Lorenzo Tugnoli – fa che sia un racconto

Informazioni Evento

Luogo
EX CONVENTO DI SAN FRANCESCO
Via Luigi Cadorna 14, Bagnacavallo, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

giovedì e venerdì 16-21; sabato e domenica 10-12 e 16-19

Vernissage
24/04/2025

su invito

Biglietti

ingresso libero

Artisti
Lorenzo Tugnoli
Curatori
Francesca Recchia
Uffici stampa
PAOLA C. MANFREDI STUDIO
Generi
fotografia, personale

Le immagini di Lorenzo Tugnoli, unico Premio Pulitzer italiano, in un progetto interdisciplinare per una riflessione individuale e civica sulla narrazione della più recente escalation militare in Israele, Palestina e Libano.

Comunicato stampa

L’Unione Comuni della Bassa Romagna presenta, negli spazi dell’Ex Convento San Francesco di Bagnacavallo, la mostra “fa che sia un racconto”, progetto interdisciplinare fatto di immagini, parole, testimonianze, per svelare le contraddizioni che caratterizzano la narrazione pubblica e mediatica del più recente conflitto nel Medio Oriente, da giovedì 24 aprile a lunedì 2 giugno 2025.

La mostra presenta 40 fotografie di grande formato opera di Lorenzo Tugnoli, photoreporter unico premio Pulitzer in Italia nel 2019, nativo di Lugo, e si nutre della ricerca e della curatela di Francesca Recchia, studiosa e scrittrice interessata alla dimensione geopolitica dei processi culturali.

La mostra “fa che sia un racconto” offre un’inedita riflessione individuale e civica sulle difficoltà, i vuoti, le complicità, le manipolazioni e i silenzi che caratterizzano l’atteggiamento dei media e del pubblico attorno al conflitto tra Israele, Palestina e Libano, iniziato il 7 ottobre 2023.

Gli spazi dell’ex convento si trasformano in un percorso a episodi, ciascuno dei quali esplora alcuni temi fondamentali del racconto: la documentazione, l’evidenza, la testimonianza e l’idea di Sumud, ovvero di resistenza.

A ispirare il titolo della mostra e ad aprire il percorso espositivo sono i versi di una poesia di Refaat Alareer, poeta e intellettuale palestinese, ucciso a Gaza in un raid israeliano all’inizio del conflitto, nella notte tra il 6 e il 7 dicembre 2023. La poesia si chiude con «Se dovessi morire, fa che sia un racconto»: monito a non dimenticare e invito a farsi testimoni della storia. La mostra, tenendo conto dell’ipermediatizzazione del genocidio e allo stesso tempo della mancanza di testimonianze e voci di credibilità a cui si è assistito in questo arco temporale, offre un’analisi analogica e multimediale dei vari livelli di fallimento del linguaggio: dalla mancanza di consenso intorno alle definizioni degli eventi in corso alle acrobazie politiche per aggirare i dettami delle leggi internazionali.

Il percorso della mostra - il cui allestimento è progettato dall’architetto e designer Diego Segatto - si costruisce su dati di realtà: dalla documentazione fotografica di Lorenzo Tugnoli raccolta a partire da ottobre 2023 tra Palestina e Libano, all’elaborazione visiva di dati e statistiche.

La mostra, fortemente voluta dal Coordinamento alla cultura dei Comuni della Bassa Romagna, rappresenta l’evento di punta del programma delle iniziative organizzate in occasione dell’80° della Liberazione dal nazifascismo. È realizzata in collaborazione con l’Istituto storico della resistenza e dell’età contemporanea della provincia di Ravenna, con il supporto del Comune di Bagnacavallo, e grazie al contributo della Regione Emilia-Romagna, di Romagna Acque Società delle Fonti e BCC.

Dice Francesca Recchia: «Se il registro primario di “fa che sia un racconto” è quello della fattualità documentaria, il sottotesto è poetico e riflessivo: un’occasione per soffermarsi e mettere a fuoco i valori della solidarietà, della resistenza e del diritto all’autodeterminazione. Se da una parte siamo testimoni – a volte passivi, complici o indignati – di una brutalità senza precedenti, dall’altra assistiamo sia al rischio di assuefazione sia di una presa di coscienza delle numerose omissioni da parte dei mezzi di comunicazione di massa. Giri di parole, disumanizzazione, eufemismi e censure offrono degli scorci ideologici e parziali che mettono in discussione le radici stesse del diritto fondamentale di conoscere i fatti».

La mostra “fa che sia un racconto” concede al pubblico la possibilità di costruire da sé la propria narrazione a partire dalle testimonianze visive e testuali presentate, senza pretese di offrire risposte o verità assolute. La mostra si presenta come spazio di informazione onesta, dove poter coltivare lo sguardo critico e continuare a porsi domande, per rimettere al centro il ruolo del pubblico come testimone e della narrazione come necessaria alla storia.

«Se dovessi morire, fa che sia un racconto»
Refaat Alareer

BIOGRAFIE
Lorenzo Tugnoli è un fotografo che lavora sulle conseguenze dei conflitti in Medio Oriente e Asia Centrale. Ha vissuto in Afghanistan per sei anni e in Libano per otto e continua regolarmente a tornare e raccontare le storie di questi paesi. Nel 2014 ha pubblicato The Little Book of Kabul, un ritratto di Kabul attraverso la vita quotidiana di diversi artisti che vivono nella città in collaborazione con Francesca Recchia. Lorenzo lavora come contract photographer per il Washington Post e le sue immagini sono state pubblicate dalle maggiori testate americane ed europee. Lorenzo ha ricevuto il premio Pulitzer per la fotografia nel 2019, il premio Bayeux Calvados nel 2020 e in tre occasioni il World Press Photo.

Francesca Recchia è una ricercatrice e scrittrice indipendente interessata alla dimensione geopolitica di processi culturali. Negli ultimi anni, Francesca si occupa principalmente di pratiche creative e patrimonio immateriale in paesi in conflitto. Il suo lavoro è fondato su un approccio interdisciplinare che si ispira ai principi della decolonizzazione e della pedagogia radicale. È autore di The Little Book of Kabul (con Lorenzo Tugnoli), Picnic in a Minefield e Devices of Political Action. Collective Towns in Iraqi Kurdistan (con un photo-essay di Leo Novel) e How long can the moon be caged? Voices of Indian Political Prisoners (con Suchitra Vijayan).

Diego Segatto è un architetto e designer della comunicazione interessato all'integrazione di diverse metodologie e discipline, alla produzione di politiche culturali e ad iniziative collettive come forma di impegno politico. Dal 2009 collabora con DAAR – Decolonizing Architecture Art Research esponendo a biennali e festival internazionali nel campo dell'arte e dell'architettura. Tra il 2012 e il 2013 è in Palestina come designer e coordinatore per il programma formativo Campus in Camps e per il Camp Improvement Program di UNRWA. Nel 2017 è fellow presso il basis voor actuele kunst (Utrecht, NL) nel programma Propositions for Non Fascist Living e dal 2019 cura il sito e le pubblicazioni per il corso di DAAR presso alla Royal Academy of Arts Stockholm.