Puro Semplice e Naturale
La mostra punta ad illustrare l’identità dell’arte fiorentina, attraverso un ricco e serrato contrappunto tra pittura e scultura, articolato in nove sezioni che raggruppano circa ottanta opere e trentacinque artisti.
Comunicato stampa
Giorgio Vasari nelle pagine delle Vite (1568) assegnava un ruolo fondativo nella ‘rinascita’ dell’arte moderna ai fiorentini Andrea del Sarto e fra’ Bartolomeo, affiancandoli ai triumviri Leonardo, Raffaello e Michelangelo. Eccellente e di elevato ingegno, la loro produzione, incardinata sull’esercizio costante del disegno, si segnalava per onestà d’invenzione e perfetta imitazione della natura, dalla carne alla vivezza degli affetti. Oltre un secolo dopo Filippo Baldinucci nelle Notizie de’ professori del disegno (1681-1728), confermando il dettato vasariano, vedeva nella fedeltà ai valori espressi da quei capofila di primo Cinquecento la strategia necessaria per superare l’impasse manierista, e al tempo stesso per istituire un linguaggio moderno, aderente alle nuove esigenze spirituali proprie del Concilio di Trento. In questo quadro il registro neorinascimentale di Santi di Tito e di Jacopo da Empoli, insistentemente sottolineato dallo storiografo, costituiva la ragione essenziale per riconoscere a questi due maestri il ruolo di riformatori delle arti figurative a Firenze sullo scadere del Cinquecento. La strenua difesa, al limite dell’autarchia, di una tradizione fiorentina fondata sulla perfetta misura e serena espressività, intimamente confidenziale, interessata alla resa accostante del dato quotidiano, in una semplicità di schemi talora arcaizzante, dalla tecnica pittorica nitida e compatta, avrebbe trovato ulteriori paladini fino alla metà del Seicento, in particolare con l’emblematica personalità di Lorenzo Lippi. Pur dichiarando apertamente la grandezza di questi artisti, Vasari e Baldinucci non nascondevano la loro predilezione, l’uno per una grandeur romana, l’altro per una libera sensibilità barocca, condizionando forse con ciò la fortuna storiografica di questa linea e la sua popolarità. Così solo a partire dagli anni Venti del Novecento con Hermann Voss, e dagli anni Cinquanta e Sessanta con le originali intuizioni e le lucide analisi di Mina Gregori e Fiorella Sricchia, si è cominciato a ritessere quel sottile filo che legava i maestri del primo Cinquecento a quelli del Seicento maturo, precisandone il carattere di novità nella tradizione. La mostra punta ad illustrare questa identità dell’arte fiorentina, attraverso un ricco e serrato contrappunto tra pittura e scultura, articolato in nove sezioni che raggruppano circa ottanta opere e trentacinque artisti. Dopo una scenografica ouverture dedicata a due protagonisti emblematici, Andrea del Sarto e Santi di Tito (sezione 1), e dopo un omaggio al disegno dal vero come strumento di conoscenza (sezione 2), nella prima parte della mostra (sezioni 3-6) si potrà seguire in senso diacronico la persistenza di piacevole chiarezza e quieta grandezza di questo corso dell’arte fiorentina, restituendo così, accanto ai maestri fondatori, un più adeguato ruolo ai Della Robbia e ai Sansovino, a Franciabigio, Bugiardini e Sogliani, artisti ‘mediatori’ verso Bronzino, Poggini, Giovanni Bandini e la più tarda generazione di Ciampelli, Tarchiani, Vannini e Antonio Novelli. Nella seconda parte (sezioni 7-9), si potrà verificare, in un confronto diretto incentrato su tre temi (l’espressione degli affetti, l’evidenza degli oggetti quotidiani, la nobile semplicità degli eventi sacri), l’effettiva consistenza di questo particolare lascito culturale. Ne scaturisce una connotazione delle arti figurative in linea con le nuove forme di spiritualità variamente ispirate alla tradizione di austerità savonaroliana. Non manca infine un’evidente consonanza con gli svolgimenti puristici del dibattito sulla lingua, elaborati in seno all’Accademia Fiorentina e a quella della Crusca. La mostra offre dunque l’occasione di sovvertire il luogo comune di una cultura civica fiorentina passatista, disvelando i mutamenti semantici e le istanze di novità insiti nella fedeltà all’antico dei suoi artefici, e dunque, invertendo una celebre formula critica, di mettere in luce la ‘novità della tradizione’.
La seconda mostra di Firenze 2014. Un anno ad arte ospitata e realizzata dalla Galleria degli Uffizi, è, nel rispetto della tradizione di queste rassegne espositive che hanno luogo nei musei statali fiorentini dal 2006, il risultato di un appassionato studio critico - scientifico della pittura fiorentina fra Cinquecento e Seicento, condotto da Alessandra Giannotti e Claudio Pizzorusso, docenti universitari presso l’Università per Stranieri di Siena.
La mostra intende sovvertire il luogo comune di una cultura fiorentina passatista, rivelando la forza di novità presente anche in quella linea dell’arte cittadina che, tra Quattro e Seicento, restò fedele ai propri modelli, mettendo in luce la “novità della tradizione”.
Giorgio Vasari esaltava la «Maniera moderna» come superamento della tradizione quattrocentesca, ormai arcaica, e collocava Leonardo, Michelangelo e Raffaello al centro di questo periodo di «somma perfezione»; a loro, ma con minor grado di convinzione, egli affiancava Fra’ Bartolomeo e Andrea del Sarto, disegnatori esemplari, meticolosi imitatori della natura, ideatori di opere devote. Vasari, artista della sontuosa corte del duca Cosimo I de’ Medici, era però lontano da quei maestri, sostenitori di una tradizione “pura, semplice e naturale”, e interpreti di una tendenza che a lui appariva superata e senza futuro.
Andrea del Sarto e Fra’ Bartolomeo restarono invece punti di riferimento negli anni della magnificenza medicea, ma soprattutto ridiventarono attuali alla fine del Cinquecento – tanto da soppiantare il “vasarismo” – per rispondere alle esigenze dottrinarie sancite dal Concilio di Trento. Santi di Tito e Jacopo da Empoli si impegnarono allora in un rilancio di quei maestri, animato da nuovo vigore, e l’operazione venne riproposta a metà Seicento, con diverso senso di modernità, da Lorenzo Lippi e Antonio Novelli, come alternativa alla dilagante figurazione barocca.
La mostra, strutturata in cinque sezioni cronologiche, e quattro tematiche - in cui i dipinti e le sculture (72 in tutto) sono allestiti, a titolo esemplificativo, privilegiando valori di coesione stilistica e iconografica entro un’ampia forbice cronologica - presenta una vera e propria rassegna di capolavori, molti dei quali appositamente restaurati per l’occasione. In apertura, l’esposizione accosta le Annunciazioni di Andrea della Robbia, Andrea del Sarto, Santi di Tito e Jacopo da Empoli, offrendo un colpo d’occhio sui tratti di cultura che legano i maestri della «Maniera moderna» e la compagine di artisti operanti a Firenze tra istanze di riforma e primo naturalismo seicentesco.
Nella Firenze del primo Cinquecento il registro di nobile chiarezza ispirato al pensiero di Fra’ Girolamo Savonarola era un linguaggio condiviso dagli artisti a lui vicini, come Lorenzo di Credi e Fra’ Bartolomeo, Ridolfo del Ghirlandaio e i Della Robbia. Alcuni di loro facevano capo alla “Scuola di San Marco”, punto di riferimento della comunità degli artisti che proponevano immagini di una religiosità essenziale e austera, comprensibile anche ai semplici e agli illetterati. Con loro e con Andrea del Sarto, maestro insuperabile del disegno dal naturale, si fondarono quei princìpi della “fiorentinità” che resteranno validi per oltre un secolo e mezzo: uno stile fatto di parole usuali, ordinate secondo una chiara sintassi, che modella con plastica evidenza figure e cose. Come si leggerà nel catalogo edito da Giunti e curato, come la mostra, da Alessandra Giannotti e Claudio Pizzorusso, questi valori si rispecchiano anche nel dibattito sulla lingua e nella spiritualità popolare.
I maestri (Andrea della Robbia e Andrea del Sarto, Fra’ Bartolomeo e Andrea Sansovino), eredi del Quattrocento, sono al tempo stesso fondatori di un’ “ordinata maniera” moderna, radicatasi con Franciabigio, Bugiardini, Sogliani. Superate le generazioni di Bronzino e Alessandro Allori, custodi di una vena naturalistica attenta alla verità ottica delle cose, si approda al “Seicento contromano”, dove sono riuniti artisti che hanno rilevato quest’identità “purista” fiorentina, traendone impulso per tracciare una linea “diversa” dal caravaggismo e dal barocco: da Santi di Tito a Jacopo da Empoli, da Ottavio Vannini (finalmente visibile a Firenze un suo capolavoro del Musée des Beaux-Arts di Nantes) a Lorenzo Lippi, grande interprete di un moderno naturalismo.
Dopo una sala dedicata al disegno dal vero, che spazia da Andrea del Sarto e Pontormo alla metà del Seicento, gli stessi artisti si ripresentano accostati per temi: “pitture di casa”, di affetti intimi, col bel Fra’ Bartolomeo del County Museum di Los Angeles; “pitture di cose”, dove si ergono a protagonisti gli oggetti domestici (da segnalare il magnifico Franciabigio dalle Collezioni Reali inglesi); la “tradizione del sacro”, che chiude la mostra con uno spettacolare trittico di busti del Redentore, di Torrigiani (riscoperto in Gran Bretagna), di Caccini (un miracoloso recupero conservativo) e di Novelli (dal Metropolitan di New York).
La mostra è promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana, la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, la Galleria degli Uffizi, Firenze Musei e l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze.
The second appointment with the exhibition series entitled, Firenze 2014. Un anno ad arte, is produced and hosted by the Galleria degli Uffizi, and adheres to the tradition of this cycle of shows that since 2006 have been held in the state museums of Florence. The exhibition is the result of a passionate critical-scientific study on Florentine painting between the XVI and XVII centuries, conducted by Alessandra Giannotti and Claudio Pizzorusso, professors at the Università per Stranieri di Siena.
The exhibition intends to undermine the cliché of a very conservative Florentine culture and reveal the strength of novelty expressed in the city’s artistic vein that between the XV and XVII century remained faithful to its models, shedding light on the “novelty of tradition”.
Giorgio Vasari extolled the «Modern Manner» as the eclipse of the by then archaic fifteenth-century tradition, and placed Leonardo, Michelangelo and Raphael at the centre of this period of «sublime perfection». Alongside these giants, he placed those whom he considered supporting characters: Fra Bartolomeo and Andrea del Sarto, exemplary draughtsmen, meticulous imitators of nature, and creators of devout works of art. Court artist of the sumptuous royal entourage of duke Cosimo I de’ Medici, Vasari was a far cry from these masters, exponents of a “pure, simple and natural” tradition, and interpreters of a trend that he considered to be outmoded and without a future.
Andrea del Sarto and Fra’ Bartolomeo instead remained points of reference throughout the years of Medici magnificence. Moreover, they again became contemporary at the end of the XVI century – indeed to the point of supplanting “Vasarism” – in response to the doctrinal demands sanctioned by the Council of Trent. Animated by a new vigour, Santi di Tito and Jacopo da Empoli strove to relaunch these masters. In the mid XVII century, Lorenzo Lippi and Antonio Novelli proposed this operation anew with a different sense of modernity, as an alternative to the rampant Baroque figuration.
The exhibition is divided into five chronological and four thematic sections, and presents a total of 72 works of painting and sculpture that are exhibited, by way of example, so as to privilege the values of stylistic and iconographic cohesion and a rather loose chronological ordering. It presents a veritable review of masterpieces, many of which have been restored precisely for this occasion. The show opens with a juxtaposition of the Annunciations by Andrea della Robbia, Andrea del Sarto, Santi di Tito and Jacopo da Empoli, and offers a glimpse of the cultural features that joined the masters of the «Modern Manner» and the compages of artists who worked in Florence amidst aspirations of reform and early seventeenth-century naturalism.
In early sixteenth-century Florence, the tenor of noble clarity inspired by the thought of Fra’ Girolamo Savonarola was a language shared by the artists close to the friar, such as Lorenzo di Credi and Fra’ Bartolomeo, Ridolfo del Ghirlandaio and the Della Robbias. Some of them gravitated around the “School of San Marco”, the point of reference for the community of artists who proposed images of an essential and austere religiosity, comprehensible even to the simple and illiterate. These artists along with Andrea del Sarto, exceptional master of drawing from life, founded the principles of a “Florentine quality” that would remain in force for more than 150 years: a style made of everyday locutions, ordered following a clear syntax that modelled figures and things plastically. As we read in the catalogue published by Giunti and edited by the exhibition’s curators Alessandra Giannotti and Claudio Pizzorusso, these values are also reflected in the debate on language and in grass-roots spirituality.
Masters like Andrea della Robbia and Andrea del Sarto, Fra’ Bartolomeo and Andrea Sansovino were heirs to the XV century and, at the same time, the founders of a modern “ordered manner” that put down roots with Franciabigio, Bugiardini and Sogliani. The generations of Bronzino and Alessandro Allori who had been the guardians of a naturalistic vein mindful of the optical truth of things, were followed by the “countertrend XVII century”, which grouped the artists who had picked up this Florentine “purist” identity and drawn the inspiration that enabled them to plot a course “different” from Caravaggism and the Baroque: from Santi di Tito to Jacopo da Empoli and Ottavio Vannini (one of his masterpieces from the Musée des Beaux-Arts of Nantes will be showing here), and Lorenzo Lippi, the great interpreter of a modern naturalism.
After a room dedicated to drawing from life, which ranges from Andrea del Sarto and Pontormo to the mid XVII century, the same artists are presented again by theme: “paintings for the home”, paintings of intimate affections, as in the fine work by Fra’ Bartolomeo from the County Museum of Los Angeles; “paintings of things” in which domestic objects are the protagonists (particularly noteworthy is the magnificent Franciabigio from the British Royal Collections); the “tradition of the sacred”, which closes the exhibition with a spectacular triptych of busts of the Redeemer, by Torrigiani (rediscovered in Great Britain), Caccini (following a miraculous conservative restoration) and Novelli (from the Metropolitan Museum of New York).
The exhibition is promoted by the Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo through the Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana, the Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, the Galleria degli Uffizi, Firenze Musei and Ente Cassa di Risparmio di Firenze.