Santiago Cucullu – These Fragments I Have Shored Against My Ruins

La mostra, nata dalla collaborazione tra la Galleria Umberto Di Marino e il Museo Filangieri, propone un dialogo aperto tra le ceramiche di Santiago Cucullu e le preziose porcellane antiche esposte nel Museo Filangieri.
Comunicato stampa
La mostra These Fragments I Have Shored Against My Ruins, nata dalla collaborazione tra la Galleria Umberto Di Marino e il Museo Filangieri, propone un dialogo aperto tra le ceramiche di Santiago Cucullu e le preziose porcellane antiche esposte nel Museo Filangieri, immaginando una convergenza tra due modi diversi di raccontare una storia attraverso il medium ceramico e la sua capacità di configurarsi come trasmissione e ritorno.
Santiago Cucullu ha iniziato a sperimentare la produzione ceramica per la mostra The New Old Days (2018) e ha continuato a utilizzarla con fortuna per esplorare piccoli episodi casualmente ripresi dall'immaginario urbano o dalle più disparate sottoculture. Il processo creativo scaturisce dalla traduzione degli oggetti in dispositivi oggettuali che ricompongono il ricordo. La distanza spaziale, il tempo trascorso, l'imprevedibilità degli eventi che intercorrono dal momento in cui comincia l'esperienza, fino alla realizzazione dell'opera, si traducono nel momento in cui il visitatore fruisce a sua volta in maniera soggettiva. Elementi minimi, spesso marginali o secondari, si caricano di una nuova vita, ricomposti in una narrazione mai chiusa, dove ogni creazione si offre all’osservatore come un dispositivo che doni un’esperienza in prima persona di un evento mai vissuto. E così, attraverso una lavorazione della ceramica che accoglie l’imprevedibilità delle cotture molteplici, delle rotture e degli errori tecnici l’artista produce una originale soluzione alla narrazione di un evento.
Invece, le porcellane della collezione, provenienti dalle più importanti fabbriche del tempo come Meissen e la Real Fabbrica di Capodimonte, rappresentano una perfezione formale e stilistica, un apice artigianale che riflette i valori di ordine e continuità di un’epoca diversa. Nella loro esecuzione impeccabile, raccontano una visione del mondo radicata nella stabilità della società del Settecento, in cui la rappresentazione del quotidiano viene sublimata in scene idilliache, mitologiche o decorative di straordinaria efficacia narrativa. Perfette nella loro fattura e ferme nel loro essere “compiute”, si presentano oggi come monumenti di un passato da rileggere, alla luce di mutate sensibilità contemporanee.
Il titolo della mostra, ripreso da un verso di T.S. Eliot nel poema The Waste Land, “These fragments I have shored against my ruins”, diventa il pretesto per avvicinare le due prospettive, per immaginare di vedere anche la tradizione di Capodimonte come una giustapposizione di frammenti, e non un ideale modello monolitico e stabile. Si può guardare anche a loro al pari delle ceramiche dell’artista argentino come schegge di un’epoca, tracce di una cultura che pensiamo di conoscere oggettivamente appoggiandoci a una narrazione escatologica, di continuità e derivazione, ma che potrebbero invece sottolineare quella necessità contemporanea di farsi archeologi nel presente.
Dunque, These Fragments I Have Shored Against My Ruins invita lo spettatore a interrogarsi su come passato e presente, perfetto e imperfetto, frammento e monumento possano contribuire ugualmente a una diversa e trasversale ipotesi di racconto, facendosi inno alla discontinuità; come la ceramica, che attraversa epoche e contesti, restando una forma elementare di racconto umano.
Santiago Cucullu
Tra le sue mostre personali: You still make me tremble, MMoCA - Madison Museum of Contemporary Art, Madison, (2021); The Wandering Rocks, MMoCA - Madison Museum of Contemporary Art, Madison (2020); Alta por fuga, The Alice Wilds Gallery, Milwaukee (2019); In The Lavender Haze, Galeria Labor, Mexico City (2011); The Eight Days, Center for the Study of World Civilization, Tokyo; Pleathers, curata da Joe Ketner, Huret Gallery, Boston MA (2010); MF Ziggurat, Milwaukee Art Museum, Milwaukee; CrikCity or the Walls That Scour Us, Perry Rubenstein Gallery, New York (2008); Leave Me Never, Museum of Contemporary Art, San Diego (2006); Hammer Project, UCLA Hammer Museum, Los Angeles; Cardboard Center for libertarians, Barbara Davis Gallery, Houston (2004); Wiyya To Hell Owwa That, Julia Friedman Gallery, Chicago (2003). Ha partecipato a importanti mostre d’arte internazionali come: Show of Ten, The Alice Wilds, Milwaukee (2024); Keramikos: A New Wave, CAR DRDE, Bologna (2023); Reimagining the Global Village, Frederick Layton Gallery, Milwaukee Institute of Art & Design(2021); Punto de Partida, Santander Art Gallery, Madrid; (re)produciendo imágenes, CIAC, Mexico City (2017); Intensif- Station, Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen, Dusseldorf (2010); Wallgasm, Angstrom Gallery, Los Angeles in collaborazione con The Green Gallery, Milwaukee (2009); New Perspectives in Latin American Art: Selections from a Decade of Acquisitions, Museum of Modern Art, New York (2008); An Atlas of Events, Calouste Gulbenkian Foundation, Lisbona; Paper Trail, Walker Art Center, Minneapolis (2007); Archipeinture; Painters Build Architecture, Le Plateau, Paris e Camden Art Center, Londra (2006); Shanghai Biennial, curata da Fumio Nanjo, Shanghai; I still believe in miracles/Drawing Space (part I), Couvent des Cordeliers, Musee deArt Moderne de la Ville de Paris, Parigi (2005); How Would You Light Heaven, Carlier I Gebauer, Berlino; How Latitudes Become Forms: Art in a Global Age, Contemporary Art, Museum, Houston; Whitney Biennial, Whitney Museum of American Art, New York (2004); How Latitudes Become Forms: Art in a Global Age, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Turino e Walker Art Center, Minneapolis (2003); Fresh -The Altoids Collection, Traveling Show, New Museum of Contemporary Art, New York (2001). Collabora attivamente con la Galleria Umberto Di Marino dal 2007, realizzando le seguenti mostre personali: The creaky shaft (2007); The Chosen Few (2011); The New Old Days (2018); Antifa Psychelica - Visto da qui (2020); e le seguenti mostre collettive: Carta Canta (2023); Un posto come un altro dove appendere il cappello, Museo “O. Licini”, Ascoli Piceno (2021); What you think you see, you see not, curata da Nicoletta Daldanise (2012)
Museo Filangieri
Il Museo Civico Gaetano Filangieri di Napoli, custodisce una ricca collezione di arti applicate, tra cui spiccano le celebri porcellane di Capodimonte e della Real Fabbrica Ferdinandea. Queste porcellane rappresentano un'eccellenza dell'artigianato artistico partenopeo, rinomate per la loro qualità ed eleganza. La Real Fabbrica di Capodimonte fu fondata nel 1741 da re Carlo di Borbone e dalla consorte Maria Amalia di Sassonia, con l'obiettivo di creare una manifattura che superasse in pregio quelle europee contemporanee, come la tedesca Meissen. Grazie al lavoro di esperti come il chimico Livio Ottavio Schepers, lo scultore Giuseppe Gricci e il decoratore Giovanni Caselli, la fabbrica raggiunse livelli di eccellenza, producendo porcellane caratterizzate da un impasto tenero e un colore lattiginoso distintivo.
La collezione del Museo Filangieri include esemplari significativi di queste porcellane, esposti nella Sala Agata; la sala, dedicata alla madre del principe Filangieri, Agata Moncada di Paternò, presenta una pavimentazione in maiolica realizzata nel Museo Artistico Industriale di Napoli su disegno dello stesso Principe Filangieri e ospita una raffinata selezione di porcellane provenienti da diverse manifatture europee, con una particolare attenzione alla produzione napoletana. Tra gli innumerevoli oggetti ceramici esposti ci sono maioliche, porcellane, terraglie e un numeroso gruppo di biscuit.
La mostra è stata resa possibile anche grazie al generoso contributo del Mary L. Nohl Suitcase Export Fund. Vogliamo inoltre esprimere la nostra sincera gratitudine a Paolo Jorio (Direttore del Museo Filangieri), e a Luca Manzo (Responsabile delle Attività Culturali del museo), per il loro prezioso supporto.
Si ringrazia Cantine Bellaria per il generoso supporto.