Il riserbo la scrittura. La Shoah di Katia e Luigi Meneghello
Una delle tematiche tra le più delicate, più personali e più potenti della scrittura del vicentino Meneghello prende voce nella mostra a Palazzo Cordellina.
Comunicato stampa
Ai più conosciuto come l’autore di Libera nos a malo (Milano 1963), una vivida rappresentazione della vita del suo paese d’origine, Malo, per l’appunto, in provincia di Vicenza, lo scrittore Luigi Meneghello nasconde, in realtà, una storia più intensa e complessa, una sfaccettatura da corrispondente e inviato più che da letterato, che prenderà voce dal 17 dicembre 2022 - con l’inaugurazione alle ore 11 - al 29 gennaio 2023, negli spazi di Palazzo Cordellina, in contrà Riale 12, a Vicenza, sede centrale dell’Istituzione Pubblica Culturale Biblioteca Civica Bertoliana, nella mostra “il riserbo, la scrittura. La Shoah di Katia e Luigi Meneghello”.
Sul tema del genocidio degli ebrei affrontato, anche personalmente, da Luigi Meneghello, si sta documentando da tempo lo studioso Luciano Zampese, curatore della mostra,
nonché docente di Linguistica italiana all'Università di Ginevra e uno dei più sensibili studiosi dello scrittore maladense. Le sue ricerche si sono trasformate in 40 mq di mostra al piano terra, con un’anticipazione multimediale nell’androne, e 20 metri lineari di pannelli che raccontano per tappe - attraverso lettere, documenti, video, musica e testi - anche gli aspetti più inediti della produzione e della vita dello scrittore.
Una mostra documentale - realizzata in occasione del centenario della nascita di Luigi Meneghello - che attinge da diversi fondi: Archivio degli scrittori vicentini del '900 della Biblioteca Bertoliana, Archivio Storico Olivetti (Ivrea), Centro Manoscritti e Fondazione Maria Corti (Pavia), Archivio privato Giuseppe Meneghello (Vicenza), Archivio Licisco Magagnato (Verona), Jewish Museum in Prague, e dalla storia personale di Meneghello, la cui moglie, l’ebrea Katia Bleier (Novi Vrbas, 1919 - Thiene, 2004), fu una sopravvissuta di Auschwitz.
Due protagonisti, due atteggiamenti
«La mostra ha due protagonisti e due ‘atteggiamenti’ verso la Shoah - evidenzia lo studioso Zampese -: il riserbo di Katia Bleier, e la scrittura civile di alta divulgazione di Luigi Meneghello. Da un lato l’intimità dello strazio vissuto in prima persona, la biografia della famiglia Bleier travolta dalla persecuzione nazista, e dall’altro l’opera di Meneghello che riesce a raccontarci con scrupolo e con chiarezza (sono sue parole) l’evento più tragico e complesso della grande storia del Novecento».
Gli articoli di Meneghello su Comunità, rivista edita da Olivetti, comparsi tra la fine del 1953 e l’inizio del 1954 con lo pseudonimo di Ugo Varnai, rappresentano la prima fondamentale tappa della coscienza della Shoah in Italia: rendono comprensibili le inconcepibili stragi del nazismo. «Il riserbo della moglie Katia trasmette per osmosi, silenziosamente, ogni giorno la verità dell’esperienza, offrendo una ulteriore profonda ragione all’impegno civile del marito Luigi».
La mostra racconta con delicatezza e in maniera inedita il coinvolgimento emotivo di Meneghello nella questione Shoah. L'occasione, e il coraggio, per affrontare queste inconcepibili stragi gli vengono offerti nella primavera del 1953 dal monumentale saggio di G. Reitlinger, The Final Solution, il primo studio documentato sulla Shoah: Meneghello riesce a trasformare più di 500 pagine di documenti, dati, ricostruzioni storiche in un racconto lucido e coinvolgente. Con la collaborazione dello stesso Reitlinger e della Wiener Library for the Study of the Holocaust and Genocide di Londra arricchisce il suo resoconto con uno straordinario apparato iconografico.
Riservatezza e precisione
Meticolosità e metodo contraddistinguono la scrittura dell’autore sul tema. «Meneghello è uno dei miei maestri, uno scrittore che mi offre una lettura inesauribile, che al tempo stesso dà gioia e commuove, che rende con esattezza l’intensità dei sentimenti e dei pensieri della gente - prosegue Zampese -. Qualcuno ha detto che nei suoi libri ci si può trovare una grammatica morale, e credo sia molto vero: mentre la sua voce racconta tante piccole storie, entra in noi senza fatica, senza dover mettersi a studiare, tutta la bellezza e l’intensità della vita, tutta la sacralità del dolore e della morte».
Testi, didascalie e immagini dell’esposizione raccontano una tragedia immane, ma lo fanno con grande precisione e rispetto, senza mai scadere nel sensazionalismo, nell’esibizione dell’orrore, parlando al cuore e al cervello, più che alla pancia. Un ampio pannello della mostra sarà interamente dedicato a Katia Bleier (moglie di Meneghello) e alla sua famiglia, con documenti inediti resi disponibili da Fina e Giuseppe Meneghello, eredi del patrimonio fotografico e documentario dello zio.
L’installazione è accompagnata dalla voce della cantautrice siciliana d’origine, ma veneta d’adozione, Patrizia Laquidara che interpreta alcuni motivi musicali delle popolazioni ebraiche più colpite dalla deportazione ad Auschwitz: ungherese, polacco, francese, yiddish, una babele linguistica.
Intrecci di memoria
«Sono molte le tematiche che la Bertoliana porta avanti per la conservazione e valorizzazione dei suoi archivi - evidenzia Chiara Visentin, Presidente della Biblioteca civica -: in questo caso specifico c’è la volontà di riprendere il tema della memoria del Novecento attraverso i fondi documentali a noi donati dagli scrittori. Sono moltissimi e si possono vedere elencati nel nostro Portale degli Archivi. Si va da Parise a Piovene, fino a Neri Pozza. Ogni nome si lega indissolubilmente agli altri, perché tanta era la corrispondenza di quegli anni che si intrecciava tra questi straordinari intellettuali. Il fatto che in Bertoliana siano presenti lettere tra Meneghello e Primo Levi o Licisco Magagnato, Claudio Magris e molti altri fa capire quanto sia importante conservare la memoria della cultura letteraria novecentesca, perché a catena ne collega anche la Storia. È la bellezza del Novecento, ricca di carteggi amicali tra scrittori, artisti e personalità di spicco».
Non ci si può immedesimare con ciò che è inspiegabile
«Si dovrebbe uscire da questa mostra con la sensazione di avere vissuto un’esperienza, qualcosa che ci ha attraversato, e non con la sola impressione di avere imparato qualcosa. Idealmente, vorrei che i messaggi fossero tanti quanti sono i visitatori, che ciascuno riconducesse in qualche modo a se stesso, alla propria vita, qualche spunto, immagine, frase, evento; in generale, vorrei che si percepisse il senso della frase di Yehuda Bauer, nel pannello iniziale: “You cannot identify with what is inesplicable” (Non ci si può immedesimare con ciò che è inspiegabile, ndr). Rimaniamo in ascolto, cerchiamo chi ci può aiutare a comprendere la storia per accogliere in profondità il dolore, l’esperienza, la vita degli altri» conclude il curatore Zampese.
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Giorni e orari della mostra:
Dal 17 dicembre 2022 al 29 gennaio 2023
da martedì a domenica 10-13 | 15.30-18.30
chiuso il lunedì e i giorni 25 e 31 dicembre 2022, 1 gennaio 2023
Ingresso libero
Informazioni e prenotazioni visite guidate: [email protected] | 0444 578215
lashoahdikatiaeluigimeneghello.it
All’inaugurazione di sabato 17 dicembre parteciperanno il curatore Zampese, con Franco Marenco, Gigliola Sulis, Marzia Luppi.
La mostra è a cura di Luciano Zampese, con la collaborazione di Gigliola Sulis, docente di Italiano all’Università di Leeds in Inghilterra, e di Laura Sbicego della Biblioteca Bertoliana.
È resa possibile grazie al supporto di Fondazione Maria Corti Università degli Studi di Pavia, Associazione Archivio Storico Olivetti, I Musei di Verona, Comune di Verona, Jewish Museum in Prague, Centro internazionale di Studi Primo Levi, Fina e Giuseppe Meneghello.
Con il sostegno e l’amicizia di Flavio Albanese.
Il progetto di allestimento e comunicazione visiva è di Antonio, Cristina e Roberto Busellato [Studio B LAB design].