La stanza dell’odio #2 – Ciriaco Campus

Informazioni Evento

Luogo
BY LIFE - LUOGO DI PRODUZIONE ARTISTICA
via degli Orti D’Alibert 7b, Roma, Italia
Date
Dal al

dal lunedì-venerdì, ore 16.00-19.00 (o su appuntamento +39 339 3768353, [email protected])

Vernissage
06/03/2020

ore 18

Artisti
Ciriaco Campus
Curatori
Antonello Tolve
Generi
arte contemporanea, personale
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La stanza dell’odio #2, il secondo appuntamento del doppio progetto site specific realizzato da Ciriaco Campus in via degli Orti D’Alibert 7b.

Comunicato stampa

By Life | luogo di produzione artistica di Roma, in collaborazione con la Fondazione Filiberto e Bianca Menna e il LARS - Laboratorio Romano di Semiotica, è lieto di annunciare La stanza dell’odio #2, il secondo appuntamento del doppio progetto site specific realizzato da Ciriaco Campus in via degli Orti D’Alibert 7b, che si terrà venerdì 06 marzo 2020 alle ore 18.00 e che sarà visitabile fino al 30 marzo 2020.

Dopo un primo appuntamento più strettamente legato al plagio mentale, a un dominio che porta il telespettatore (condizionato, lobotomizzato, devitalizzato) a emulare l’ultraviolenza assorbita da una sorta di cura Ludovico – quella raccontata da Anthony Burgess nel suo A Clockwork Orange del 1962 ma resa celebre da Kubrick nel decennio successivo – anche se invertita e dunque non legata alla terapia dell’avversione bensì dell’imitazione, Ciriaco Campus propone una nuova installazione che si nutre di intolleranza, di insofferenza, di ordinario settarismo.
Centrale in questa nuova occasione è l’insulto, la gogna mediatica, l’omicidio verbale, il linguaggio di strada che si riversa o nasce nella rete (e della rete si alimenta) per entrare in un circuito incontrollabile e rabbioso, in un circolo mediale dove la parola parlata lascia il posto alla scrittura scritta per ampliarsi e amplificarsi.
Partendo da una presa diretta delle parolacce, delle ingiurie, delle offese, degli oltraggi, delle bestemmie e delle aggressioni psicolinguistiche che invadono e nutrono appunto i social-network, Campus crea un catalogo di cattiverie e trivialità e volgarità quotidiane, riprodotte su fogli di cartone screpolati e schiacciati, trattati con l’acqua per evidenziare uno spostamento metaforico del materiale da un livello seriale e industriale a uno più marcatamente artigianale che implica il ritorno all’unicità.
Se da una parte l’artista si immerge nelle reti sociali virtuali per estrapolare locuzioni (tra queste bloody hell, go fuck yourself bastard, piece of shit, piss off o i’ll kick your ass) trascritte sulla superficie mediante l’utilizzo di maschere normografiche, ma senza ricorrere all’uso dello spray poiché le lettere sono riportate a mano, con pennello, dall’altra predispone una formalizzazione riflessiva che non solo richiama alla memoria un percorso a ritroso sulle ventiduemilacinquecento ricette (Tavoli d’Italia e Viandante in un mare di cibo, 2007), sui Pani di cartone (2016) e sulle millecinquecento immagini schiacciate da una telepressa (La pressa, 2007-2010-2011), ma stabilisce anche importanti pause riflessive, ritorni a una manualità – a un lavoro certosino, amanuense – che implica scali, attese, intervalli meditativi.
Con questo progetto ad accogliere il pubblico è un ampio organismo plastico dove pile di cartoni finemente ordinati su muraletti in legno si sono collocate al centro dello spazio espositivo come una sorta di deposito linguistico che attende di essere conservato e classificato in una fantomatica biblioteca universale che raccoglie al suo interno, oltre al sapere, diversi codici e espressioni idiomatiche, anche le tipologie che non lesinano le scurrilità e le portualità nate negli ultimi vent’anni, nell’epoca nell’analfabetismo strumentale.

«Gli insulti sottolineano il malessere sempre più presente nella società» avvisa l’artista, «interrompono in modo brusco ogni tipo di relazione tra le persone, ribadiscono la fragilità-debolezza della comunicazione comune rispetto all'urto violento dell'insulto stesso».

* Concepita nel 1997, By Life è la finta azienda (culturale, umanitaria, ecopolitica) con cui Ciriaco Campus ha analizzato le pratiche del consumo, della finta solidarietà umana, della vetrinizzazione totale nell’epoca del qualunquismo planetario.