Incontro con William Kentridge
L’artista sudafricano, intervistato da Carlos Basualdo Curator at Large MAXXI Arte, racconterà alcuni dei suoi lavori, la sua poetica e visione dell’arte. Kentridge visitando il MAXXI ha dichiarato: “è molto bello passeggiare nelle gallerie del MAXXI, con i binari del soffitto che sembrano indicare un percorso. In questi spazi si genera un dialogo tra i diversi lavori. Sono molto contento che alcune mie opere siano nella collezione del museo.”
Comunicato stampa
Roma, 26 maggio 2011. William Kentridge poliedrico artista, filmmaker e regista teatrale celebrato dai maggiori musei e istituzioni internazionali, torna al MAXXI per incontrare il pubblico del museo. venerdì 27 maggio alle ore 19.00, l’artista sudafricano, intervistato da Carlos Basualdo Curator at Large MAXXI Arte, racconterà alcuni dei suoi lavori, la sua poetica e visione dell’arte.
Kentridge visitando il MAXXI ha dichiarato: “è molto bello passeggiare nelle gallerie del MAXXI, con i binari del soffitto che sembrano indicare un percorso. In questi spazi si genera un dialogo tra i diversi lavori. Sono molto contento che alcune mie opere siano nella collezione del museo.”
Nella collezione del MAXXI sono presenti sei lavori di Kentridge: l’arazzo North Pole Map (2003), il teatrino/installazione Preparing the flute (2004-2005), il disegno Flagellant (1996 – 97), il carboncino Cemetery with cypresses (1998 - drawing from Il ritorno di Ulisse), Untitled (large drawing – standing man, 2001), e il video Zeno writing (2002).
William Kentridge è nato a Johannesburg nel 1955, dove vive e lavora. E’ un artista che si muove come un moderno cantastorie; utilizzando mezzi e forme espressive tradizionali come carboncino e pastello, gouache, incisione, il teatro d’ombre e l’anamorfosi, racconta l’attualità, soprattutto quella del suo Sudafrica, ma le sue immagini sensibili da visionario acquistano un significato universale. A partire dai disegni, Kentridge realizza cortometraggi d’animazione e videoinstallazioni, che evocano però le antiche lanterne magiche più che i moderni effetti speciali. Il teatro di ombre è uno degli elementi ricorrenti nell’opera di Kentridge, quasi che proprio le ombre, così mobili ed effimere, possano rivelare la natura profonda e autentica della realtà. Ricorrente anche l’idea di disegnare su fogli di vecchi libri e di inglobare nelle immagini segni grafici, come a rendere tangibile la sensazione d’immagini e di pensieri che emergono da uno specifico retroterra, fatto di conoscenze e di pensieri individuali. Energia espressiva, forza simbolica e poesia connotano da sempre l’opera di questo artista.