Paolo Gonzato – Pastiche

Informazioni Evento

Luogo
FONDAZIONE OFFICINE SAFFI
Via Giovanni Battista Niccolini, 35, Milano, MI, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

Aperto su appuntamento

Vernissage
16/10/2020

ore 12

Artisti
Paolo Gonzato
Generi
arte contemporanea, personale

Prima personale di Paolo Gonzato negli spazi di Via Aurelio Saffi a Milano. La mostra riunisce un corpus di opere inedite, realizzate dall’artista per l’occasione.

Comunicato stampa

Officine Saffi è lieta di presentare Pastiche, la prima personale di Paolo Gonzato negli spazi di
Via Aurelio Saffi a Milano. La mostra riunisce un corpus di opere inedite, realizzate dall’artista per l’occasione.

Con la sua nuova mostra personale presso Officine Saffi intitolata Pastiche, Paolo Gonzato (Busto Arsizio, 1975) sofferma la sua riflessione, in maniera evocativa, sulla pratica artistica di Giambattista Piranesi (1720-1778), l’eclettico genio protagonista del ‘700 che muovendosi tra Venezia e Roma, tra Barocco e Neoclassicismo, gettò le basi non solo del gusto delle generazioni che lo hanno immediatamente seguito, ma forse dell’idea stessa di un artista che sia creatore ma anche architetto, archeologo, antiquario, documentarista, designer, mercante, impresario e falsario. Abbattendo quelle categorie mentali e pratiche che ancora oggi da molti sono ritenute inconciliabili. Le opere che stimolano maggiormente la curiosità di Gonzato sono i suoi grandi vasi storici come il Boyd Vase, attualmente al British Museum. È un “pastiche”, cioè un insieme di frammenti ricostruiti in maniera verosimile con aggiunte di elementi coevi realizzati dalla bottega stessa del Piranesi, creando così di fatto un falso storico ma con il potere di stimolare la fantasia, il sogno e in ultima analisi il desiderio. Un desiderio di possesso certo, che diede il là a una scuola di collezionismo e collezionisti, ma anche quell’impalpabile brama di essere altro…
«I suoi lavori “pastiche” - dice Gonzato - erano veri e propri mix culturali e segnici, da cui poi lo stesso Piranesi attingeva per realizzare incisioni che ne divenivano il manifesto ma anche una sorta di poster pubblicitario - se vogliamo - e che dovevano servire a incrementarne la notorietà e in ultima istanza il valore. Per me questo non è altro se non quel “nomadismo culturale” teorizzato dalla Trans-avanguardia negli anni ‘80 e che oggi tutti chiamiamo globalizzazione, ma letto come appropriazione indebita di segni di varia provenienza ai fini di spaccio commerciale».

Perimetro d’indagine della sua nuova produzione è appunto l’opera di Piranesi, nascono così per la mostra Pastiche nuove opere, frammenti decorativi e architettonici d’incerta datazione, interi manufatti in ceramica ricchi di sedimenti come se fossero appena usciti da scavi archeologici di una civiltà antica o addirittura presagi di un mondo distopico e post apocalittico.

«Uno dei lavori più rappresentativi è una superficie diamantata realizzata utilizzando come stampo per la ceramica un mio quadro, che a sua volta riproduce in dimensioni ipertrofiche una tipologia di piastrella popolare negli anni ‘50 e ‘60. Pur data la sua natura modernista alla vista il lavoro si presenta quasi come un reperto archeologico contemporaneo. Quello che tra cent’anni un occhio alieno vedrebbe e riassemblerebbe nel tentativo di ricostruirlo. Il lembo di superficie di un’architettura megalitica, esposto dopo un restauro conservativo in un museo che ancora forse non è stato neppure creato. Ho prima realizzato la placca che poi ho distrutto, affidandone i frammenti già cotti a un restauratore di ceramica che l’ha trattata come avrebbe fatto con un’urna antica».

Oltre che riflessione filosofica e storica, la mostra vuole anche essere un approfondimento dell’artista sul medium della ceramica, materiale con cui produce i suoi primi lavori a partire dalla seconda metà degli anni 2000. «Trovavo che fosse un materiale piuttosto desueto nella pratica artistica di allora, l’arte contemporanea in Italia non se ne occupava, e questo mi attraeva».
Le sperimentazioni con la ceramica rientrano poi nella sua più ampia visione sulla scultura: stratificazioni successive su un impianto di gusto brutalista dai toni forse a volte un po’ grevi.
Il nodo teorico che lega questo medium al lavoro pittorico di Gonzato si esemplifica nel fatto che entrambe - le sue pitture e le sue ceramiche - subiscono trasformazioni da una parte incontrollate e dall’altra ricadano invece in una gabbia “concettuale” ben definita così come avviene in maniera molto chiara nella serie OUT OF STOCK. Questo ciclo di lavori intrapreso nel 2004 prende spunto da una riflessione sull’accumulo di scarti di materiali preesistenti e sulla destrutturazione di opere già realizzate, e porta alla definizione dal motivo del pattern a losanga che è tutt’oggi uno dei segni distintivi del lavoro di Gonzato.

Il colore viola sarà l’elemento uniformante della mostra che legherà un grande wall painting con inserti aggettanti e i lavori ceramici della nuova ricerca. Colore già tipico di Gonzato e ampiamente utilizzato nella mostra L’isola delle Rose (2004) e relativa produzione. «Il viola per me è un colore feticcio che incamera varie informazioni simboliche e significanti che rievocano contemporaneamente atmosfere, credenze e riti». Questo colore, composto da rosso e blu, ha infatti delle caratteristiche peculiari che lo associano all’introspezione psicologica e spirituale. Indica una predisposizione al raccoglimento mentale e fisico propedeutico a uno slancio creativo. Lo studio sul colore viola trova qui il suo punto più alto in un’opera di grande respiro per cui l’artista - quasi compulsivamente - ha realizzato semplici vasi cilindrici, irregolari di varie altezze e diametri, per produrre un’accumulazione che annullasse il singolo pezzo. «Ammucchiati su un banco da lavoro verniciato del medesimo colore del loro smalto i molteplici vasi diventano un monocromo, una collezione omogenea, come un display museale organizzato in maniera analitica per tipologia di design».
Opera d’arte, oggetto di design, arte funzionale, in una visione fantascientifica si potrebbe dire che lo stesso oggetto è come se vivesse in multi versi differenti con diversi fini e funzioni precise. In realtà già il nostro presente è così liquido - come lo definisce il sociologo Bauman (1925-2017) - che un’opera d’arte inevitabilmente non può che assumere questa caratteristica proteiforme.

In Pastiche convivono linee di ricerca temporale differenti, ispirazioni auliche classiche si sovrappongono a forme creative estemporanee. Per Gonzato questa non è una forma di dicotomia insanabile del reale ma al contrario una visione olistica che permette di immaginare se stessi contemporaneamente in un modo e nel suo opposto.

La mostra si avvale del contributo editoriale e curatoriale di Fabrizio Meris, il cui testo critico è qui sopra citato parzialmente.

La galleria di Officine Saffi rappresenta oltre 20 artisti che hanno scelto la ceramica come principale linguaggio espressivo per una ricerca che spazia dall’arte contemporanea al design. Con un approccio non convenzionale, ma sofisticato, la galleria presenta il lavoro di artisti internazionali, emergenti e affermati, insieme ai Maestri che hanno fatto la storia della ceramica del XX secolo e un focus sul Giappone e Nord Europa. Lo spazio espositivo di Officine Saffi nasce dal restauro di una tipografia e si presenta come un contenitore neutro ma con carattere, etereo e trasformista. Passione ed entusiasmo caratterizzano la programmazione espositiva, che Laura Borghi e il team organizzano con una ricerca costante di qualità ed innovazione.