La ricerca del bello. Dipinti dal XIV al XIX secolo

Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA ARTE+FONDANTICO
Via de’ Pepoli, 6/E , Bologna, Italia
Date
Dal al

dal lunedì al sabato: 10.00-13.00/16.00-19.00

Vernissage
27/10/2018

ore 17

Generi
arte antica
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È con la consueta passione e consolidata esperienza di oltre trent’anni di attività che la Galleria d’Arte Fondantico di Tiziana Sassoli organizza nella nobile sede di Casa Pepoli Bentivoglio (Via de’ Pepoli 6/E, Bologna) il ventiseiesimo “Incontro con la pittura”, intitolato La ricerca del bello. Dipinti dal XIV al XIX secolo, tradizionale mostra autunnale dove saranno esposti circa trenta dipinti dal Trecento al primo Ottocento eseguiti da importanti maestri emiliani o attivi in Emilia.

Comunicato stampa

È con la consueta passione e consolidata esperienza di oltre trent’anni di attività che la Galleria d’Arte Fondantico di Tiziana Sassoli organizza nella nobile sede di Casa Pepoli Bentivoglio (Via de’ Pepoli 6/E, Bologna) il ventiseiesimo “Incontro con la pittura”, intitolato La ricerca del bello. Dipinti dal XIV al XIX secolo, tradizionale mostra autunnale dove saranno esposti circa trenta dipinti dal Trecento al primo Ottocento eseguiti da importanti maestri emiliani o attivi in Emilia.
Una riflessione preliminare e qualche traccia per accompagnare il visitatore lungo una mostra che, come di consueto per gli appuntamenti di Fondantico, è assai ricca e articolata. Partiamo dal titolo. La “ricerca del bello” costituisce l’aspetto caratterizzante del fare arte, che non mira soltanto all’utile ma aspira a qualcosa di più pregiato ed esteticamente importante. Gli esempi raccolti in questa mostra tracciano un itinerario in cui, col variare delle epoche e del gusto, il bello rappresenta un’aspirazione costante, anche se perseguita in modi sempre diversi.
Il tono burbero conviene all’Apostolo Andrea, ma Simone di Filippo, uno tra i seguaci più personali di Vitale da Bologna, si sente in dovere di forzarlo al limite della caricatura. La grande novità che segna il passaggio dal XV al XVI secolo è invece la riscoperta della natura. La luce del tramonto in cui il ferrarese Michele Coltellini immerge la scena dell’Orazione nell’orto aggiunge un patetismo particolare alle forme e accorda la tristezza di Gesù, lasciato solo dai suoi apostoli ad attendere il supplizio che lo aspetta, a quella dell’ora, che fa brillare per l’ultima volta i colori del paesaggio prima che siano inghiottiti dalla notte. La valenza misteriosa della natura è l’argomento di cui si serve anche Filippo da Verona per rinnovare un tema canonico della pittura devozionale, come la Madonna col Bambino.
Riprendendo i modi esibitamente michelangioleschi del fratello Pellegrino, Domenico Tibaldi si studia di restituire in modo gradevole due complessi episodi della vita di San Paolo: in uno dei due l’indovino Agabo presente oscuramente la prossima cattura del santo e, legandosi le gambe, l’annuncia agli astanti sbigottiti.
Al secondo dei Carracci erano un tempo riferiti alcuni piccoli dipinti su rame, di esecuzione chiaramente tardo-cinquecentesca, per i quali la critica propone ora il nome di Francesco Cavazzoni, noto soprattutto come storiografo. Il riposo durante la fuga in Egitto qui esposto è un buon esempio della verve disincantata con cui egli affronta gli episodi della storia sacra, sfruttando abilmente la lucentezza del supporto metallico. Dal canto suo Camillo Procaccini, esponente di un’altra famiglia di artisti la cui fama fa grande Bologna, unisce al moderato michelangiolismo della figura di San Girolamo un senso costruttivo del paesaggio, che gli consente di inserire nella raffigurazione anche la scena della caduta di San Paolo, al quale il committente doveva essere devoto.
Dopo una Sacra famiglia del parmense Sisto Badalocchi, allievo a Roma di Annibale Carracci, la selezione presentata in mostra illustra soprattutto il filone classicista del grande Seicento bolognese, che ha il suo nume in Guido Reni. Così Giovanni Francesco Gessi, Simone Cantarini – di cui si espone un intenso Ritratto di giovane –, Pierfrancesco Cittadini, Elisabetta Sirani e ancora Lorenzo Pasinelli proseguono il suo ideale di una bellezza decantata e aristocratica. Datato 1659 e registrato sotto la stessa data nel libro di conti della Sirani, il San Giovanni Battista, così morbidamente femmineo nelle forme adolescenziali, ne costituisce senza dubbio un apice e in quanto tale è ben noto agli studi, avendo anche figurato alla monografica tenuta a Bologna nel 2004.
I frequentatori delle mostre di Fondantico ricorderanno la composizione della teletta con Mercurio che protegge Ulisse dalla maga Circe di Cittadini per aver visto il quadro finito, presentato nel 2009, mentre ora se ne espone il modello preparatorio. Anche il meraviglioso Amore disarmato dalle ninfe di Diana di Pasinelli ripete con molte varianti un soggetto proposto in quadro ora di proprietà BPER. A fare da ponte col secolo successivo, tra estenuate eleganze di stesura e forti ricuperi carracceschi, si pone poi Domenico Maria Viani, un artista tutto da rivalutare e autore in questo caso di un prezioso rame con l’Immacolata Concezione.
Il Settecento felsineo è rappresentato nelle sue diverse inflessioni: classicista, naturalista e rocaille. A un capolavoro di Marcantonio Franceschini (La Musica) si affiancano così un bozzetto in cui Giuseppe Maria Crespi ha studiato simultaneamente due delle quattro tele dedicate alla Divina Paternità tuttora nella chiesa bolognese di San Paolo Maggiore (circa 1730) e una tela con Re David di Nicola Bertuzzi.
Volgendosi indietro con inquietudine pre-romantica, l’alessandrino ma emiliano d’adozione Felice Giani restituisce in un corsivo dipinto, a metà tra studio grafico e quadro finito, il celebre Ritratto di Giovanna d’Aragona di Raffaello ora al Louvre, e ne rilegge il maturo classicismo secondo un gusto troubadour ma con freschezza di tratto quasi pompeiana.
La mostra si rivelerà come sempre un appuntamento imperdibile per collezionisti, studiosi e appassionati di pittura antica, che da oltre 25 anni seguono le mostre organizzate dalla Galleria d’Arte Fondantico di Bologna. Il percorso dell’esposizione è accompagnato da un testo critico del professor Daniele Benati dell’Università di Bologna.