Renato Paresce e Les Italiens de Paris

Il percorso espositivo vuole ricostruire la complessa parabola artistica di Paresce dal 1913 al 1931, nel contesto d’avanguardia francese, iniziata con l’adesione al post-impressionismo, maturata fino agli albori di una sintesi personale e tradotta poi in uno stile identitario.
Comunicato stampa
Continua il viaggio attraverso la regione Marche della mostra Renato Paresce e Les italiens de Paris curata da Stefano De Rosa. Dopo una prima tappa dal 2 marzo al 4 maggio alla Casa Museo Osvaldo Licini di Monte Vidon Corrado (FM), dal 16 maggio al 14 settembre 2025 arriva a Palazzo Bisaccioni a Jesi (AN), sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi che organizza l’esposizione insieme al Centro Studi Osvaldo Licini e il Comune di Monte Vidon Corrado.
Il territorio marchigiano è il fil rouge che ha guidato la realizzazione di questa mostra, che ha visto lavorare in sinergia due istituzioni della Regione Marche molto attive sul piano culturale: il Centro Studi Osvaldo Licini che rappresenta la connessione tra il maestro Licini e Renato Paresce - che frequentarono entrambi il vivace ambiente artistico e culturale parigino nei primi decenni del ’900, e la Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi che prosegue nella sua opera di valorizzazione e collaborazione con importanti collezioni pubbliche e private italiane, come in questo caso la raccolta privata marchigiana da cui sono state scelte con rigore, passione e competenza un nucleo di opere di Paresce insieme ad una sezione dedicata agli altri Italiens de Paris.
L’idea della mostra Renato Paresce e Les italiens de Paris prende spunto proprio dalla collettiva Les artistes italiens de Paris allestita nel 1928 al Salon de l’Escalier di Parigi, dove figuravano opere degli stessi Licini e Paresce, e poi di Giorgio De Chirico, Alberto Savinio, Mario Tozzi, Filippo de Pisis, Gino Severini, Massimo Campigli e altri. Da allora il gruppo – escluso Licini che non ne fece parte - fu presentato in diverse esposizioni, fino all’ultima, nel 1933, alla Galérie Charpentier di Parigi.
Il percorso espositivo vuole ricostruire la complessa parabola artistica di Paresce dal 1913 al 1931, nel contesto d’avanguardia francese, iniziata con l’adesione al post-impressionismo, maturata fino agli albori di una sintesi personale e tradotta poi in uno stile identitario.
La vita e la vicenda artistica di Renato Paresce (Carouge, 1886 – Parigi 1937) - che si firmava Renato come giornalista de La Stampa e René sulle opere pittoriche - sono emblematiche delle contraddizioni, delle inquietudini, dello sperimentalismo e dell’utopia di un periodo storico straordinario. Svizzero di nascita, figlio di un palermitano militante socialista e di madre russa, ha avuto una educazione ricca di suggestioni culturali, di viaggi in Europa e a Mosca, formandosi nella Firenze cosmopolita. L’identità intellettuale di Paresce è poliedrica: laureato in fisica, è stato giornalista, pittore autodidatta e attento al fermento artistico contemporaneo, critico d’arte. Nel 1912, dopo il matrimonio con Ella Klatchko, pianista ebrea russa, si trasferì a Parigi dove nacque la sua passione per la pittura, frequentando i celebri caffè parigini come il Dôme, La Rotonde e la Closerie des Lilas ed entrando così in contatto con Pablo Picasso, Sergej Djagilev, Max Jacob, Diego Rivera, Amedeo Modigliani e altri; poi dallo scoppio della Prima guerra mondiale al 1927 si stabilì a Londra e infine tornò nella capitale francese.
Dal 1926 la critica e le istituzioni culturali italiane iniziarono a coinvolgere gli artisti italiani esuli fra Parigi e Londra – e quindi anche Paresce - in un programma di promozione dell’arte nazionale. Margherita Sarfatti invitò il pittore alle mostre del gruppo del Novecento, mentre Maraini lo incaricò di allestire nel 1928 una sala della Biennale di Venezia dedicata all’Ecole de Paris (alla Biennale l’artista espose anche nel 1930, nel 1932 e 1934).
Il percorso di mostra inizia con Il barcone del 1913, che segna l’esordio parigino di Paresce, affascinato dalla pennellata impressionista, che si contamina con una costruttività della forma nel coevo dipinto Le Moulin de la Galette. Di matrice fauve sono i due paesaggi del 1917 mentre il curatore De Rosa sostiene che La veduta di Parigi del 1918 costituisce il punto più alto della sua produzione degli anni ‘10.
Paresce non ha coltivato molto il genere del ritratto, ma in mostra ne figurano ben due: uno evidentemente cézanniano del 1915 e Portrait Fauve del 1918.
Il secondo decennio del ‘900 è il periodo più presente tra le opere esposta, quello di definitivo allontanamento dall’esperienza fauve, del confronto con il cubismo, della nascita di una poetica propria. In questa sezione figurano sette nature morte e due paesaggi che testimoniano l’incontro dialettico fra la modernità caparbiamente inseguita e la tradizione. La gouache del 1928 è l’annuncio di una nuova fase, la più conosciuta e celebrata dell’artista, quella delle Biennali veneziane e delle mostre con il gruppo degli Italiens de Paris.
Il terzo decennio si apre con Composizione con statua del 1930, incunabolo di quella produzione caratterizzata da atmosfere rarefatte, stranianti, rese su una superficie pittorica gessosa che ricorda l’affresco, in cui compaiono sculture antiche, manichini, interni vuoti solitari. Ha un’aura misteriosa, magica il paesaggio marino La Comètedel 1931 che chiude il percorso dedicato a Renato Paresce.
La mostra comprende anche un nucleo di opere degli Italiens de Paris tra le quali emergono per particolare bellezza un Ritratto di signora di De Chirico del 1921, un Ritratto di Marina Severini di Gino Severini, databile alla fine degli anni trenta e un Capriccio metafisico di De Pisis del 1918-20.