Pablo Bronstein – Carousel

Informazioni Evento

Luogo
COMPLESSO DELL'OSPEDALETTO
Calle della Barbaria delle Tole, Castello 6691 , Venezia, Italia
Date
Dal al

Preview: martedì 7 maggio dalle 16.00 alle 20.00
Performance con Pablo Bronstein: 8 - 12 maggio dalle 11.00 alle 19.00

Vernissage
08/05/2019

ore 11

Curatori
Catherine Wood
Uffici stampa
LARA FACCO P&C
Generi
arte contemporanea, performance - happening, personale
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Le OGR – Officine Grandi Riparazioni di Torino presentano Carousel, mostra personale dell’artista anglo-argentino Pablo Bronstein, curata da Catherine Wood, Senior Curator, International Art (Performance) presso la Tate Modern di Londra.

Comunicato stampa

Le OGR – Officine Grandi Riparazioni di Torino presentano Carousel, mostra personale dell’artista anglo-argentino Pablo Bronstein, curata da Catherine Wood, Senior Curator, International Art (Performance) presso la Tate Modern di Londra.

La mostra ha una doppia natura e una duplice ambientazione: sede principale del progetto saranno gli spazi delle ex Officine torinesi, dove prenderà forma un nuovo capitolo dell’indagine sul rapporto tra corpi in movimento e spazi architettonici, tra performance e dinamiche di fruizione dello spazio. La mostra avrà quindi una sua ideale prosecuzione negli ambienti barocchi della Sala della Musica del Complesso dell’Ospedaletto di Venezia, che diventerà l’avamposto in laguna delle OGR in occasione della 58. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia.

Carousel a Torino
dal 4 maggio al 9 giugno 2019

Nato a Buenos Aires nel 1977 e cresciuto a Londra, Bronstein coltiva da sempre un vivo interesse per la storia dell’architettura, che ha declinato attraverso diversi medium: la sua opera spazia così dal disegno alla coreografia, dal video alla performance. Concepita appositamente per il Binario 1 delle OGR, la mostra fa coesistere tutti questi elementi, assemblati ad arte per creare un dialogo inedito con la struttura delle ex Officine di corso Castelfidardo a Torino.

Punto di partenza di Carousel è il funzionamento dello zootropio, un dispositivo ottico inventato da William George Horner nel 1834, il cui nome deriva dall’unione delle parole zoe, che significa “vita”, e tropos, letteralmente "girare", ovvero “ruota della vita”. Lo zootropio è composto da una serie di immagini riprodotte su una striscia di carta posta all'interno di un cilindro che quando messo in moto le fa animare in un’illusione retinica di un movimento che si ripete in loop, proprio come quello di una giostra (in inglese, carousel). Questo espediente viene utilizzato da Bronstein come metafora per descrivere la relazione tra lo spazio fisico – che sia quello dell'architettura oppure quello dei corpi – e il narcisismo endemico del mondo post-iPhone, come una sorta di preambolo della società del selfie.

Piuttosto che puntare il dito sulla comune esasperazione verso le seduzioni e le illusioni del digitale, Bronstein preferisce costruire una narrazione basata su modelli anacronistici e low-fi, ispirandosi al mondo delle fiabe vittoriane.
Nasce così la storia della Strega Grigia, una figura enigmatica e imperscrutabile che rappresenta la personificazione della lastra metallica che si nasconde dietro il vetro di ogni specchio. Invisibile allo sguardo per la sua proprietà riflettente, si rivela però come sottile strato materico soltanto nel momento in cui il vetro viene tagliato in sezione. Una sorta di creatura che tutto vede ma che rimane elusiva e invisibile.
Anche alle OGR la Strega Grigia si mostra solo occasionalmente: si cela all’interno di una torre di sorveglianza, una struttura ibrida – che ricorda uno zootropio ma anche un tempietto rinascimentale – foderata di pannelli specchianti e posta alla fine di un dedalo che si protende nello spazio del Binario 1 per 50 metri di lunghezza.

Il visitatore, costretto ad un percorso obbligato, entra così in un labirinto e, prima di raggiungere la torretta, incontra una serie di scene in cui ballerini professionisti, seguendo una coreografia ideata dello stesso Bronstein in collaborazione con la coreografa Rosalie Wahlfrid, illustrano l’evoluzione della danza a partire da un’analisi degli spazi scenici e del rapporto con lo spettatore: dai balli partecipativi tribali ai rituali di corte, dal folk fino al balletto classico, il tutto in una progressione che rende le coreografie via via sempre più sofisticate.
Queste configurazioni performative, con l’intromissione di alcuni schermi digitali che rimandano in loop fugaci apparizioni della Strega Grigia, portano in scena le dinamiche e le fascinazioni del voyerismo, del guardare e dell'essere guardato, attraverso una ripetizione seriale di movimenti spezzati che ricordano da vicino il linguaggio post-digitale delle GIF (una sorta di versione tecnologicamente avanzata delle sequenze di movimenti dello zootropio) e allo stesso tempo i tic sintomatici della bassa soglia di attenzione caratteristica dell'era contemporanea.

Carousel de Crystal a Venezia
dall’8 maggio al 24 novembre 2019

L’intervento di Pablo Bronstein a Venezia è ripensato su scala ridotta rispetto all’installazione delle OGR e ne condensa il significato. Carousel de Crystal, nella sua configurazione veneziana, è l'equivalente della camera da letto del Re del XVII Secolo, luogo apparentemente privato ma in effetti centro dei rituali della vita di corte, in relazione con i campi, i teatri e le piazze come equivalenti del labirinto delle OGR.
Mentre l'installazione a Torino rappresenta una sequenza di spazi pubblici attraverso cui i visitatori navigano sotto lo sguardo della Strega Grigia, dei suoi specchi e dei suoi schermi, la Sala della Musica del Complesso dell’Ospedaletto di Venezia è immaginata come una camera privata, intima, in cui il visitatore che è invitato a entrare, resta, ad ogni modo, a una certa distanza dall'immagine che viene creata.

Il lavoro di Venezia è composto da due danzatori, la cui presenza è raddoppiata dall'uso di una proiezione video di grandi dimensioni, dalla figura della Strega Grigia e da una figura dal volto dipinto di rosso, interpretata dallo stesso Bronstein, che ha capacità di vedere e muoversi che superano le regole e i parametri del mondo della città governata dagli specchi.

Tanto forza disgregatrice quanto trainante, simbolo del diavolo o del desiderio, la maschera di Bronstein appare in contrapposizione alla fredda sorveglianza della Strega Grigia. Il suo punto di vista, filtrato dalla griglia della balconata che sovrasta lo spazio della mostra, è trasmesso a uno schermo video: solo occasionalmente questo personaggio fa la sua incursione nella rappresentazione per interrompere i cicli rituali del movimento danzato.
Già in altre occasioni, così come in questa, l'artista si è mostrato in prima persona all'interno del suo stesso lavoro e non solo come autore ma proprio come interprete, mettendo così in scena un io immaginario che è soggetto, a sua volta, alle fantasiose illusioni evocate dalle sue opere e dai suoi personaggi, con i quali coesiste.

La mostra Carousel è una nuova commissione appositamente realizzata per le OGR e si inserisce in un corpus di lavori che l’artista ha sviluppato negli ultimi anni; a partire dalla rilettura dello spazio pubblico di Plaza Minuet presentato all’ICA di Londra (2011), o dalla riflessione sull’uso degli specchi nella performance pensata per la sola fruizione online Costantinopole Kaleidoscope, Tate Live (2012) o la durational performance concepita dall’artista per la Duveen Gallery della Tate Britain Historical Dances in an Antique Setting (2016).

“La duplice mostra di Pablo Bronstein si inserisce in un più ampio progetto mirato a costruire una serie di ponti tra le OGR e le istituzioni artistiche maggiormente influenti a livello mondiale, come la Tate Modern di Londra e la Biennale di Venezia – sostiene Massimo Lapucci, Direttore Generale di OGR - Officine Grandi Riparazioni. Il nostro obiettivo a lungo termine è quello di creare un ecosistema per lo sviluppo e la crescita del capitale culturale, sociale ed economico di Torino e del suo territorio.”

“Carousel rappresenta per le OGR la continuazione di un percorso volto a indagare il ruolo della musica e della danza all'interno degli spazi museali, misurando al contempo l'elasticità delle definizioni di Arti Visive e Arti Performative – aggiunge Nicola Ricciardi, Direttore Artistico di OGR - Officine Grandi Riparazioni. Un percorso di ricerca iniziato nel 2018 con la personale di Tino Sehgal e continuato con la mostra In Concert di Ari Benjamin Meyers, conclusa da poco con ottimi riscontri di fruizione da parte del pubblico."

Le OGR - Officine Grandi Riparazioni di Torino nascono dalla grande opera di riqualificazione effettuata dalla Fondazione CRT, che ha investito oltre 100 milioni di euro per trasformare l'ottocentesca fabbrica dei treni in una vera e propria officina delle idee, della creatività, dell'innovazione. Inaugurate a settembre 2017 su un'area di 35.000 mq nel cuore della città, le OGR sono diventate un centro di produzione e sperimentazione culturale tra i più produttivi e dinamici a livello europeo. Sono state realizzate ed esposte opere site-specific di William Kentridge, Patrick Tuttofuoco, Arturo Herrera, Liam Gillick; hanno visto la luce le mostre personali di alcuni dei più importanti nomi dell'arte contemporanea, come Tino Sehgal, Susan Hiller, Rokni Haerizadeh, Mike Nelson e Ari Benjamin Meyers; si sono avvicendati protagonisti eterogenei della scena musicale internazionale – dai The Chemical Brothers ai Kraftwerk, da John Cale ai New Order, da Alva Noto a Michael Nyman, da Jeff Mills a Jason Moran – e sono sorte inedite partnership con progettualità oltre confine, come il Manchester International Festival e il Warm Up (MoMA PS1) di New York.
Quest'anno, con l'apertura dello spazio delle Officine Sud, le OGR rafforzeranno la propria vocazione innovativa, diventando anche un polo internazionale per acceleratori di imprese, laboratori di ricerca e un centro sui Big Data in collaborazione con ISI Foundation e Politecnico di Torino. Alle OGR startup, scaleup e imprese potranno svilupparsi con il supporto di partner strategici, tra cui Endeavor e BEST: il programma bilaterale Italia-USA per promuovere la cultura imprenditoriale high-tech e costruire un ponte tra la Silicon Valley e Torino.

Pablo Bronstein (1977) è un artista argentino di base a Londra. I suoi lavori degli ultimi quindi anni anni hanno contribuito all'elaborazione di un nuovo linguaggio performativo, in una innovativa relazione tra installazione architettonica e messa in scena della danza. Gli interventi architettonici di Bronstein sono spesso abitati da danzatori che mettono in scena uno stile nato dall'unione di barocco e postmoderno, con movimenti delle mani che partono dallo studio della Sprezzatura o con pose ispirate al vogueing.
Bronstein appare spesso in prima persona all'interno dei suoi lavori, portando avanti una ricerca su temi quali il narcisismo, come questione morale: l'artista ha giocato a ricoprire il ruolo dell'esperto, come nel caso di un tour architettonico di Londra (2006) o di una pseudo lezione di storia dell'arte, Intermezzo (2009), o è comparso, in costume, come personaggio in uno dei suoi film, Palazzo of Love (2018).
Il mondo immaginario di Bronstein nasce dalla sua dimestichezza nel realizzare disegni ad acquerello e inchiostro, capacità che gli permette di elaborare raffinati piani architettonici in pianta e alzato. Il lungo processo di ricerca che contraddistingue i suoi lavori, gli ha consentito di realizzare un historical drag, la cui estetica e il cui senso di liceità si allargano alle presentazioni live, come nel caso di alcune delle sue performance più famose Plaza Minuet, 2011 o Historical Dances in an Antique Setting (2016).

Catherine Wood è Senior Curator, International Art (Performance) alla Tate Modern dove ha realizzato vari progetti con, tra gli altri, Mark Leckey e Joan Jonas, Anne Imhof e Tania Bruguera.
Wood ha iniziato il programma di performance contemporanea in Tate nel 2002, e ha guidato dal 2012 al 2016 il progetto online Performance Room.
Wood è autrice di Yvonne Rainer: the Mind is a Muscle (MIT, 2007) e Performance in Contemporary Art (Tate, 2018).

Rosalie Wahlfrid è un’artista svedese con base a Londra. Ha lavorato a stretto contatto con Pablo Bronstein dal 2010 come co-coreografa e performer. Ha lavorato nel Regno Unito e all'estero con artisti come Rosemary Butcher, Yvonne Rainer, Joe Moran, Matthias Sperling, Cally Spooner e Florence Peake. La ricerca di Rosalie è basata sulla pratica ed esplora tempo, spazio ed energia attraverso la performance dal vivo e il cinema. Il suo lavoro è influenzato da artisti e registi come Rosalind Crisp, Lisa Nelson, Andrei Tarkovsky, Ingmar Bergman e Meg Stuart. È stata anche docente associato di danza presso The Place, Coventry, Chichester e attualmente presso la Surrey University nel Regno Unito. Rosalie è ambasciatrice e insegnante presso l'Indipendent Dance di Londra, dove ha anche conseguito il Master in Surebhan Davies Dance e Trinity Laban Conservatoire.

Performer: Lorenzo Aprà, Irina Baldini, Desirée Caruso, Marco Caudera, Irene Cena, Francesco Dalmasso, Elisa D'amico, Camilla De Campo, Riccardo de Simone, Rebecca Nivine Fakih, Annalisa Maria Morelli, Francesca Pavesio, Andrea Carlotta Pelaia, Paolo Soloperto, Maria Novella Tattanelli, Rosalie Wahlfrid, Darcy Wallace.