel quarto superiore della tela...
Paolo Venti