In Process

Il ciclo “Work in Process”, inteso sia come ‘lavoro in corso’ che come ‘opera concettuale processuale’, documenta l’attività ed il focus della galleria, dando il titolo alla pubblicazione che ne traccia l’evoluzione.
Comunicato stampa
In Process: Stanislao Di Giugno, Paula Doepfner, Pietro Fortuna, Laura Gianetti, Cyrill Lachauer, Hanne Lippard, Roberto Pietrosanti, David Prytz, Yorgos Stamkopoulos, Sebastian Stumpf
08.05 - 07.06.2025
Inaugurazione 08.05 - ore 18
La Galleria Mario Iannelli è lieta di annunciare la partecipazione al programma di Contemporanea - Gallery Weekend di Roma, dal 9 all’11 Maggio 2025, durante il quale sarà visibile la mostra collettiva “In Process” che espone nuovi lavori di Paula Doepfner, Pietro Fortuna, Laura Gianetti, Cyrill Lachauer, Hanne Lippard, Roberto Pietrosanti, David Prytz, Yorgos Stamkopoulos e Sebastian Stumpf.
Il ciclo “Work in Process”, inteso sia come 'lavoro in corso' che come 'opera concettuale processuale', documenta l’attività ed il focus della galleria, dando il titolo alla pubblicazione che ne traccia l’evoluzione.
Precedenti pubblicazioni sono state “Work in process”, CURA. books, 2021 e “Work in process II”, 2023.
Nel contesto del progetto espositivo “In Process”, il processo emerge come elemento generativo, esplorando il significato delle opere e le loro interazioni.
Precedenti mostre sono state: “In Process: Paula Doepfner / Daniel Lergon” (2021) e “In Process: Felix Kiessling, Philip Topolovac, Sarah Ancelle Schönfeld. An exhibition in three parts” (2022).
Le interazioni tra le opere si incontrano su temi e media quali la realtà e l’astrazione, la scultura e il movimento, la fotografia e la filosofia, la natura e la tecnica, la performance e la scrittura, l’astrazione pittorica e geometrica, la verticalità e il flusso.
Stanislao Di Giugno
Nella sua ricerca pittorica, Stanislao Di Giugno si confronta con la pittura nello spazio attraverso opere site-specific che consistono in barre metalliche dipinte.
Nel suo processo di lavoro, le opere sono spesso fasi temporali che costituiscono un’insieme che emergono sovrapponendosi in un “glitch” astratto e materiale. Tale approccio è sperimentato anche con altri media, quali il collage e la manipolazioni di oggetti.
In mostra è esposta una barra di alluminio dipinta con una sfumatura, elemento stilistico costante, che in questo contesto pittorico-oggettuale ha l’effetto di una luce al neon, mentre nelle opere su tela è protagonista di varie configurazioni spaziali e luminose.
Paula Doepfner
Nella ricerca artistica di Paula Doepfner il media è in funzione del concetto. Le opere su carta giapponese in cui inserisce testi poetici, neuro-scientifici o di trattati istituzionali, piante e pigmenti sono connesse alle installazioni in cui testi e piante si sciolgono dal ghiaccio e alle opere realizzate con grandi lastre di vetro blindato incrinato in cui pittura e materiali organici si fondono.
La posizione artistica di Paula Doepfner si rapporta alla scienza per evidenziare lo stretto rapporto tra mente umana e natura. I suoi disegni partono da schizzi del cervello realizzati durante operazioni presso l’Ospedale Charitè di Berlino e da cellule neurali giungono a complesse e stratificate cartografie della mente in movimento.
Attraverso la trasparenza dei processi naturali e della scrittura le sue opere pongono di fronte alla coscienza della correlazione tra i processi naturali e culturali e colgono momenti di consapevolezza e trasformazione che sono riflessi nei titoli spesso tratti da liriche e canzoni.
In mostra “Where have you been so long, I” (2025, vetro incrinato, acquarello, pigmento) e un disegno di testi su carta (“There’s a long-distance train rolling through the rain" Titolo da: Where Are You Tonight? (Journey Through Dark Heat) by Bob Dylan; Testo: Paul Celan “Engführung” (“Stretto”), 2025, 2025, inchiostro su carta Gampi).
Pietro Fortuna
La filosofia del processo pertiene alla ricerca di Pietro Fortuna in quanto la sua opera porta in essere un evento.
Nell’opera in mostra “Scultura con due biglie” (2024), un blocco d’argilla ospita due biglie in cavità ricavate appositamente. Nella scultura classica l’opera è dentro il blocco d’argilla che lo scultore porta in essere plasmando, mentre quella di Fortuna presenta l’argilla grezza indurita che è lavorata per rotture similmente ad una pietra, apparendovi inoltre anche d’aspetto.
Il blocco d’argilla non è solo il punto di partenza, ma parte integrante del processo, e la scultura emerge da un’azione che include non solo la creazione ma anche una sorta di rottura, che rimanda a un atto di scoprire o rivelare. Le biglie incastonate nelle cavità sembrano simboleggiare degli "eventi" o momenti di realtà, come se l’opera fosse una sorta di testimonianza della realtà stessa, nella sua essenza e nel suo divenire, che si manifesta nel continuo interagire con il mondo e con il materiale stesso.
D’altra parte, il suo processo di lavoro, visibile nella seconda opera in mostra, procede in alcune opere fotografiche per sovrapposizioni spazio-temporali che integrano diversi suoi lavori e disegni.
Laura Gianetti
La ricerca di Laura Gianetti che si fonda sullo studio della natura e sulla biologia affronta in queste opere temi quali la crisi climatica e il re-wilding, indagando sugli effetti distruttivi dell’azione umana e sulle possibilità rigenerative dei sistemi ecologici.
Nel suo nuovo ciclo di sculture, calchi in resina di solidi platonici sono assemblati a materiali organici.
Le forme perfette, simboli degli elementi della terra, ritornano non come modelli astratti, ma come ricettacoli del mondo sensibile: corpi trasparenti che trattengono al loro interno frammenti di natura ferita, nidi di creature alate, legni arsi dal fuoco, foglie d’oro che tentano una guarigione.
Ogni solido si fa piccolo cosmo, contenitore di relazioni invisibili tra l’idea e la materia, tra forma e disordine, tra l’essere umano e ciò che vive oltre di lui.
Parallelamente in un’altra serie, calchi in gesso del corpo umano sono dipinti e coperti da muschi e sono contenuti in teche di resina e di vetro che assomigliano a reliquie.
Cyrill Lachauer
Nell’opera fotografica e filmica di Cyrill Lachauer, rappresentata nella sua “trilogia americana”, le immagini hanno una sequenza narrativa non lineare in cui la singola immagine appare come una traccia. In alcune opere concettuali non narrative e non documentative, utilizza lo spettro cromatico e la tecnica della serigrafia.
La nuova opera in mostra consiste in un’elaborazione fotografica creata da una serie di sette opere serigrafiche che hanno come soggetto immagini di cime di ghiacciai prese da libri, su cui sono posti in verticale sette punti di differenti colori dello spettro come se fossero i “chakra”.
In queste opere, lo spettro cromatico visualizza una cura che consiste nella presa di coscienza di una condizione che sta per svanire da una parte e nell’instaurazione di un rapporto interconnesso con la natura dall’altra.
Di prossima uscita in autunno, “Slack”, terzo capitolo della sua opera realizzata negli Stati Uniti, un lungometraggio realizzato sui treni merci il cui genere oscilla tra documentario artistico e film d’essai, lungometraggio e film sperimentale.
Hanne Lippard
Partendo dalla scrittura, Hanne Lippard esprime la sua ricerca artistica basata sul linguaggio attraverso diversi media quali l’installazione sonora e visuale, la performance vocale e la poesia visiva.
Il media della scrittura evolve in spazi di ascolto e di transito, sviluppando inedite dinamiche comunicative, critiche e narrative.
La sua pratica di destrutturazione e riattivazione del linguaggio orale e scritto ridisegna parallelamente i contorni di quello privato e pubblico.
Sulla scorta di lunga tradizione che va dai calembours di Duchamp alla poesia concreta, Lippard compone testi usando frammenti della vita quotidiana, presi da libri o dai media, con una scrittura che sfida il linguaggio della tecnica.
La nuova opera in mostra consiste in una stampa per un tatuaggio temporaneo delle frasi “a sign, a meaning / assign meaning” tratto dalla composizione “sky”, in cui è ripetuto in loop. La sentenza scelta riflette la natura concettuale e processuale dell’opera, l’interazione tra il significato e il significante e tra il materiale e l’immateriale.
Roberto Pietrosanti
La ricerca di Pietrosanti è interessata alla potenzialità della materia in atto.
Nelle serie “Codici” in mostra, immagini prospettiche di quadri della storia dell’arte sono trasformate in opere realizzate con fili di cotone tesi orizzontalmente sul telaio.
Sia l’immagine che la tela, piano di raffigurazione dell’immagine rinascimentale, sono de-costruiti attraverso la scomposizione del colore e l’azzeramento della forma.
La relatività del supporto tela viene accentuato dalla sottile consistenza del filo e l’immagine acquisisce un carattere fluttuante.
In altre sue opere bidimensionali il filo passa attraverso spilli disegnando figure che trovano una loro profondità nello spazio bianco solo attraverso le connessioni fra i suoi punti.
Nel progetto “Non avere timore” (Roberto Pietrosanti in collaborazione con Giovanni Lindo Ferretti, fotografia Leonardo Aquilino”, 2014) ha realizzato opere con filo e spilli inseriti per rappresentare l’anatomia di una voce.
Nella dimensione aggettante delle opere bidimensionali (“Superfici”) e in quella scultorea (“Sfere”) le sue opere presentano una compresenza di piani che come quanti di materia attraversano lo spazio e costruiscono l’immagine plastica monocroma.
Alla de-costruzione corrisponde un proporzionale lavoro costruttivo che assume una complessità sempre più elevata nei lavori ambientali.
David Prytz
David Prytz ha recentemente presentato con Felix Kiessling la mostra “T I M E” che ha celebrato i dieci anni della galleria con un’installazione che attraverso il suono e la luce ha rappresentato un tempo cosmologico.
Nei suoi lavori quali “Tabula rasa”, “When the bridge ends, the satellite begins”, “Exocenter”, David Prytz realizza sculture ed ambienti che intrecciano le dinamiche del cosmo con quelle quotidiane assemblando materiali grezzi animati da movimenti cinetici, minerali fusi (“Dumb Alchemy”) e disegni geometrici (“Literal Geometry”).
L’opera in mostra fa parte di una serie realizzate con diversi materiali e tecniche quali plexiglass fusi, barre di metallo piegate, garze, foglie, tubi di plastica, pigmenti, pezzi di pietre e di legni assemblati per creare delle forme organiche in trasformazione, che sono sospese per evidenziare il loro funzionamento, potenzialmente mosse dall’aria, quando non sono animate da motori come negli ambienti.
Yorgos Stamkopoulos
Nelle sue recenti opere su carta, Yorgos Stamkopoulos aggiunge in maniera centrale il colore al gesto, caratterizzante una sua precedente fase di ricerca pittorica su carta, coeva al progetto Trajectory realizzato in galleria nel 2017. Sia il colore che il gesto si relazionano in maniera dinamica alla percezione dell’osservatore.
Questo incontro e quasi nascita dell’opera avviene grazie a diversi elementi, quali la sovrapposizione di piani verticali e orizzontali, nelle loro congiunzioni e negli attraversamenti, nei grovigli e nei segni isolati luminosi, nei processi materici di diluizione e di sfumatura cromatica, nel segno graffiante e nello stesso tempo leggero e fluente, nei contrappunti pittorici e nei rimbalzi del colore nello spazio. Diversi sono ad esempio i registri pittorici di un punto: l’impronta, la goccia, l’ombra, la macchia, il caso. L’insieme che sembra sfaldarsi si offre allo sguardo in maniera diretta e spregiudicata.
Lo spazio astratto così individuato è composto da spazi lasciati bianchi, che nella ricerca dell’artista si strutturano come strappi, eredi di una tradizione informale, diventati progressivamente delle tracce vive, relazioni polimorfe all’interno dello spazio che esprimono le possibilità del vedere tra i processi nel flusso totale.
Questi lavori su carta sono stati concepiti come “preparativi” per opere pittoriche su tela ed assumono nello stesso tempo al valore di opera autonoma.
Sebastian Stumpf
Sebastian Stumpf ha recentemente presentato il progetto “Certain Peaks”, in cui si è confrontato con lo spazio della galleria e il paesaggio storico e urbano di Roma. Le azioni di Sebastian Stumpf esplorano la relazione del corpo con gli spazi pubblici, artistici e istituzionali, mettendo in discussione la percezione dell’osservatore con gesti specifici e l’immaginazione del luogo performato.
L’opera esposta si relaziona al concetto della mostra “In Process” evidenziando il carattere performativo del lavoro di Stumpf, che realizza diverse azioni nel paesaggio che sono poi rappresentate in in un’opera video o in serie fotografiche.
Nella serie “Fences” in mostra, realizzata a Los Angeles nel 2017, la figura di Stumpf è in verticale sopra alle recinzioni urbane, rapportandosi all’ambiente circostante attraverso la sua presenza e le sue visioni che possono essere ravvicinate ed estese, contro e dentro.
Le figure sospese assumono diverse sfumature di uncanny in confronto alla natura e alle architetture moderniste, al giorno e alla notte.
Biografie degli Artisti
Stanislao Di Giugno (1969, Roma) vive e lavora a Roma.
Recenti mostre personali e collettive: “Temporary statement”, Galleria Tiziana Di Caro - AOCF 58, Roma, “Un presente indicativo. Posizioni e prospettive dell’arte contemporanea a Roma”, Galleria Nazionale, Roma, 2023; “Unmaking”, Galleria Mario Iannelli, Roma, 2023; “Stanislao Di Giugno / Bernd Ribbeck”, Fondazione Filiberto e Bianca Menna, Roma, 2021-2022; “Trentuno fughe e alcuni dettagli”, Galleria Tiziana Di Caro, Napoli, mostra personale, 2021; “Quadreria”, Studio Sales, Roma, 2021, “Monochromes”, Galleria Mario Iannelli, Roma, 2019-2020.
Stanislao Di Giugno inizia il suo percorso artistico attraverso diversi linguaggi – dalla pittura figurativa al collage, dalle installazioni al video – per poi approdare alla pittura astratta, sintesi coerente della sua evoluzione espressiva. La sua ricerca ha sempre mirato a sovvertire la percezione della realtà, utilizzando oggetti quotidiani assemblati in forme astratte e creando opere che destabilizzano la logica visiva. Significativa è l’installazione Una certa distanza (2009), che riflette sullo spazio come elemento di separazione tra opera e spettatore.
Mostre in galleria: “Unmaking”, 2023, group exhibition; “Monochromes”, 2019-2020, group exhibition
Paula Doepfner (1980, Berlino, Germania) vive e lavora a Berlino.
Doepfner ha ricevuto numerosi premi e borse di studio, come l’EHF Stipend della Konrad-Adenauer-Stiftung (2021), l’Artist grant della Albert Koechlin Stiftung Luzern (2010), la borsa di studio Elsa Neumann Scholarship dallo Stato di Berlino (2008). Le sue opere sono state in mostra presso diverse istituzioni, con mostre personali alla Accademia Konrad-Adenauer-Stiftung di Berlino (2022), alla Fondazione St. Matthaus di Berlino (2019), al Kunstverein Reutlingen nel 2016 e al Goethe-Institut di Washington, DC (2015) e hanno partecipato a mostre collettive presso istituzioni quali l’Haus am Kleistpark nel 2021, Kunstsaele Berlin (2020, 2018), il Kunstforum presso la Technische Universität di Darmstadt (2017) e il Linden Centre for Contemporary Art di Melbourne (2013).
L’opera multimediale di Paula Doepfner comprende lavori testuali su carta, oggetti in vetro rinforzato, installazioni in vetro, ghiaccio e materiale organico, con l’aggiunta di performance sonore. I suoi disegni, realizzati con testi in miniatura scritti a mano su una carta giapponese sottile, si basano su disegni fatti durante l’osservazione di interventi chirurgici al cervello. I testi sono tratti dalla documentazione medica in tema di diritti umani e dalla ricerca neuro-scientifica e portano le tracce di fonti filosofiche e lirico-poetiche.
Recentemente, i suoi disegni sono entrati a far parte delle seguenti Collezioni: Kupferstichkabinett Berlin/ Berlin State Museums, Museum Kupferstich-Kabinett/ Dresden State Art Collections, Buch- und Schriftmuseum/ Deutsche Nationalbibliothek Leipzig, Konrad-Adenauer-Stiftung in Berlin, Kunstforum der TU Darmstadt and the Museum of Fine Arts Budapest.
Mostre in galleria: “Next Time I See You”, mostra personale, 2019; “Half my soul belongs to you”, mostra personale, 2021; “Took me way down to that red hot land”, mostra personale, 2022; “You Are What You Are”, mostra collettiva, 2016; “Fire in the mind”, mostra collettiva, 2019; “Gathering the unpredictable”, mostra collettiva, 2020; “Unmaking”, mostra collettiva, 2023; “Narrative Pieces”, mostra collettiva, 2023.
Pietro Fortuna (1950, Padova) vive e lavora a Villanova in Umbria dove recentemente ha trasferito il suo Archivio. Studia architettura e filosofia e ancora giovanissimo collabora a importanti realizzazioni sceniche per il San Carlo di Napoli, La Scala di Milano e la Fenice di Venezia. Nel 1977 si tiene la sua prima mostra personale alla galleria Cannaviello di Roma, poi è presente a Milano dal 1978 al 1983 con altre personali: da Luigi De Ambrogi, Luciano Inga-Pin e Massimo Minini. Si trasferisce per alcuni mesi a New York dove espone da Serra e Di Felice. Negli anni ‘80 è presente alla XVI Biennale di San Paolo, alla Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna, a Ville Arson a Nizza, al Kunstler House a Graz, al Frankfurter Kunstverein, alla XII Biennale di Parigi e in mostre quali “Italiana: nuova immagine” alla Pinacoteca Comunale di Ravenna e “Anni ’80” alla Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna. Si susseguono molte altre mostre in gallerie e musei internazionali come da Annina Nosei Gallery a New York, Otmar Triebold a Basilea, Montenay – Delsol a Parigi, Ville Arson a Nizza, Kunstler House a Graz e al Frankfurter Kunstverein. In Italia il suo lavoro è rappresentato dalla Galleria Giuliana de Crescenzo a Roma, Eva Menz e Ippolito Simonis a Torino e lo Studio Guenzani a Milano. Negli anni ’90 realizza nuovi cicli di opere con installazioni e lavori di grande formato con cui è presente al Palais de Glace di Buenos Aires, alla Galleria d’Arte Moderna di San Marino, al Museo d’Arte Moderna di Bogotà, alla Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, a Le Carré Musée Bonnat di Bayonne e al Museo Pecci di Prato, e in mostre quali “Cadenze” e “Italia-America, l’astrazione ridefinita”.
Nel 1996 fonda “Opera Paese” un luogo in cui s’incontrano importanti figure dell’arte, della musica e del pensiero, da Philip Glass a Jan Fabre, da Pistoletto a Carlo Sini, da Kounellis a Gija Kancheli.
Dal 2000 al 2006 seguono altre personali tra cui al Palazzo del Capitano del Popolo di Todi, alla Nuova Pesa e allo studio Stefania Miscetti di Roma. Inoltre partecipa a “Exempla II, arte italiana nella vicenda europea 1960-2000”, Pinacoteca Civica di Teramo e a “Enclave 1”, CAMEC, Centro per l’Arte Moderna e Contemporanea di La Spezia.
Negli anni più recenti seguono altre personali al Watertoren Centre for Contemporary Art di Vlissingen, alla XII Biennale Internazionale della Scultura di Carrara, al Tramway di Glasgow in cui avvia il ciclo “Glory”, alla Fondazione Morra di Napoli, al Macro di Roma, al Marca di Catanzaro, alla Quadriennale di Roma e alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Nel 2019 è al Parco della Murgia a Matera e nel 2020 per il ciclo “Geografico” è presente a Palazzo Landolina a Noto, alla Farm Cultural Park di Favara e al Teatro Garibaldi di Palermo. Seguono la partecipazione a Manifesta 13 nel 2020 a Marsiglia e la personale “Glory VI Au temps où nous n’étions pas des hommes” al BPS 22 di Charleroi nel 2023.
Mostre in galleria: “Over the noise”, 2024, mostra collettiva
Laura Gianetti (1980, Livorno) è un’artista, ricercatrice, fotoreporter, grafica e docente d’arte.
Ha studiato Scienze Naturali all'Università di Pisa e si è laureata in Pittura con un Master in Fotografia all'Accademia di Belle Arti di Roma nel 2008. Dopo la laurea si è trasferita a Berlino dove ha lavorato come artista visiva e fotoreporter per eventi artistici e musicali per più di 8 anni. Ha collaborato tra l'altro con Künstlerhaus Bethanien, Bpigs, Node Center for Curatorial Studies, CTM Festival, Grimmuseum, Factory Art, Month of Performance Art di Berlino, Sonic Acts Festival di Amsterdam, Museum of Contemporary Art di Roskilde.
Dai primi anni 2000 ha realizzato progetti artistici raccolti in collezioni private e pubblicati in riviste, giornali, libri, CD, dischi in vinile e video musicali.
Ha esposto in gallerie e musei tra cui il Palazzo delle Esposizioni, il Museo Hendrik C. Andersen, il Complesso Monumentale Sant'Andrea al Quirinale di Roma, il Grimmuseum di Berlino, la Galleria d'Arte Moderna alle Ciminiere di Catania (Premio Nazionale delle Arti) e l'Ancienne Quincaillerie van AA di Bruxelles, dove è stata premiata come miglior artista sotto i 35 anni.
Vive e lavora tra Roma e Livorno.
Mostre in galleria:
“Spazio. Photo-reportage di Roberto Apa e Laura Gianetti nella Galleria Mario Iannelli” (2023); “Work In Process”, CURA. BOOKS, presentazione del libro, 2021; “Work In Process II”, presentazione della pubblicazione, 2023 (reportage fotografico sul “Virginia Art Theatrum / Museo della Catastrofe” di Vettor Pisani)
Cyrill Lachauer (1979, Rosenheim, Germania) vive a Berlino.
Lachauer ha studiato regia, etnologia e arte a Monaco e Berlino. Nel 2011 ha fondato insieme ad altri colleghi l’etichetta Flipping the Coin.
Ha ricevuto numerose borse di studio e premi tra cui recentemente Medienboard Berlin-Brandenburg, Pollock-Krasner Foundation Grant, New York, Accademia Tedesca Villa Massimo (Premio Roma 2020/21).
Recenti mostre personali sono state organizzate dalla Goetz Collection, Monaco, dalla Haus der Kunst, Monaco, Berlinische Galerie, Berlino, Video Art At Midnight, Berlino, Forum Alte Post, Museum, Pirmasens, Deutsches Auswandererhaus - German Emigration Center, Bremerhaven, Museum Villa Stuck, Monaco, Konrad-Adenauer-Stiftung, Berlin, Villa Aurora, Los Angeles, artothek – Raum für junge Kunst, Cologne.
I suoi “narrative landscapes" invitano ad una differente lettura del paesaggio e del concetto di confine all’interno di una ricerca antropologico-estetica sulla crisi della società occidentale, in particolare quella americana osservata nella sua “Trilogia Americana” (“Full service. From Walker River to Wounded Knee”, 2012-2014 e “The Adventures of a White Middle Class Man. From Black Hawk to Mother Leafy Anderson”, 2016/2017, esposti nella mostra personale “When you smell the smoke on your skin, the fire’s long gone” presso la galleria). Nei suoi recenti viaggi in America (il terzo capitolo dal titolo “Slack”, esposto nella mostra collettiva “Over the noise” presso la galleria) indaga sulla figura dell’errante inteso come un’ideale di resistenza ed uno stato che rende possibile narrative al di fuori delle tradizionali forme di fare mondo.
Il suo originale stile narrativo non è definibile in una categoria essendo un lavoro unico in cui convergono fotografia, video, letteratura ed opere sonore in collaborazione con musicisti.
Mostre in galleria: “When you smell the smoke on your skin, the fire’s long gone”, 2019, mostra personale; “resonance”, 2019, mostra collettiva; “Narrative Pieces”, mostra collettiva, 2023; “Over the noise”, mostra collettiva, 2024.
Hanne Lippard (Nor/Ger, 1984 Milton Keynes UK) vive e lavora a Berlino.
E’ attualmente in residenza presso l’Accademia Tedesca di Villa Massimo (Premio Roma 2024-25).
Il lavoro di Lippard si muove tra parola scritta e parlata e si esprime tramite una varietà di discipline e media, in particolare installazioni sonore e performance. Tra le sue performance e mostre più recenti figurano: The Myths and Realities of Achieving Financial Independence al CCA Berlino (2022), Le langage est une peau al FRAC Lorraine a Metz (2021), Contact, Mood, Share al Museo d’arte contemporanea di Anversa (2021), X al Frac des Pays de la Loire a Carquefou (2020), RIBOCA2 alla Biennale di Riga (2020), ART 4 ALL all’Hamburger Bahnhof (2020), Our present al Museo d’arte contemporanea di Siegen (2020), Parades for FIAC al Palais de la Découverte (2019), Art Night London (2019), Goethe in the Skyways a Minneapolis (2019), There Is Fiction in the Space Between al n.b.k. a Berlino (2019), Nam June Paik Award 2018 al Westfälischer Kunstverein di Münster (2018), Ulyd al Kunsthall Stavanger e al FriArt a Fribourg (2018). Nel 2024 Lippard riceve il Premio della Nationalgalerie.
Roberto Pietrosanti (1967, L’Aquila) vive a lavora a Roma dove si trasferisce alla fine degli anni Ottanta e da cui inizia la sua fitta attività espositiva in Italia e all’estero, tra cui Parigi, New York, Londra, Madrid.
La sua ricerca pittorica monocromatica ragiona sulla de-costruzione dei concetti spaziali per volgere lo sguardo al complesso architettonico, realizzando opere monumentali, opere-ambiente ed installazioni site specific in mostre come “Monocromos. Da Malevic al presente” al Centro de Arte Contemporanea Reina Sofia, Madrid, “Confines” al Museo IVAM di Valencia, alla X edizione della Biennale di Architettura di Venezia, presso l’ Area Archeologica del Palatino/Foro Romano, al Museo dell’Ara Pacis di Roma, alla Triennale di Milano, al Castello di Rivara, alla sedi di Sorgenia a Milano, di SIDIEF a Roma e a Ravenna in collaborazione con la Compagnia del Progetto insieme agli architetti Franco Purini e Carlo Maria Sadich e alla direzione artistica del professor Francesco Moschini, A.A.M. ArchitetturaArte Moderna, Roma. Vince il concorso di idee per la risistemazione di P.zza Augusto Imperatore a Roma.
In parallelo affronta anche una serie di progetti per il teatro e la danza contemporanea.
Recentemente il suo lavoro è stato esposto dalla Galleria La Nuova Pesa di Roma in mostre personali (“Non avere timore” in collaborazione con Giovanni Lindo Ferretti, fotografia di Leonardo Aquilino, “Spinarium”, “Codici / GOYA”) e collettive.
Nel 2025 ha realizzato per i Cancelli della Galleria Umberto I di Napoli l’opera pubblica “Sipario”.
Mostre in galleria: “Over the noise”, 2024, mostra collettiva
David Prytz (1979, Aarhus, Danimarca) vive e lavora a Berlino.
David Prytz ha studiato presso le scuole d’arte di Oslo e Londra. Espone il suo lavoro con la Galleria Mario Iannelli dal 2014, inaugurandola con la mostra personale “Literal”. Da allora ha esposto in numerose mostre quali Anatomy of restlessness, 2016, mostra collettiva; Exocenter, David Prytz, mostra personale, 2017; Fire in the mind, 2019, mostra collettiva; resonance, 2019, mostra collettiva; Gathering the unpredictable, 2020, mostra collettiva; Narrative Pieces, 2023, mostra collettiva; “T I M E. Felix Kiessling - David Prytz”, 2024, duo show.
Le sue opere sono state esposte in numerose mostre collettive in gallerie e spazi di ricerca tra cui Galerie Alexander Levy, Crone Gallery, Kranich Museum, After the Butcher, Peninsula.
Mostre recenti: “A Family Affair. Anna Virnich, David Prytz and Winfried Virnich”, Artefact, Berlin; Ever Seen Never Seen, Akkurat Labs, Berlin; Where the Bridge Ends the Satellite Begins, Galerie SP 2, Berlin (solo).
Nei suoi lavori quali “Tabula rasa”, “When the bridge ends, the satellite begins”, “Exocenter”, David Prytz realizza sculture ed installazioni che intrecciano le dinamiche del cosmo con quelle quotidiane assemblando materiali grezzi animati da movimenti cinetici, minerali fusi (“Dumb Alchemy”) e disegni geometrici (“Literal Geometry”).
Yorgos Stamkopoulos (1983, Grecia) vive e lavora a Berlino.
Yorgos Stamkopoulos ha studiato pittura alla Scuola di Belle Arti di Atene e alla Universität der Kunste di Berlino. Ha ricevuto una borsa di studio dalla Fondazione Onassis di Atene e il premio “Freedom for Emerging Artists” del Museo de Calzado in Spagna.
Stamkopoulos ha esposto in mostre personali presso Lepsien Art Foundation, Düsseldorf, Collectors Agenda, Vienna, Galleria Mario Iannelli, Roma, Callirrhoë, Atene, Zeller van Almsick, Vienna, Galleria Nosco, Bruxelles, CAN Christina Androulidaki Gallery, Atene, Kunsthalle Athena Art Athina, Porcino, Berlin, Nir Altman Gallery, Munich, Frankfurt am Main, Berlin, Kunst&Denker, Düsseldorf.
Le sue opere sono state esposte in varie mostre collettive a livello internazionale, tra cui “New Greek Painting 21”, Agios Nikolaos Municipal Gallery, Creta e “Encore New Greek Painting” (2023), Municipal Gallery of Athens, “Io sono qui, MACRO, Roma, curated by Lorenzo Bruni, Neuer Essener Kunstverein, Kunsthalle Athena, Hollis Taggart, Southport, U.S., COSAR HTM, Düsseldorf, Christian Ehrentraut Galerie, Berlin, Daily Lazy Projects, Atene.
Nella sua pittura l’immagine è depositaria di tracce sedimentate e gestuali che definiscono il movimento interno del quadro o coinvolgono l’osservatore nello spazio come nell’installazione ambientale “Trajectory” presentata in galleria. La frammentazione fenomenologica dei suoi quadri è intesa a dare rilievo al tempo e all’esperienza del fruitore.
Il progetto ‘Trajectory’, a cura di Lorenzo Bruni, è stato concepito da Stamkopoulos come una riflessione condivisibile sul suo modo di lavorare attorno alla pittura astratta con l’intento, tuttavia, di dare maggiore importanza al processo piuttosto che all’immagine finale. L’artista, pur assumendo la responsabilità di riflettere sull’eredità della tradizione modernista del monocromo e quella politica/concettuale della pittura analitica, punta al confronto non con la decodificazione della realtà sulla tela, bensì sul far rendere cosciente lo spettatore dei propri processi cognitivi, inducendo una riflessione sul ruolo e la comunicabilità della pittura oggi rispetto alla sua storia millenaria.
Mostre in galleria: “Anatomy of restlessness”, 2016, mostra collettiva; “Trajectory”, mostra personale, 2017; “resonance”, 2019, mostra collettiva; “Monochromes”, 2019, mostra collettiva; “Cast: Diodato, Kretschmann, Stamkopoulos”, 2021, mostra collettiva; “Unmaking”, 2023, mostra collettiva; “Narrative Pieces”, 2023, mostra collettiva.
Sebastian Stumpf (1980, Wurzburg, Germania) vive a Lipsia.
Sebastian Stumpf ha studiato presso le scuole d'arte di Norimberga, Lione e Lipsia. Nel 2008 è stato allievo di Timm Rautert.
Tra le mostre personali figurano la Galerie Thomas Fischer di Berlino, il Museum Folkwang di Essen, il Museum für Photographie di Braunschweig, l'Annex 14 di Zurigo e la Landesgalerie di Linz.
Il suo lavoro è stato esposto alla 6ª Biennale di Berlino e alla Triennale di Aichi a Nagoya, oltre che in numerose mostre collettive, tra cui Contemporary Arts Center, Cincinnati, Le Bal, Parigi, OCAT Shanghai, Museum der Bildenden Künste Leipzig, Tokyo Wonder Site/Institute of Contemporary Art, Blaffer Art Museum, Houston.
Nel 2016 ha ricevuto la borsa di studio per la fotografia tedesca contemporanea ed è stato borsista presso Villa Aurora a Los Angeles.
Ha realizzato un'installazione art-in-architecure per la Kulturstiftung des Bundes di Halle, una proiezione video permanente per la Kunsthaus Göttingen e recentemente un'installazione sonora site-specific per la Hamburger Kunsthalle.
Le azioni di Sebastian Stumpf esplorano la relazione del corpo con gli spazi pubblici, artistici e istituzionali, mettendo in discussione la percezione dell’osservatore con gesti specifici e l’immaginazione del luogo performato.
“Certain Peaks”, la mostra personale di Sebastian Stumpf presso la galleria, ha presentato nuovi lavori che si sono confrontati con lo spazio della galleria ed il paesaggio storico e urbano di Roma.
Mostre in galleria: “Certain Peaks”, 2024-25, mostra personale