Ode de Kort / Loup Sarion

Informazioni Evento

Luogo
SPAZIOA GALLERY
Via Amati 13, Pistoia, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

mar - Sab 11 - 14 / 15 - 19 o su appuntamento

Vernissage
18/02/2017

ore 18

Artisti
Ode de Kort, Loup Sarion
Generi
arte contemporanea, personale

Nello spazio principale della galleria una mostra personale dell’artista Ode de Kort, O froooom O toooo O, mentre nel project space una mostra di Loup Sarion, Langue Pendue.

Comunicato stampa

SpazioA ha il piacere di presentare, sabato 18 febbraio 2017, ore 18, O froooom O toooo O, prima mostra personale dell’artista Ode de Kort (1992, Malle, Belgio), nello spazio di Via Amati 13, Pistoia.

Nella sua pratica, e come esercizio, Ode de Kort cerca movimenti che servono come punto di partenza per navigare tra le immagini. A forza di moltiplicare e reiterare le azioni, emergono significati diversi di “corpo”. Questo atto di equilibrismo avvia un processo irrefrenabile di produzione, oltre a una modalità sensoriale di conoscenza.

Il suo lavoro è l’esito di un rapporto prolungato con un materiale specifico, che si manifesta come scambio dinamico fra tre elementi: oggetto, fotocamera e soggetto. De Kort, esplora la tensione tra stasi e movimento, bi- e tridimensionalità, così stimolando il superamento dei confini tra medium e discipline: fotografia, scultura e coreografia.

In questa mostra, l’artista getta le basi per una coreografia in divenire. Un lungo confronto con una forma singola si traduce in molteplici trasformazioni: da un numero ad un suono fino ad un’oggetto e indietro. In questo senso, le opere in mostra, presentano un’oscillazione tra entità fotografica, tipografica e coreografica. È l’esperienza corporale di situarsi in uno specifico ambiente spaziale, che incita questa continua dinamica di trasformazione.

Ode de Kort (Malle, 1992, Belgio) ha conseguito un BA (2010-2013) e un MFA (2013 -2015) in Fotografia alla School of Arts di Ghent, BE.
Tra le mostre recenti segnaliamo: Inhabited by Objects, a dialogue with the house of Jean Prouvé, CAB Contemporary, Brussels, BE; In the wake of his surrounding, he fades, organizzato da Studio Start, in collaborazione con Air Antwerpen, a cura di FormContent, Extra City Kunsthal, Antwerp, BE; Suspension of a circle, a cura di Wim Waelput, Hopsteet Gallery (window), Brussels, BE; Preposition, con Martijn Grootten, Tique Gallery, Antwerp, BE; The Gods Must Be Crazy, De Direkteurswoning, Roeselare, BE; Fold/Unfold, SpazioA project space, Pistoia, IT; The Camera’s Blind Spot II, a cura di Simone Menegoi, Extra City Kunsthal, Antwerp, BE; Aperto, Fondazione Antonio Ratti, Como, IT.
L’artista vive e lavora ad Antwerp, BE.

Ode de Kort
O froooom O toooo O

opening: February 18, 2017 -ore 18
until: 15.04.17
Tue - Sat 11 - 14 / 15 - 19 or by appointment

Press Release
SpazioA is proud to present, Saturday February 18, 2017, 6pm, O froooom O toooo O, the first solo show of the artist Ode de Kort (1992, Malle, Belgium), in Via Amati 13, Pistoia.

In her practice and as a practise, Ode de Kort is searching for movements which serve as a starting point to navigate through images. By multiplying and repeating actions, different meanings of ‘body’ arise. This balancing act initiates a ceaseless process of making as well as a sensory mode of knowledge.

Her work is the result of an extended relationship with one particular material, which unfolds as a dynamic exchange between three elements: object, camera and subject. De Kort explores the tensions between stasis and movement, two- and three-dimensionality, thus challenging and crossing the boundaries between media and disciplines: photography, sculpture, and choreography.

For this exhibition, the artist provides the basis for an ongoing choreography. A prolonged engagement with a single form results in multiple transformations: from number over sound to object - and back again. In this sense, the works on display show a wayward navigation between photographic, typographic and choreographic entities. It is the corporeal experience of situating oneself in a specific spatial environment that prompts this ongoing transformatory dynamics.

Ode de Kort (Malle, 1992, Belgium) received a BA (2010-2013) and a MFA (2013 -2015) in Photography at the School of Arts of Ghent, BE.
Recent exhibitions include: Inhabited by Objects, a dialogue with the house of Jean Prouvé, CAB Contemporary, Brussels, BE; In the wake of his surrounding, he fades, organized by Studio Start, in collaboration with Air Antwerpen, curated by FormContent, Extra City Kunsthal, Antwerp, BE; Suspension of a circle, curated by Wim Waelput, Hopsteet Gallery (window), Brussels, BE; Preposition, with Martijn Grootten, Tique Gallery, Antwerp, BE; The Gods Must Be Crazy, De Direkteurswoning, Roeselare, BE; Fold/Unfold, SpazioA project space, Pistoia, IT; The Camera’s Blind Spot II, curated by Simone Menegoi, Extra City Kunsthal, Antwerp, BE; Aperto, Fondazione Antonio Ratti, Como, IT. The artist lives and work in Antwerp, BE.

SpazioA ha il piacere di presentare, sabato 18 febbraio 2017, ore 18, nel project space della galleria, Langue Pendue, prima mostra personale in Italia dell’artista Loup Sarion (1987, Toulouse, Francia).

L’artista presenta tre sculture ispirate a forme antropomorfiche o quotidiane, raggruppate sotto il titolo Langue Pendue. Il titolo rimanda al soprannome di Alex nel film di Leos Carax, Rosso Sangue e riecheggia un corpus di lavori di Sarion collegato ai temi dell’epidermide e della superficie.

I tre lavori collocati su piedistalli esercitano uno strano fascino e sono tutti legati dall’idea della sete. Uno è un derivato di una tazza, l’altro un rubinetto da cui cade una goccia d’acqua, il terzo un volto stilizzato con la lingua (langue)...penzoloni (pendue). Per l’artista il dialogo che si stabilisce tra i diversi lavori si rivela importante, la loro pluralità è intrinseca alla loro interpretazione. “Prima scopriamo un oggetto che riconosciamo nel successivo, ed è così che inizia la conversazione”. Sentendo evocare la parola conversazione, e tornando al titolo scelto per la mostra, l’organo della lingua sembra un elemento fondamentale nel lavoro di Loup Sarion. La lingua, una parte molto vascolarizzata della nostra anatomia, serve per masticare, ingoiare, assaggiare, parlare, ma anche per baciare. Permette di sfamarsi in senso rabelaisiano, aiuta gli animali come gli esseri umani a leccare e lappare, conduce al piacere. La lingua è qualcosa di molto volgare e al tempo stesso raffinatissimo, che si pone allo stesso livello del controllo della mente e del linguaggio, persino della conoscenza di un’altra nazione (parliamo, infatti, di “lingua straniera”).

Attraverso la stoffa che avvolge le matrici, Loup Sarion si concentra sull’epidermide in un lavoro che ha già stabilito una relazione ambigua con la pittura. Da qualche tempo usa la stampa e la serigrafia, prima sulle tende, poi sul vetro, il plexiglass o il gesso, e i pigmenti sono risucchiati dai materiali, assorbiti dalla capillarità o evaporati in pozze incarnate nella tradizione pittorica. Diversi medium si trovano quindi sposati, con forme prima disegnate, che invocano Philip Guston, poi scolpite, come tributo a Constantin Brâncuşi, e infine le tele dipinte. Sarion prende come punto di partenza il suo appetito per l’incarnato, dicendo “tutto ciò che è umano è piacevole ai miei occhi”, evocando quel che può rimandare al gesto di una pelle che arrossisce o una bocca secca che ha bisogno di essere inumidita.

Quando lo si vede all’opera nel suo studio, Loup Sarion lavora come un artigiano. Stira le stoffe, poi le sovrappone e le ricompone in collage, rimandando al patchwork, al rivestimento, alla confezione. “Veste” la sua scultura, e intanto pensa alla pelle smascherata, quella che attrae o ripugna, che suscita il vero desiderio.
L’ispirazione nasce dal film di Leos Carax, in cui Alex, un ventriloquo, è soprannominato Langue Pendue (“lingua lunga”)… cosa assai paradossale, visto che non apre mai bocca. Il personaggio venticinquenne è trascinato da una frustrata, straripante energia e sensualità, e dà l’impressione di qualcosa di troppo esile che camuffa a stento un fuoco divampante. Come Loup Sarion, che ha l’eleganza di trattare le superfici in modo da consentirci, a una seconda lettura, di vedere cosa ci attrae verso la realtà delle cose e degli esseri, anche quando questa stessa realtà ha qualcosa di vagamente disgustoso.
[Marie Maertens, gennaio 2017]

Loup Sarion (1987, Toulouse, Francia) ha studiato all’accademia di Belle Arti di Parigi (2010-2015) e al Cooper Union, New York (2013).
Tra le mostre recenti segnaliamo: Le nouveaux monde industriel, cura di Nicolas Bourriaud, Galleria Continua, Les Moulins, FR; Humidity, Galerie Jeanrochdard, Brussels, BE; A Thousand Friends (Part 2), New Jörg, Vienna, A; Les lèvres nues, cura di Noémie Vulpian & Jarry, DOC, Paris, FR; I cut out the mug and went to the bottle, con Strauss Bourque Lafrance, EXOEXO, Paris, FR; Plates of the present, cura di Thomas Fougeirol & Jo-ey Tang-Dust, Baxter street, New York, USA; A Last Song for the Titanic Orchestra, cura di Diesel Project Space, 019, Ghent, BE. L’artista vive e lavora a New York, USA.

project space
Loup Sarion
Langue Pendue

OPENING: February 18, 2017 -ore 18
until: 15.04.17
TUE - SAT 11 - 14 / 15 - 19 or by appointment

Press Release
SpazioA is proud to present on Saturday February 18, 2017, 6pm, at the gallery’s project space, Langue Pendue, the first solo show in Italy by the artist Loup Sarion (1987, Toulouse, France).

The artist presents three sculptures inspired by anthropomorphic or everyday forms that are grouped under the title Langue Pendue. This title refers directly to the nickname of Alex in Leos Carax’s movie The Night is Young and echoes a corpus of Sarion’s works attached to the question of epidermis and surface.

Seated on top of poles, the three pieces exert a strange fascination and are all linked by an idea of quenching. One is the derivative of a cup, the other a tap from which falls a drop of water, the third a simplified face that exhibits a tongue (langue)...hanging (pendue). For the artist the dialogue established between several works proves to be important, their plurality is inherent in their understanding. “We first discover an object that we recognize in the next one and this is how the conversation begins”. By evoking this word conversation and returning to the title chosen for the show, the organ of the tongue seems to be a point of analysis relevant to the work of Loup Sarion. Part of our anatomy particularly vascularized, the tongue serves just as much to chew, swallow, speak, taste, than to kiss. It allows feeding in a Rabelaisian sense, helps animals like humans to lap or lick, leads to enjoyment. The tongue is thus both very vulgar and totally refined, equating itself with the control of the mind or language, even the knowledge of another nation when one speaks “a foreign tongue”.

Through the fabric that is wrapping his matrices, Loup Sarion focuses on epidermis in a work that has always established an ambiguous relationship with painting. For some time he’s been printing and silkscreening, first on curtains, then glass, plexiglass or plaster, the pigments aspirated by the materials, absorbed by capillarity or evaporated in puddles embodied in the pictorial tradition. Different mediums are thereby married, with previously drawn shapes, which invoke Philip Guston, then carved, as a tribute to Constantin Brâncuşi, before the canvas is dyed, so painted. Sarion assumes his appetite for complexion, saying “all that is human is pleasing to me”, evoking what can refer to the gesture of a reddening of flesh or a dry mouth needing to be moistened.

Loup Sarion works like a craftsman when seen in his studio. He irons his fabrics, then superimposes them and reconstitutes them in collages, as a reference to patchwork, covering, or packaging. He “dresses” his sculpture, and thinks of the unmasked skin, the one that attracts or repulses, the one that provokes the true desire.
Rocked by Leos Carax’s movie, in which Alex, a ventriloquist is so-called Langue Pendue (glib tongue), paradoxically as he does not open it. The 25 years-old character is in the midst of a frustrated and overflowing energy and sensuality, with the feeling of something too narrow badly camouflaging a bubbling fire. Like Loup Sarion, who has the elegance of treating surfaces to allow us, in a second reading, to see what appeals to the reality of things and beings, even when it is a little disgusting.
[Marie Maertens, January 2017]

Loup Sarion (1987, Toulouse, France) studied at Beaux arts de Paris (2010-2015) and Cooper Union, New York (2013).
Among the shows he has taken part recently there are: Le nouveaux monde industriel, curated by Nicolas Bourriaud, Galleria Continua, Les Moulins, FR; Humidity, Galerie Jeanrochdard, Brussels, BE; A Thousand Friends (Part 2), New Jörg, Vienna, A; Les lèvres nues, curated by Noémie Vulpian & Jarry, DOC, Paris, FR; I cut out the mug and went to the bottle, with Strauss Bourque Lafrance, EXOEXO, Paris, FR. Plates of the present, curated by Thomas Fougeirol & Jo-ey Tang-Dust, Baxter street, New York, USA; A Last Song for the Titanic Orchestra, curated by Diesel Project Space, 019, Ghent, BE. The artist lives and works in New York, USA.]