La terra inquieta

Informazioni Evento

Luogo
TRIENNALE - PALAZZO DELL'ARTE
Viale Emilio Alemagna 6, Milano, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
27/04/2017
Patrocini

Promossa da Fondazione Nicola Trussardi
e Fondazione Triennale di Milano
Direzione Artistica Settore Arti Visive Triennale
Edoardo Bonaspetti

Artisti
Yto Barrada, Isaac Julien, Pawel Althamer, Steve McQueen, Liu Xiaodong, Tania Bruguera, Andrea Bowers, Paulo Nazareth, John Akomfrah, Yasmine Kabir
Curatori
Massimiliano Gioni
Generi
arte contemporanea, collettiva

La Triennale di Milano e Fondazione Nicola Trussardi presentano La Terra Inquieta, una mostra ideata e curata da Massimiliano Gioni, promossa da Fondazione Nicola Trussardi e Fondazione Triennale di Milano, parte del programma del Settore Arti Visive della Triennale diretto da Edoardo Bonaspetti.

Comunicato stampa

La Triennale di Milano e Fondazione Nicola Trussardi presentano La Terra Inquieta, una mostra ideata e curata da Massimiliano Gioni, promossa da Fondazione Nicola Trussardi e Fondazione Triennale di Milano, parte del programma del Settore Arti Visive della Triennale diretto da Edoardo Bonaspetti.

La mostra, che aprirà al pubblico dal 28 aprile al 20 agosto 2017, è il frutto della collaborazione tra due istituzioni che da sempre mettono al centro della loro missione il presente in tutte le sue accezioni, prestando attenzione ai linguaggi più sperimentali e innovativi dell’arte e della cultura contemporanea e con la capacità di dare voce a fenomeni portatori di cambiamenti profondi.
La Terra Inquieta – che prende a prestito il titolo da una raccolta di poesie dello scrittore caraibico Édouard Glissant, da sempre affascinato dal problema della coesistenza tra culture diverse – è dunque la condivisione di un progetto, urgente e doveroso, che ha l’ambizione di raccontare il presente come un territorio instabile e in fibrillazione: una polifonia di narrazioni e tensioni. Attraverso le opere di più di sessantacinque artiste e artisti provenienti da vari paesi del mondo – tra cui Albania, Algeria, Bangladesh, Egitto, Ghana, Iraq, Libano, Marocco, Siria e Turchia – e con un allestimento che si estenderà all’interno della galleria al piano terra della Triennale per proseguire al piano superiore, La Terra Inquieta parla delle trasformazioni epocali che stanno segnando lo scenario globale e la storia contemporanea, in particolare affrontando il problema della migrazione e la crisi dei rifugiati.

"La Terra Inquieta consegna all’arte la responsabilità di raccontare i cambiamenti, i conflitti, le tensioni che hanno origine da guerre, esodi e catastrofi naturali – sottolinea Clarice Pecori Giraldi, Vicepresidente della Triennale di Milano – La Triennale, come istituzione culturale vigile alle variazioni sociali, sente l’obbligo di fare la sua parte in questo racconto, e riflettere su queste moltitudini senza nome che ogni giorno portano avanti la loro ricerca di una vita dignitosa. La mostra, che si inserisce nel programma del Settore Arti visive della Triennale di Milano sotto la direzione artistica di Edoardo Bonaspetti, attraverso opere di oltre sessanta artisti provenienti da vari paesi del mondo ci costringe a fare i conti anche con il nostro mondo ormai invecchiato, e a ricordare che non tanto tempo fa eravamo noi ad attraversare mari per trovare una nuova vita, una migliore opportunità."

“Le migrazioni che stanno interessando ogni angolo del pianeta rappresentano un nodo imprescindibile del nostro presente – ribadisce Beatrice Trussardi, Presidente della Fondazione Nicola Trussardi – uno dei temi cardine attorno al quale la società globale è chiamata a ridefinirsi. Da qui la necessità di organizzare una mostra come La Terra Inquieta, che offre uno sguardo su questa tematica filtrato attraverso il racconto degli artisti. La riflessione che ne è nata ci ha condotti all’immersione in un’esperienza universale, capace di avvicinare uomini e donne lontani per età, religione, cultura e provenienza, ma sempre più destinati a convivere e a condividere valori, vicende e biografie. L’obiettivo di questa mostra, è quello di restituire al pubblico almeno una parte di queste esperienze, perché possano trasformarsi in conoscenza, fornendo risorse e strumenti utili alla ricerca di un equilibrio armonico tra gli esseri umani. L’identità fluida e in continua evoluzione della Fondazione Trussardi ci ha dunque portato ad affrontare in modo nuovo lo stesso tipo di sfida da cui siamo partiti all'inizio della nostra avventura quasi quindici anni fa: raccontare il mondo che ci circonda creando un terreno di riflessione comune, una piattaforma aperta al contributo di ciascun individuo per immaginare un nuovo modello di società.”

Attraverso installazioni, video, immagini di reportage, materiali storici e oggetti di cultura materiale, La Terra Inquieta esplora geografie reali e immaginarie, ricostruendo l’odissea dei migranti e le storie individuali e collettive dei viaggi disperati dei nuovi dannati della Terra. Il percorso si snoderà attraverso una serie di nuclei geografici e tematici – il conflitto in Siria, lo stato di emergenza di Lampedusa, la vita nei campi profughi, la figura del nomade e dell’apolide – a cui si intersecheranno opere di forte impatto: vere e proprie metafore visive e monumenti precari eretti a commemorazione di questo nostro breve e instabile scorcio di secolo.

La Terra Inquieta è un romanzo corale di moltitudini troppo spesso lasciate senza nome. Seguendo le trasformazioni dell’economia e le relazioni pericolose che si intrecciano tra corpi, merci, capitali e rotte di scambio e commercio nell’epoca della globalizzazione, la mostra compone un ritratto collettivo capace di restituire voce e dignità alle moltitudini senza volto della contemporaneità. Al centro dell’esposizione, ad esempio, è posta l’installazione video The Mapping Journey Project dell’artista marocchina Bouchra Khalili: con semplicità disarmante, l’installazione raccoglie le storie di migranti che hanno attraversato interi continenti alla ricerca di un varco nella fortezza Europa. Come nei video di Khalili, mescolando biografie individuali e collettive, la mostra ripercorre le metamorfosi del paesaggio e le forze economiche e sociali che trasformano e plasmano un mondo sempre più interconnesso e globale.

Ponendo l’accento sulla produzione artistica e culturale più che sulla cronaca, La Terra Inquieta si concentra in particolare sul ruolo dell’artista come testimone di eventi storici e drammatici e sulla capacità dell’arte di affrontare cambiamenti sociali e politici. Mentre i media e la cronaca ufficiale raccontano di guerre e rivoluzioni viste a distanza, molti artisti conoscono e descrivono in prima persona il mondo da cui provengono i migranti e per questo ne parlano con il senso di responsabilità di chi vuole restituire la complessità di un evento drammatico senza incorrere nelle consuete banalizzazioni e nei sentimentalismi ai quali siamo abituati dai tradizionali canali di informazione. Il risultato sono opere d’arte in cui i codici tradizionali del giornalismo e della narrazione documentaria si accompagnano ad approcci più vicini a quelli della letteratura, dell’autobiografia e della finzione. È precisamente in questo scontro tra narrazioni discordanti che l’opera di molti artisti cerca di inserire un coefficiente di dubbio e di critica al linguaggio delle immagini e dei mezzi di comunicazione di massa, rivelando una rinnovata fiducia nella responsabilità dell’arte di raccontare e trasformare il mondo: non solo immagini di conflitti, ma anche immagini come terreno di incontro, scontro e scambio di punti di vista.

Nascono così racconti – sospesi tra l’affresco storico e il diario in presa diretta – da cui emerge una concezione dell’arte come reportage lirico, documentario sentimentale e come testimonianza viva, urgente e necessaria. Ne sono un esempio opere di artisti come John Akomfrah, Yto Barrada, Isaac Julien, Yasmine Kabir, Steve McQueen, tra gli altri, capaci di affrontare eventi specifici e di porsi allo stesso tempo come letture metaforiche di un più vasto momento storico. Nelle loro opere è la nozione stessa di crisi e di indecisione a essere trasformata in un metodo narrativo e in una funzione analitica ed estetica.

La Terra Inquieta apre una riflessione sul diritto all’immagine che è un altro dei temi fondamentali affrontati dai molti artisti contemporanei il cui lavoro si confronta con la rappresentazione delle migrazioni globali e della crisi dei rifugiati. Alle prese con un regime dell’immagine contraddistinto dalla voracità dei mezzi di comunicazione, molti artisti contemporanei cercano nuove modalità con cui rappresentare i migranti senza sottoporli alla spettacolarizzazione tipica del giornalismo più sensazionalistico. Lo sguardo obliquo delle fotografie di Yto Barrada, le elisioni di volti e dettagli nei video di Mounira Al Solh o le trasformazioni grottesche nei disegni e nelle animazioni di Rokni Haerizadeh, sono solo alcuni degli esempi più lampanti – insieme al rifugiato ritratto da Phil Collins – con cui questi artisti della crisi globale rifiutano di soccombere all’estetizzazione della miseria e cercano piuttosto di restituire dignità ai migranti, ritraendoli come soggetti storici, capaci di compiere scelte e decisioni, o proteggendoli dall’eccesso di visibilità a cui sono sottoposti dai media. È lo stesso atteggiamento che con metodi diversi – più simili a quelli dell’attivismo politico e della partecipazione collettiva – inseguono artisti diversi come Pawel Althamer, Andrea Bowers, Tania Bruguera, Paulo Nazareth e Liu Xiaodong.

La ricerca di una dignità dell’immagine si accompagna anche, nell’opera di molti artisti di oggi, a una ricerca sulla funzione commemorativa e monumentale della scultura. Artisti come Adel Abdessemed, Kader Attia, Banu Cennetoğlu, Meschac Gaba, Thomas Schütte, Andra Ursuta e Danh Võ si confrontano con la tradizione del monumento funebre ripensandola in una chiave contemporanea. Molte delle opere in mostra appaiono instabili e fragili, accomunate da una strategia della precarietà: svuotati di ogni eccesso di sentimentalismo, questi nuovi monumenti sono invece investiti di un senso di indignazione più consono a una dimostrazione di strada o a un atto di guerriglia che a una commemorazione ufficiale.

Uno degli interrogativi centrali della mostra è il senso dell’immagine in crisi e della crisi: un’immagine essa stessa migrante, che cerca la verità nella crisi e che mette in crisi il concetto di verità come narrazione univoca e semplicistica. Quella che inseguono molti artisti contemporanei è un’immagine in movimento e un’immagine letteralmente commuovente. Diversi sono gli esempi di opere in mostra in cui gli artisti rappresentano il movimento e le migrazioni di merci, oggetti e forme attraverso confini e barriere, sia ideologiche sia economiche. Dalle opere di El Anatsui, Alighiero Boetti, Hassan Sharif e Mona Hatoum emerge una cartografia di scambi e relazioni globali in cui le opere d’arte sembrano replicare i traffici del commercio e dell’economia internazionale. La scelta dei materiali e delle tecniche di esecuzione, con la loro enfasi su oggetti e prodotti di massa spesso riciclati e sottoposti a processi di trasformazione e traduzione attraverso nazioni e contesti sociali diversi, mette in scena una sorta di mimesi dei meccanismi di produzione e distribuzione dell’industria globale con i suoi continui sconfinamenti e processi di delocalizzazione. Analoghe sono le preoccupazioni di artisti e collettivi come Šejla Kamerić, Forensic Oceanography o multiplicity, il cui lavoro racconta però non di merci ma di persone.

La Terra Inquieta è il racconto di uomini che attraversano confini e – assai più tristemente – la storia di confini che attraversano gli uomini. Ma soprattutto la mostra è un esercizio di empatia e un esperimento di comprensione e dialogo tra culture. Come ricorda la placca apposta alla base della Statua della Libertà – ritratta nel video di Steve McQueen che conclude l’esposizione – la madre degli esuli accoglie gli stanchi, i poveri, le masse infreddolite, gli scossi dalle tempeste e i rifiuti miserabili delle vostre spiagge.

La mostra La Terra Inquieta sarà accompagnata da un catalogo bilingue, italiano e inglese, a cura di Massimiliano Gioni. Il volume, pubblicato da Electa, raccoglierà testi monografici e approfondimenti su tutti gli artisti presenti in mostra e una raccolta di saggi e testi critici di Massimiliano Gioni, Tania Bruguera, Alessandro Dal Lago, T.J. Demos, Giusi Nicolini.

Il progetto grafico della mostra e dei prodotti editoriali è firmato da Christoph Radl.

La Terra Inquieta è realizzata con il sostegno di Fondazione Cariplo.
Si ringrazia SKY ARTE HD, che in qualità di media partner realizzerà una produzione originale per raccontare la mostra.
Si ringrazia infine Menabrea, in qualità di partner tecnico.

La Triennale di Milano and the Fondazione Nicola Trussardi present La Terra Inquieta (The Restless Earth), an exhibition curated by Massimiliano Gioni and co-produced by the Fondazione Nicola Trussardi and Fondazione Triennale di Milano, as part of the Visual Arts Program of the Triennale directed by Edoardo Bonaspetti.

The exhibition, which will be open to the public from April 28 to August 20, 2017, is the result of a partnership between two institutions whose missions have always centered on the present, exploring the ways in which the experimental and innovative languages of contemporary art and culture can express radical changes in our world.

La Terra Inquieta borrows its title from a collection of poems by Édouard Glissant, a Caribbean writer who probed the question of how different cultures can coexist. The exhibition shares in Glissant’s project—a pressing and necessary one that tries to describe this unstable and agitated present as a polyphony of voices and narratives. Through the works of more than sixty artists from thirty-nine countries—such as Albania, Algeria, Bangladesh, Egypt, Ghana, Iraq, Lebanon, Morocco, Syria, and Turkey—which fill the ground-floor gallery of the Triennale and continue to the floor above, this exhibition charts both experiences and perceptions of migration and the current refugee crisis as an epoch-making transformation that is reframing contemporary history, geography, and culture.

“La Terra Inquieta lets art take on the task of describing the changes, conflicts, and tensions that cause wars, mass migrations, and natural disasters,” says Clarice Pecori Giraldi, Vice President of La Triennale di Milano. “The Triennale, as a cultural institution keenly attuned to social changes, feels it must help tell this story, and reflect on the nameless multitudes that move ahead day after day in search of dignity. This exhibition, which is part of La Triennale di Milano’s Visual Arts Program, directed by Edoardo Bonaspetti, presents works by over sixty artists internationally which force us to look closely at our own aging world, and remember that not long ago, we were the ones crossing the seas in search of a new life and better opportunities.”

“The waves of migration touching every corner of our planet are a vital issue of our era" explains Beatrice Trussardi, President of the Fondazione Nicola Trussardi “one of the key themes around which global society must redefine itself. Hence the need to organize an exhibition like La Terra Inquieta, which takes a look at this issue filtered through the stories of the artists. Thinking about migration led us deep into the heart of a universal experience that links together men and women who come from different generations, religions, cultures, and places, but who are increasingly destined to coexist, sharing their stories, values, and lives. The goal of this exhibition is to convey at least some part of this experience to the public, so it can become a tool of knowledge, providing resources that aid the quest to find harmony between human beings. The fluid, constantly evolving identity of the Fondazione Trussardi has led us to adopt a new approach to tackling the same challenge we posed to ourselves at the outset of our adventure almost fifteen years ago: to describe the world around us by creating a space for shared reflection and a platform where individuals can make their own contributions to envisioning a new model for society."

Through installations, videos, documentary images, historical sources, and material artifacts, La Terra Inquieta explores real and imaginary geographies, reconstructing the odyssey of migrants through personal and collective tales of exodus inspired by varying degrees of urgency and longing. The exhibition revolves around a series of geographic and thematic lines of inquiry—the war in Syria, the state of emergency in Lampedusa, life in refugee camps, the figure of the nomad or stateless person, and Italian migration in the early 20th century—which intersect with works that serve as visual metaphors for conditions of mobility and precariousness.

Following the unequal and often exploitative exchanges of labor, commodities, and capital in our globalized economy, the exhibition attempts to trace a choral history of the multitudes of migrants who too often remain nameless. At the center of the exhibition is the video installation The Mapping Journey Project by Moroccan artist Bouchra Khalili: with disarming simplicity, the artist collected the stories of migrants who have traveled across entire continents seeking entry to Europe.
Juxtaposing art and reportage, La Terra Inquieta focuses in particular on how artists bear witness to historic events, and how art can address social and political change. Refusing the omniscient narratives of history and the media alike, many artists in the exhibition approach image-making from a personal perspective. The resulting works combine the traditional modes of journalism and documentary with narrative techniques akin to those used in literature, autobiography, and fiction. It is through this clash between dissonant forms of storytelling that many artists bring an element of doubt and critique into the image-based language of the mass media, revealing a new faith in art’s duty to describe and transform the world. Rather than just creating images of conflict, their images provide a space for the exchange of multiple viewpoints and narratives.

Together, these stories—poised between historical epic and real-time diary—yield a vision of art as lyrical reportage, sentimental documentary, and vivid, vital testimony. We find examples of this approach in works by John Akomfrah, Yto Barrada, Isaac Julien, Yasmine Kabir, and Steve McQueen, among others, which address specific events as metaphorical readings of broader historical crises. In these works, the very notion of indeterminacy is transformed into a narrative method that engages analytical and critical functions.

La Terra Inquieta sparks reflection on the right to one’s own image, another key theme addressed by many contemporary artists whose work takes on mainstream portrayals of global migration and the refugee crisis. Grappling with a public image that is shaped by sensationalist media, many artists of our time seek new ways of depicting migrants without falling into the media pitfalls of staging or spectacularizing tragedy and trauma. The oblique gaze of the photos by Yto Barrada, the elided details in the videos by Mounira Al Solh, or the grotesque transformations in the drawings and animations by Rokni Haerizadeh, are just a few examples—along with the refugee portrayed by Phil Collins—of how artists refuse to aestheticize suffering and instead work to restore the dignity of migrants by portraying them as historical agents or shielding them from the hyper visibility to which they have been subjected. This attitude, coupled with methods drawn from political activism and collective participation, can also be found in artists as diverse as Pawel Althamer, Andrea Bowers, Tania Bruguera, Paulo Nazareth, and Liu Xiaodong.

In the work of many contemporary artists, the quest for dignity in images is accompanied by an investigation of sculpture and its commemorative function. Artists Adel Abdessemed, Kader Attia, Banu Cennetoğlu, Meschac Gaba, Thomas Schütte, Andra Ursuta, and Danh Võ engage the tradition of the funerary monument from a contemporary standpoint. Many of the works on view seem unstable and fragile, embracing a strategy of precariousness: stripped of all excesses of sentimentality, these new monuments are instead charged with a sense of indignation.

One of the key questions in the exhibition is the function of images in a time of crisis. In the work of many contemporary artists, as art historian T.J. Demos has observed, the image itself becomes “migrant,” seeking truth in crisis while fomenting crisis in the concept of truth as a single, simplistic narrative. Many of the works in the exhibition depict the movement and migration of commodities across borders and barriers, whether ideological or economic. The projects by El Anatsui, Alighiero Boetti, Hassan Sharif, and Mona Hatoum form an atlas of global connections and interactions where art seems to replicate the traffic of goods in the international economy. In these works, the choice of materials and techniques—with their emphasis on mass-produced objects that are recycled or transformed as they move between countries and social contexts—seems to mimic the production, distribution, and outsourcing mechanisms of global industry. Similar issues concern artist Šejla Kamerić and the research groups Forensic Oceanography and multiplicity, who study the movement of people across borders.

La Terra Inquieta is the story of humanity crossing borders and—more tragically—of borders crossing humanity. But above all, it is an exercise in empathy and an experiment in cross-cultural dialogue and understanding, which becomes more relevant as Italy stands at the epicenter of the refugee crisis. As we are reminded by the words of Emma Lazarus at the base of the Statue of Liberty—seen in the video by Steve McQueen, which closes the exhibition—the mother of exiles welcomes the tired, the poor, the huddled masses, the tempest-tossed, and the wretched refuse of a teeming shore.

The exhibition La Terra Inquieta will be accompanied by a bilingual catalogue in Italian and English, edited by Massimiliano Gioni. This volume, published by Electa, will bring together monographic texts on all the artists in the exhibition, and a collection of essays and critical texts by Tania Bruguera, Alessandro Dal Lago, T.J. Demos, Massimiliano Gioni, and Giusi Nicolini.

The graphic design for the exhibition and publications is by Christoph Radl.

La Terra Inquieta is made possible by support from Fondazione Cariplo.
Special thanks to media partner SKY ARTE HD, which will produce an original piece describing the exhibition.
Thanks to Menabrea, technical partner of the exhibition.