Rebis – Prima di Rebis

Informazioni Evento

Luogo
CHIESA DI SAN MICHELE ARCANGELO
piazza Cavour angolo via Giolitti, Torino, Italia
Date
Dal al

tutti i giorni 16 – 20

Vernissage
22/11/2012

ore 18.30

Biglietti

ingresso libero

Artisti
Rebis
Curatori
Edoardo Di Mauro
Uffici stampa
EMANUELA BERNASCONE
Generi
arte contemporanea, personale
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La mostra concretizza il pensiero di Rebis riguardo all’arte contemporanea e in particolare rispetto alla definizione dell’arte e al ruolo dell’artista. È stato scelto di allestire la mostra nella cripta della chiesa infatti per uscire da quello che Rebis considera l’infinito presente dell’arte contemporanea.

Comunicato stampa

Il 22 novembre inaugura a Torino, presso la Chiesa Bizantina di San Michele Arcangelo, la mostra Prima di Rebis, con la curatela di Edoardo Di Mauro, in collaborazione con il Museo d’Arte Urbana.

La mostra concretizza il pensiero di Rebis riguardo all’arte contemporanea e in particolare rispetto alla definizione dell’arte e al ruolo dell’artista. È stato scelto di allestire la mostra nella cripta della chiesa infatti per uscire da quello che Rebis considera l’infinito presente dell’arte contemporanea, rifacendosi al pensiero di Mario Perniola – filosofo e teorico dell’arte contemporanea - quando afferma che “l'opera d'arte dell'avvenire sarà criptica o non sarà”; secondo Perniola infatti “nasce e cresce un nuovo orientamento artistico ed estetico, caratterizzato dal riconoscimento della difficoltà dell'arte. L'attenzione si sposta perciò verso l'idea della cripta, che sembra bene esprimere sia la resistenza nei confronti della banalità e dell'omologazione sia la singolarità di uno spazio che si definisce allo stesso tempo come esterno e come interno. Sembra così che l'opera d'arte dell'avvenire sarà criptica o non sarà”.

Rebis sottolinea infine che “Oggi ogni artista è un sacerdote… Avendo perso l’arte contemporanea l’ancoraggio sia alla Metafisica che alla Realtà si propone essa stessa come Religione e Chiesa; anzi… è diventata il luogo politeista delle tante Chiese…”.
Qual è dunque il significato dell’arte oggi: rassicurare? Stupire? O, in ultima ipotesi, aggregare? È ancora fresca la riflessione di Alain de Botton che dopo il suo ultimo libro sul senso e la ricerca della felicità – Religion for Atheist - ha iniziato a interrogarsi sulla funzione dell’arte, ponendo una questione di fondo non da poco, ovvero: i musei d’arte sono forse le nuove Chiese?

Ovviamente è immediato cogliere uno spunto polemico e non poco ironico nella riflessione di Rebis come in quella di de Botton, ma dato il momento storico e sociale nel quale viviamo, non è da escludere che l’arte contemporanea sia più spesso di quanto si creda alla ricerca di un confronto con la spiritualità, nonostante la parziale resa all’immanente costituito dalle ragioni della tecnica e del mercato; ragioni che fanno sì che anche le icone del ‘900 vengano strumentalizzate per fini pubblicitari.

Su questo difficile argine di separazione rimane in equilibrio Rebis i cui lavori di solido impianto tecnico, come sottolinea il curatore, dimostrano la volontà di porsi in sintonia con il presente adoperando una sorta di corto circuito tra prospettive spazio-temporali diverse, avvalendosi della tradizione dell’avanguardia così come della stagione moderna per proiettarsi nella dimensione del “qui e ora”.

In mostra dunque una serie di tele a olio intitolata Oltre lo spazialismo concettuale, dove monocromi “tagliati” alla maniera di Lucio Fontana a significare la violazione simbolica della materia, vengono “penetrati” da frutti di vario genere dipinti con raffinata manualità, ad indicare come l’arte compia da sempre un percorso curvilineo esteso a trecentosessanta gradi. Seguono poi le riproduzioni di due celebri opere del Caravaggio, La crocifissione di Pietro e il Bacco, dove i fori seguono in questo caso una traiettoria circolare, invertendo il significato concettuale rispetto alla serie precedente, ma giungendo ad un risultato sostanzialmente omologo.

Abbiamo poi due icone del Novecento, Kasimir Malevic e Andy Warhol, ritratti in chiave neo pop, nella serie Kinder, che stigmatizza efficacemente la serializzazione in atto nella scena dell’arte, per passare ai Ritratto - autoritratto, olio su legno e specchio, ad indicare il perenne guardare ed essere al contempo guardati che caratterizza l’atto della visione sin dalla concezione estetica vigente nella Grecia antica. A completare questa personale una tela che mescola vari stilemi della pittura contemporanea in un eclettico caleidoscopio di piani tra loro intrecciati; una bandiera italiana in dissolvenza, corrosivo omaggio, in relazione alla nostra incerta situazione attuale, ad un 151° anniversario dell’unificazione ed un contenitore, decorato con vernice dorata, contenente musicassette dedicate ad artisti di fama, ironico riferimento allo strapotere del mercato dell’arte.