Rosanna Rossi – Mare di Ferro

Informazioni Evento

Luogo
FONDAZIONE MACC
Via Savoia, 2 09011 , Calasetta, Italia
Date
Dal al

Dal martedì alla domenica 18/21

Vernissage
13/04/2019

ore 18

Artisti
Rossana Rossi
Generi
arte contemporanea, personale
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Il Museo MACC apre le porte al suo pubblico con la prima grande mostra del 2019 dedicata ad una delle più importanti pittrici italiane del Secondo Novecento, Rosanna Rossi. Mare di Ferro è il titolo dell’esposizione che vede gli spazi luminosi del MACC accogliere trenta opere dell’artista cagliaritana, di cui alcune di grandissime dimensioni.

Comunicato stampa

Sabato 13 aprile alle ore 18 il Museo MACC apre le porte al suo pubblico con la prima grande mostra del 2019 dedicata ad una delle più importanti pittrici italiane del Secondo Novecento, Rosanna Rossi. Mare di Ferro è il titolo dell’esposizione che vede gli spazi luminosi del MACC accogliere trenta opere dell’artista cagliaritana, di cui alcune di grandissime dimensioni. Una Rossi forse meno conosciuta ma altrettanto pregna e significante che si dimostra artista completa e versatile in grado di affiancare alla pittura analitica, un dialogo stimolante e vivace anche con la sperimentazione dei materiali, che sino al 2 giugno attraverso le sue opere, sublimeranno ferro, filo spinato e vetro oltre ad oggetti di uso domestico, con un intenso riferimento alla condizione femminile.

La mostra curata dallo stesso direttore del Museo MACC, Efisio Carbone, nasce dalla necessità di completare l’indagine sull’artista iniziata sempre a Calasetta nel 2015 con la mostra Geometrie di confine, di cui il MACC custodisce all’interno della sua Collezione Permanente, l’acrilico su tela del 1992 che conferma l’abilità della Rossi nel padroneggiare l’attività pittorica.

A questo si unisce il riallestimento, al piano superiore del MACC, una parte della Collezione Permanente che si concentra sulla pittura astratto-geometrica con opere di Lia Drei, Giovanni Campus, Lucio Battaglia, Bice Lazzari, Carol Rama, giusto per citarne alcuni, cuore ideale della straordinaria collezione di Ermanno Leinardi.

La mostra si inserisce all’interno di un fitto calendario che vedrà il MACC protagonista di una lunga stagione artistica, risultato di un anno di grandi successi e iniziative premiati con la conferma del contributo della Fondazione di Sardegna che da sempre crede nell’istituzione museale calasettana e della Frem Group, azienda che attraverso l'Art Bonus finanzia le Residenze Internazionali. A questi si aggiungono i riconoscimenti avuti dall’attribuzione di due importanti Bandi Regionali: l’IdentityLab finalizzato a sostenere servizi e prodotti legati alle espressioni artistiche della cultura identitaria e il Culture LAB, a sostegno delle imprese del settore culturale e creativo per lo sviluppo di progetti culturali innovativi.

Avvenimenti importanti finalizzati ad un meticoloso e strutturato progetto di internazionalizzazione in cui l’arte made in MACC si presenterà insieme al territorio nelle più prestigiose fiere d’arte contemporanea del mondo e promuoverà incontri con operatori del settore, gallerie, musei, curatori e direttori per rafforzare scambi, conoscenze e competenze.

Internazionalizzazione già iniziata e che procede contestualmente alla programmazione, nelle attività di residenze artistiche curate da Claude Corongiu della Galleria Macca di Cagliari. Proprio nei giorni dell’inaugurazione della mostra Mare di Ferro, arriva a Calasetta, ospite della Fondazione MACC, Ruben Montini, artista in forze per la prestigiosa Prometeo Gallery di Milano, fresco di importanti successi europei. Montini, nato ad Oristano nel 1986, vive tra Verona e Milano e nel periodo della sua residenza nel borgo marinaro del Sulcis si concentrerà nella realizzazione di un lavoro corale che coinvolgerà l’intera comunità calasettana e dei paesi limitrofi a loro volta affacciati sul mare.

Un grande inizio di stagione quello del museo MACC, fiore all’occhiello del panorama artistico e culturale del Sulcis e più in generale del sud Sardegna, tanto da muovere, nella giornata del 18 aprile, un centinaio di studenti della Facoltà di Beni Culturali di Cagliari accompagnati da Rita Pamela Ladogana professore associato di Storia dell’arte contemporanea e Simona Campus a sua volta docente di Storia dell’arte contemporanea per una giornata studio dove arte e territorio si fondono in un unico ragionamento tutto teso verso il futuro.

L’Ufficio stampa
Elsa Pascalis
328 1361 756 – [email protected]

Rosanna Rossi
Volontà tenace come il ferro

È l’atto di aprirsi un passaggio
attraverso un muro di ferro invisibile
che sembra trovarsi tra ciò che si sente e che si può.
(Vincent Van Gogh)

Se l'artista Rosanna Rossi è oggi conosciuta come una delle più importanti pittrici italiane del Secondo Novecento, in particolare per la sua costante e magistrale ricerca nel campo della pittura analitica, l'altrettanto fondamentale filone legato alla sperimentazione dei materiali non può essere ritenuto di minore importanza.
Alla rigorosa, ascetica perizia della pittura al quadrato, mossa verso vibrazioni coloristiche e segniche che raggiungono la perfezione tecnica, l'idea suprema della sublimazione dei materiali, del loro uso, compreso il richiamo al mondo domestico, la forza dell'assemblaggio, permettono all'artista d'infondere un significato etico che muove oltre la purezza estetica dei suoi lavori pittorici, eccezion fatta per serie quali le Garze o i Camouflage così ricche di elementi autobiografici.
Oltre trenta opere, di cui alcune monumentali, realizzate a partire dai primi anni '90, mostrano quanto materiali respingenti quali il filo spinato, i cocci di vetro, le pagliette di ferro, le tele di juta possano esercitare fascino e attrazione verso chi le osserva. “Anarchica e utopizzante” così Rosanna Rossi venne definita da Lea Vergine riferendosi agli Anemoni e al Mare di Ferro, mentre aggiungeva che: "rifare il mare e i suoi anemoni, è voler rifare il mondo."
Nel 1996 presso l'atelier di Raku, laboratorio ceramico sito nel cuore di Cagliari, l’artista presentò il suo sorprendente mondo ferrigno alla mostra Arcipelaghi curata da Lea Vergine. Parliamo di anemoni di mare sessualmente pregnanti, scultorei assemblaggi ready – made e strutture piane create intrecciando pagliette di ferro lavorate e distese: tra il dadaismo nichilista duchampiano e la pop-art anestetizzante di Jeff Koons gli oggetti esteticamente invisibili usati da Rosanna Rossi diventano, al contrario, portatori di chiari messaggi di riscatto: “Da una parte ho lavorato all'interno della specificità della pittura: l'impianto generale, certo, la tecnica, il colore, e qui il passo era lento; mentre dall'altro, in una sorta di necessità antiaccademica: la plasticità, l'invenzione intuitiva, il ritrovamento. “ (R. Rossi, 2002)
Arricchite da nuove forme di rappresentazione le pagliette vengono presentate l’anno successivo alla mostra Isola e Arcipelaghi a Tortolì all’interno del bellissimo museo a cielo aperto dedicato alla scultura dal compianto Edoardo Manzoni che cinque anni dopo dedicò ai “materiali” di Rosanna Rossi un’intera antologica a partire dalle prime sperimentazioni site-specific degli anni ‘70. La mostra mise in luce un costrutto coerente e articolato nel tempo, a tratti autobiografico, fortemente comunicativo: “Ogni volta è stato come mettere alla prova mani e mente, e poi guardare. Non è mai stata nel tempo, questo mio lavorare, un'azione disordinata. Certo, questo agire, partiva da un dinamismo interiore, apparentemente istintivo e volutamente inesauribile. Ma dietro a questo agire, si nascondeva, tutt'ora si cela, la necessità di riflessioni su ciò che la vita mi andava proponendo” (R. Rossi, 2002). Dai sacchi dedicati alle città martoriate Firenze Solingen Sarajevo del 1992, giganti informali dal cuore magmatico, presentati in una memorabile istallazione alla Galleria Comunale di Cagliari, ai Guanti dell’Incisore (1992), ora sporchi d’inchiostro come di sangue, perché l’arte è sacrificio,ora assemblati nei ritmi rigorosi del bianco e del nero, come Raffinati torturatori (2004).
Come ben sottolinea Maria Luisa Frongia, docente di Storia dell’Arte Contemporanea dell’Università di Cagliari, in occasione della grande antologica realizzata nel 2015 presso la Galleria Comunale dei Musei Civici, sotto la direzione di Anna Maria Montaldo: “L’avventura verso nuove esperienze è, infatti, ormai intrapresa. La stagione iniziata dai sacchi di iuta si evolve verso la ricerca e l’utilizzo di oggetti d’uso quotidiano, spesso privilegiando il colore della materia stessa, senza sovrapposizioni esterne, in una sintesi plastico-cromatica già perseguita nell’Italia della fine degli anni Sessanta dall’Arte Povera.” (M. L. Frongia, 2015)
La scelta de materiali è per l’artista strumentale al rafforzamento del tema e del messaggio: se le lane negli anni ‘70 furono sperimentazioni straordinarie sul rapporto tra forma e colore ispirato a Kandinskij, nei gomitoli di filo spinato del 2009 la forma sferica e il materiale, pur richiamando il mondo tessile come le lane, sono un chiaro ammonimento alla guerra, tema assai sensibile all’artista che la visse personalmente essendo solo una bambina; lo stesso filo spinato, superficie sepolcrale, altare tra gli altari quasi un nero di Rothko, fu innalzato all’antica chiesa di San Saturnino nel 2000, come aniconica immagine per una laica preghiera.
Quanto ai vetri, le supreme trasparenze liquide delle prime bande riecheggiano nelle schegge blu dei recupage e nei muri di bottiglie rimandando a importanti progetti di arte pubblica che ancora oggi risplendono sotto i limpidi cieli di Cagliari e Quartu Sant’Elena.
In questo mondo alternativo alla pittura, pur riconoscendo in serie quali Spaghi, Garze, Lacerazioni una presenza materica importante, le Bituminose rappresentano un ideale trait d'union. L’uso del bitume, di colori pastosi e scintillanti restituisce un effetto “metropolitano”. I lavori, realizzati in diverse dimensioni, sembrano dialogare segretamente con la perfezione armonica delle Forma Sonata, quasi fossero la versione rock di queste sinfonie.

Efisio Carbone, Direttore Museo MACC

Biografie

Rosanna Rossi è nata nel 1937 a Cagliari dove vive e lavora. Compiuti gli studi presso L’istituto d’Arte Zileri di Roma rientra nell’isola nel 1958. Dopo le prime esperienze all’interno delle attività di Studio 58, caratterizzate da una figurazione espressiva, alterata da suggestioni materiche, la sua ricerca si orienta nel decennio successivo verso un’astrazione che fa interagire reminiscenze naturalistiche nell’uso del colore con le connotazioni segniche di matrice informale. Gli sviluppi successivi, pur con periodici s confinamenti nell’ambito del ready-made, mantengono questa ambivalenza progettuale, oscillando costantemente tra un ordine costruttivo di ascendenza concreta e soluzioni materico-espressive dell’astrazione neoinformale. Docente al liceo artistico dal 1968 al 1983, ha insegnato in vari corsi di specializzazione e dal 1984 al 1990 all’Istituto Europeo di Design. Dal 1970 inizia a occuparsi di installazioni permanenti in spazi pubblici. Il suo lavoro continua a scandagliare i linguaggi tradizionali ma all’interno di una figurazione inusitata. In parallelo al proprio linguaggio pittorico identifica nuove possibilità espressive ottenute con materiali poveri, trovati, diversamente utilizzati, scavalca la tradizione precedentemente espressa.

Ruben Montini (Oristano - Italia, 1986) vive e lavora tra Verona e Milano. Dopo essersi laureato in Arti Visive all’Accademia di Belle Arti di Venezia e aver vinto una borsa di studio alla Manchester Metropolitan University, nel 2010 ottiene un MA in Fine Arts presso il Central Saint Martins College of Art & Design di Londra.
Nella sua ricerca artistica sviluppa un linguaggio visivo che è allo stesso tempo radicale, romantico e nostalgico, con uno sguardo sempre rivolto alla storia della performance, in particolare alle performance realizzate negli anni '60 e ’70 da artiste femministe provenienti dall’Europa centrale. La sua pratica affronta le urgenze relative alle comunità che stanno cambiando la geografia sociale europea, analizzando cosa significa essere un cittadino contemporaneo, un migrante entro i confini dell’Unione Europea ed essere parte della comunità LGBT.
Ha partecipato a numerose mostre internazionali, in istituzioni pubbliche e private, tra gli altri: The Brno House of Arts, Brno (2018); Museum Europäischer Kulturen, Berlino (2017); MAN_Museo d’Arte Provincia di Nuoro (2017); Zisa, Palermo (2016); Tenuta dello Scompiglio, (2016) “Pomada" Museum for Contemporary Art Ujazdowski Castle, Varsavia (2015); “Vanità/Vanitas” Museo Ettore Fico, Torino (2015); “Cosa Resta di Noi - Requiem” (solo) Oratoire du Louvre, Parigi (2015); "Turtle Salon in the Forest", Fargfabriken, Stoccolma; "Bienal del Fin del Mundo", Buenos Aires (2014-2015); ArtStays, Ptuj – Slovenia (2014); “Teoremi", Museo d’Arte Contemporanea Villa Croce, Genova (2014); “Piece", Teatro Studio Krypton, Scandicci – Firenze (2014).

La Collezione permanente del museo MACC è costituita da oltre 130 opere quasi interamente donate nel 2000 al Comune di Calasetta dall’artista Ermanno Leinardi.
L’esposizione al pubblico di questa parte della Raccolta e la nascita nel 2000 del civico Museo d’Arte Contemporanea di Calasetta hanno permesso all’amministrazione comunale e a Leinardi di compiere fino in fondo quella che l’artista-collezionista definì la propria “missione progressista”: provocare nell’isola, attraverso un’istituzione viva e attiva, un risveglio culturale a fini educativi, proponendo uno sguardo il più esaustivo possibile sull’arte concreta a livello internazionale.
La selezione esposta riguarda la pittura dedicata, in particolare, alle produzioni atratto/concrete in cui le geometrie essenziali delle forme e le purezze delle sintesi comatiche sono protagoniste.

Le principali modalità d’acquisizione adottate da Leinardi furono il dono da parte di amici/colleghi che con lui condivisero un progetto di modernità in senso astratto-concreto, gli scambi con gli stampatori d’arte per quanto riguarda molte delle opere grafiche della raccolta, l’acquisto. A queste occasioni si aggiunsero poi le varie iniziative editoriali ed espositive di Leinardi che portarono nella Raccolta le opere degli artisti coinvolti nei suoi progetti.
La nascita della Raccolta risale alla prima metà degli anni ’60, in Sardegna, laddove Leinardi mosse i suoi primi passi sia in campo artistico che collezionistico. Le prime opere acquisite si riferiscono quindi ai suoi sodali di percorso nell’isola, a Mauro Manca innanzitutto, che lo introdusse nel 1961 nella prima personale cagliaritana, e ad Antonio Atza, la cui Pittura del 1963 fu una delle prime acquisizioni di Leinardi. Con il suo arrivo a Roma nel 1966, quando l’artista stabilì nella capitale la propria residenza, i doni e gli scambi con gli artisti e gli stampatori per tutta la prima metà degli anni ’70 si intensificarono notevolmente in concomitanza con i numerosi incontri di Leinardi: basti pensare alle acquisizioni mediante dono delle opere di Gastone Biggi e Nicola Carrino, membri del Gruppo Uno, Lia Drei e Lucia Di Luciano per il Gruppo 63, al dono di Remo Remotti, Mario Molli, Claudio D’Angelo, Vincenzo Arena, Mario Surbone, fino ai conterranei Nino Dore e Ausonio Tanda, al calasettano Passeroni e, sul fronte internazionale, all’irlandese Eddie Plunkett e al francese Charles Piquois, tra i primi incontri parigini.
Nelle stamperie d’arte, invece, frequentatissime da Leinardi per la sua naturale predisposizione alla grafica e alle pratiche incisorie, l’artista scambiò nei primi anni ’70 le proprie opere con le incisioni di Giorgio Bompadre, Arturo Bonfanti, Piero Dorazio e Lucio Fontana, pezzi unici della sua raccolta insieme in questi anni alle serigrafie di Josef Albers ed Henry Goetz ugualmente acquisite in stamperia. Nella seconda metà degli anni ’70, un periodo particolarmente intenso dal punto di vista professionale perché scandito da numerose esposizioni di Leinardi in territorio
nazionale e internazionale, anche la Raccolta si giovò di un momento così proficuo.
Le nuove acquisizioni di questi anni riguardarono così le opere degli amici di sempre, come Antonio Calderara, Tonino Casula, Renato Fascetti, Gino Gorza, Enrico Sirello e il grande Giulio Turcato, e i nuovi incontri con Ettore Sordini e Hsiao Chin a Milano e con Ferruccio Bortoluzzi a Venezia. Dalle stamperie d’arte invece giunsero le incisioni di Atanasio Soldati e Arturo Vermi e dalle mostre alla Galleria Contini di Roma le acquisizioni già citate di Morisson e gli altri che vi esposero. Dal 1980 al 1992 Leinardi risiedette quasi stabilmente a Parigi ed espose
principalmente in Svizzera. Da qui derivarono quindi anche le principali acquisizioni d’oltralpe della propria Raccolta, avvenute mediante dono dell’autore per quanto riguarda le opere di Yvan Contreras-Brunet, René Tal-Coat, Ines Blumenwejg, Jean Leppien, Aurelie Nemours, Alcopley, Luc Peire, Bernard Mandeville, André Evrard, Gunther Kirchberger, Keshav Prasad Malla e soprattutto Michel Seuphor.
Dallo scambio con gli stampatori d’arte provennero invece le acquisizioni fondamentali delle opere di Giuseppe Capogrossi e Antonio Scordia in Italia, Mario Tozzi a Parigi, Serge Poliakoff, Nelly Rudin e Anton Stankowsky in Svizzera. Anche l’unico acquisto di Leinardi si riferisce a questi anni, alla prima metà degli anni ’80, e si tratta della stampa acquerellata di Sonia Delaunay a decorazione del vinile con le musiche di Igor Stravinsky. L’ultimo periodo nella ricostruzione della storia della Raccolta Leinardi, dal 1993 al 2000, è quello del ritorno a Calasetta dell’artista e delle mostre con l’Associazione Culturale “Concreto” che permisero a Leinardi le acquisizioni delle opere di molti dei costruttivisti francesi, da Ode Bertrand a Gottfried Honegger, Jean Francois Dubreuil, Claude Pasquer e Charles Bezie, fino a Yves Popet, Henry Prosi e Torsten Ridell, passando quindi per i connazionali Antonino Virduzzo, Vincenzo Satta, Sara Campesan, Virginia Fagini, Paolo Minoli e Beppe Bonetti.
L’imminente esposizione al pubblico della Raccolta portò inoltre alle donazioni dei colleghi e amici ritrovati, come Gaetano Brundu, Zaza Calzia, Mirella Mibelli, Rosanna Rossi, Italo Utzeri, Lucio Battaglia, Mauro Salvi, Gianni Maesano, Achille Pace, Carlo Nangeroni, Franco Bruzzone, Sandro Cortesogno, Rocco Borella, Marcolino Gandini, Horacio Garcia Rossi, Jacques Servant, Vera Molnar e Giovanni Campus. Dalle collezioni private di Paolo Minoli e Beppe Bonetti giunsero invece a Leinardi tra il 1999 e il 2000 le opere di Edoardo Jonquieres, Hugo Demarco e soprattutto Carla Badiali, Mauro Reggiani, Mario Radice, Bruno Munari, Mario Nigro, Max Huber e Luigi Veronesi. La nipote di Bice Lazzari donò infine negli stessi anni un’opera della grande artista veneziana che fu tra le ultime acquisizioni di Leinardi insieme alla tela di Pasquale Di Fabio e al grande acrilico di Maura Saddi del 2003.
Nel 2018 la Collezione si è ulteriormente arricchita di alcuni dei nomi principali del Movimento d’Arte Concreta (MAC) grazie alla generosità del collezionista Renato Alpegiani che ha donato un lavoro di Carol Rama del 1948 e un Albino Galvano del 1955, a questi si aggiunge un prezioso lavoro di Adriano Parisot del 1960. Recentissima l’importante donazione di Gabriella Locci, artista tra i più rappresentativi dell’arte incisioria nazionale.

Testo a cura di Pinuccia Flore