PanoRama

Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA MOITRE
Via Santa Giulia 37 bis 10010, Torino, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
25/09/2015

ore 18,30

Curatori
Olga Gambari
Generi
arte contemporanea, collettiva

Una mostra diffusa, articolata in sei gallerie nel quartiere Vanchiglia, che vuole indagare “l’eredità inconsapevole” di Carol Rama attraverso i lavori e le ricerche di giovani artisti di generazioni e nazionalità differenti.

Comunicato stampa

Il 24 settembre 2015 a Torino si accenderà il circuito di PanoRama, una mostra diffusa, articolata in sei gallerie nel quartiere Vanchiglia, che vuole indagare “l’eredità inconsapevole” di Carol Rama attraverso i lavori e le ricerche di giovani artisti di generazioni e nazionalità differenti. Il progetto dichiara una natura poetica e non filologica nel dare vita a una piccola geografia attorno alla figura di questa artista outsider, naturalmente contemporanea e internazionale. Ogni galleria presenterà un gruppo di artisti, sviluppando una mostra autonoma ma allo stesso tempo inserita nel circuito del progetto globale. Ogni mostra sarà un tassello di una grande collettiva i cui lavori, nei confronti di Carol Rama, sveleranno punti di contatto, affinità e assonanze mai in maniera diretta, didascalica o tematica, ma sempre con libertà evocativa e poetica, che significa proporre un confronto fra attitudini, sensibilità, soggetti, modalità espressive diverse. Gli artisti coinvolti - Silvia Argiolas, Francesca Arri, Guglielmo Castelli, Lin De Mol, Michela Depetris, Greta Frau, Andrea Guerzoni, Liana Ghukasyan, Keetje Mans, Silvia Mei, Vittorio Mortarotti, Cristiana Palandri, Melania Yerka, Ann-Marie James, Mario Petriccione, Maya Quattropani, 108 nero e Alessandro Torri - sono stati individuati per un’attitudine, un certo carattere, un particolare sguardo verso le cose, un determinato gusto, una modalità di narrare e raccontare storie affini ed empatiche con il sentire, il fare e l’esprimersi di Carol Rama. Il progetto, nato da un’idea di Andrea Guerzoni, si è poi sviluppato all’interno di un gruppo composto da galleristi, curatori, critici, artisti che ne ha condiviso ogni fase: Claudio Cravero, Andrea Guerzoni, Vittorio Mortarotti, Stefano Riba, Antonio La Grotta, Chiara Vittone, Andrea Rodi, Alessio Moitre, Viola Invernizzi, Emanuela Romano, Valentina Bonomonte, Cristina Mundici, Giorgia Mannavola e Andrea Ferrari, con la curatela generale di Olga Gambari. A ogni collettiva sarà abbinata una libera lettura critica di figure diverse, coinvolgendo: Sara Boggio, Roberta Pagani, Milena Prisco, Annalisa Pellino e Beatrice Zanelli (Arteco), Aris Nobatef e Francesco Forlani. PanoRama prende la forma di mostra diffusa, intimamente legata al luogo del suo accadimento, cioè al quartiere Vanchiglia, che negli ultimi anni ha visto il fiorire di una serie di gallerie legate all’arte internazionale così come a linguaggi artistici e pratiche espositive che contaminano ambiti diversi. Vanchiglia si afferma come una delle zone con maggior fermento creativo cittadino, quartiere con un’altissima concentrazione di studi, gallerie, laboratori e spazi di creatività emergente e sperimentale. L’angolo di mondo in cui soprattutto si è svolta la vita di Carol Rama, che abita da sempre in via Napione. Questa mostra, quindi, sembra germinare da un tessuto urbano che ha contenuto infiniti passi, sguardi, pensieri, accadimenti della quotidianità di Carol Rama, ed è interessante l’identità contemporanea che sta assumendo, come se, idealmente, l’artista avesse seminato negli anni un terre- no che ora produce wild flowers a lei familiari. La mostra intende creare un luogo condiviso, impregnato di presenza di Carol Rama, figura che volutamente sarà presente come gioco poetico, concettuale e sentimentale e non riferimento diretto. Durante lo svolgimento della mostra, sarà messo a punto un calendario di eventi, espressioni di linguaggi diversi, che ogni settimana proporranno appuntamenti nelle gallerie partecipanti al progetto. Questi eventi continueranno a fare vivere la mostra, proponendo la possibilità di visitare il circuito delle mostre ogni settimana in un orario serale. La cura di questa sezione è realizzata in collaborazione con il Teatro della Caduta, altra realtà creativa del quartiere Vanchiglia. Interlocutori importanti sin dall’inizio sono stati sono stati l’Archivio Carol Rama e la Fondazione Sardi per l’Arte, che ha promosso il catalogo. Il progetto ha il patrocinio della Circoscrizione 7.

Galleria Moitre, Via Santa Giulia 37 bis, Torino
Tel: 3381426301 – 3405172587, [email protected] – www.galleriamoitre.com
Niente da dire
La bocca, segno visibile dell’intelligenza, è anche il luogo della saliva e dello sputo. M. Leiris

In origine fu l’azione, il gesto e non la parola. C’è qualcosa di crudo nel lavoro di Arri, Ghukasyan e Quattropani. Contro lo spazio visivo si impone quello corporeo, asintattico e metonimico, definito da una gestualità po(i)etica che fa dell’opera un’apertura sul mondo, un prolungamento del proprio corpo, una protesi.
Ciò non è vero solo per il nostro “io” permanente, che si prolunga per tutta la durata della nostra vita, ma per tutti i nostri “io” successivi, che, in definitiva, in parte lo compongono. M. Proust

L’arte come gioco serio, come segreto, rito di passaggio per vincere le paure e poter stare al mondo. Il prelievo dal quotidiano, tanto quanto l’evidenza materica del gesto pittorico, sottopone la nuda traccia a una sorta di oggettivazione che produce una de-simbolizzazione straniante. Genera pure epifanie intrise di memorie personali e figlie di un pensiero “selvaggio”, di una logica del concreto, delle qualità sensibili di materiali eterocliti e residuali che non hanno bisogno di commento. Per loro tramite, l’artista si fa domina-signora del cosmo, non in senso pan-oramico ma per contatto diretto, femmineo, erotico e im-mediato del proprio corpo con il mondo.

Tra le donne dominanti spiccava una certa Aua, che aveva tre seni e veniva trattata come un idolo. G. Grass

La nuda cosalità dell’opera la rende in qualche modo unheimlich, perché se da una parte ciò che vediamo ci è estremamente familiare, allo stesso tempo, la sua spigolosa presenza e ruvida impertinenza ci crea un senso di disagio e di vuoto, prossimo all’indicibile. In un continuum di visivo e corporeo l’opera si mantiene sulla soglia tra animalità e umanità, orizzontale e verticale, genera idiomi comunicativi alternativi dal carattere organico, quasi magico, mitico-primario.

Annalisa Pellino (Arteco)
Torino, luglio 2015