I° Premio Occhi 2012 | lasciare un segno

Informazioni Evento

Luogo
CENTRO POLIFUNZIONALE
via matteotti, 11, 44011 – Migliarino (FE), Migliarino, Italia
Date
Dal al

da martedì a venerdì dalle 15.00 alle 18.30; venerdì e sabato dalle 9.00 alle 13.00
Orario del vernissage: ore 21.00
Orario del Finissage: ore 12.00

Vernissage
30/04/2012

ore 21

Patrocini

Comune di Migliarino, Associazione Urbanica, Collettivo TM15, Associazione Tracce d'Arte, Cantieri Creativi, Associazione Esposti Amianto ed altri Cancerogeni, Premio Nazionale di Arte Contemporanea 'B.Cascella', Galleria del Carbone, il Faro Verde.

Curatori
Alessandro Passerini, Elisa Mucchi, Giancarlo Mucchi
Generi
arte contemporanea, serata - evento, collettiva
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Il I° Premio Occhi 2012 vuole concentrare la sua attenzione su questo tema: lasciare un segno, e ha chiesto agli artisti partecipanti di mostrare quale sia il segno lasciato in loro da un evento, una persona o un singolo elemento. Un segno che ha cambiato radicalmente il modo di vedere le cose, e che li ha portati ad essere quel che sono ora.

Comunicato stampa

"Sarebbe inutile anche solo provare a pensare quante cose segnano un essere umano: un tatuaggio, una cicatrice, una partenza o un arrivo, un quadro visto durante una vacanza di cui non si ricorda neanche più la destinazione.

E da sempre, dichiaratamente o meno l’arte è questione di segni: lasciati su un muro, su una tela, piuttosto che nell’aria con un gesto ripetuto una sola volta, un segno che l’artista vuole donarci, un segno che ha bisogno di lascare per non dimenticarsi, un segno per sentirsi presenti".

(Michela Malisardi)

Il I° Premio Occhi 2012 vuole concentrare la sua attenzione su questo tema: lasciare un segno, e ha chiesto agli artisti partecipanti di mostrare quale sia il segno lasciato in loro da un evento, una persona o un singolo elemento. Un segno che ha cambiato radicalmente il modo di vedere le cose, e che li ha portati ad essere quel che sono ora.

Genere: arte contemporanea, collettiva

Orari: da martedì a venerdì dalle 15.00 alle 18.30; venerdì e sabato dalle 9.00 alle 13.00
Orario del vernissage: ore 21.00
Orario del Finissage: ore 12.00

Ingresso gratuito.

Catalogo: A cura di Alessandro Passerini, Giulia Pesarin, Elisa Mucchi, Giancarlo Mucchi, Michela Malisardi; 88 pagine, gratuito.

Patrocini: Comune di Migliarino, Associazione Urbanica, Collettivo TM15, Associazione Tracce d'Arte, Cantieri Creativi, Associazione Esposti Amianto ed altri Cancerogeni, Premio Nazionale di Arte Contemporanea 'B.Cascella', Galleria del Carbone, il Faro Verde.

Curatori: Elisa mucchi, Giancarlo Mucchi, Alessandro Passerini.

Artisti: Marco Anzani, Lara Binetti, Sara Bonora, Andrea Cardia, Domenico Carella, Alessandra Carloni, Enrico Carniani, Debora Cavazzoni, Mirko Dadich, Amanda De Simoni, Juliano Dhembi, Luca Di Castri, Francesco Di Santo, Giannalisa Digiacomo, Giorgio Distefano, Pamela Genovese, Costantino Giro, Sara Grassetti, Pasquale Guastamacchia, Giovanni Longo, Malu Mantuan, Maria Mastropierro, Terry May, Andrea Meneghetti, Federica Miani, Michele Pierpaoli, Laura Ragazzi, Alessandro Rietti, Giovanni Triggiani, Luca Zarattini, Andrea Amaducci, Flavio Bogoni, Silvia Guandalini, Vladimiro Lilla, Alessandro Passerini, Monica Seksich, Massimo Volponi, Andrea Amaducci, Federica Costa, Antonio Poletti, Roberto Tenaglia, Paolo Volta.

Lasciare un Segno

La bacchetta sbatte in modo concitato sul telone bianco del proiettore: “Ragazzi vi prego state attenti, Courbet è il più importante esponente del realismo, so che state pensando che nella vita sarà l’ultima informazione utile che potrà servirvi ma… ascoltatemi!”.

Driiiin e a domani.

E così finivano la maggior parte delle lezioni del professore di storia dell’arte del liceo, con una frustrazione che, a ripensarci a distanza di anni, la fa comprendere e dispiacere.
Forse questo insegnante, a cui venivano date quattro misere ore di lezione di storia dell’arte per ciascuna classe, in un liceo che di nome faceva classico, potrebbe essere fiero di sé stesso perché la sua missione, in un plotone di ventiquattro studenti, pronti a tirare banchi per un minuto in più intervallo, è stata compiuta.
Tra quei ventiquattro, una, almeno è stata colpita: quella bacchetta che accarezzava i corpi informi della Danza di Matisse, le ninfee di Monet e i volti squadernati di Picasso, le avevano indicato la direzione da seguire.
Le avevano lasciato un segno che le indicava la direzione.

Il signor Lucio Fontana, tentando di deflagare lo spazio concreto che ancora si espletava solamente nell’espressione del quadro, ha tagliato la tela, ha dato fiato e sfiato allo spazio, ricercando la terza dimensione, ha finalmente varcato la soglia della contemporaneità più stretta, ha fatto nascere lo Spazialismo, proiettando il Belpaese nella ricerca più progressista e trasgressiva e ha dato adito a uno dei dibattiti nazionalpopolari più spiccioli ma più conosciuti.
“L’avrei potuto fare anche io” è la frase che in un sistema di quote-ranking artistico sarebbe maggiormente associato a Fontana.
Ha bucato, forato e tagliato la tela, si è iscritto con un indelebile nella lista di chi la storia dell’arte l’ha cambiata, masticandola, digerendola e ricreandola daccapo.
Per gli addetti ai lavori questo dato di fatto non è mai stato messo in dubbio ma da chi non fa della storia dell’arte la propria ragione di vita o per chi al liceo non ha incontrato nessun professore con la bacchetta, un taglio sulla tela rimane un atto di vandalismo che non può che far sorridere.

Ma per una persona che in buona fede sorride smaliziata davanti un taglio di Fontana, ne troviamo una che tenta di spiegarle la ragione che sta a monte della scelta.
Fontana ha fatto centro nella storia dell’arte, ha lasciato un segno ancora vivido e i cui contraccolpi continueranno a sentirsi ancora per molto; ma si è anche costituito, in modo involontario, come termine a quo per una contemporaneità popolarmente intesa che sicuramente non si cura dell’esistenza del Manifesto Bianco e dello Spazialismo, ma sa chi è Fontana, conosce i suoi tagli, crea battute ad hoc ma non esita a riconoscerlo.
Esiste un modo per lasciare artisticamente un segno più profondo di questo?

Sarebbe inutile anche solo provare a pensare quante cose segnano un essere umano: un tatuaggio, una cicatrice, una partenza o un arrivo, un quadro visto durante una vacanza di cui non si ricorda neanche più la destinazione.
E da sempre, dichiaratamente o meno l’arte è questione di segni: lasciati su un muro, su una tela, piuttosto che nell’aria con un gesto ripetuto una sola volta, un segno che l’artista vuole donarci, un segno che ha bisogno di lascare per non dimenticarsi, un segno per sentirsi presenti.

Michela Malisardi