Hortus conclusus

Informazioni Evento

Luogo
FONDAZIONE 107
Via Andrea Sansovino 234, Torino, Italia
Date
Dal al
Vernissage
13/04/2019

ore 17

Generi
arte contemporanea, collettiva
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Fondazione 107 è lieta di annunciare Hortus Conclusus, mostra a cura di Federico Piccari per celebrare il decennale dell’attività espositiva.

Comunicato stampa

Fondazione 107 è lieta di annunciare Hortus Conclusus, mostra a cura di Federico Piccari per celebrare il decennale dell'attività espositiva. Una selezione di trenta artisti provenienti da Italia, Belgio, Francia, Georgia, Germania, Kazakistan, Polonia, Regno Unito, Repubblica Ceca, Russia, Svizzera, Usa, nella quale pittura, scultura, installazione, performance e fotografia dialogano tra loro.
Hortus Conclusus, l’espressione latina che definisce il giardino medievale di monasteri e conventi, diviene in questa sede la manifestazione dell'intimità del pensiero e allo stesso tempo il campo di lavoro che l’artista, lo scrittore, il poeta custodiscono gelosamente. In tal senso i protagonisti della mostra sono legati tra loro da un modus operandi comune che li conduce, attraverso le loro azioni, a trasformare una situazione consolidata che è entrata in crisi.
Hortus Conclusus è il luogo idealmente costruito in cui la parola Krisis si fa motivo trainante di un percorso eterogeneo e trasversale. In esso il senso etimologico originale - quello greco, che reca con sé il significato di "opportunità", momento decisionale - diviene apertura verso nuove possibilità e ricerca di nuove soluzioni. Ed è l'approccio adottato dagli artisti invitati nella costruzione della loro opera: non esiste una regola, è il processo mentale unito al personale modo di procedere che evidenziano come l'artista si pone nei confronti del mondo.
La parola crisi ha assunto il ruolo di protagonista del nostro tempo e del nostro quotidiano. Si parla di crisi generica, crisi di sistema, crisi personale, crisi economica, crisi emozionale, crisi di coscienza, crisi cardiaca, crisi anafilattica, crisi ipertensiva, crisi isterica, crisi di nervi, crisi di pianto, crisi adolescenziale, crisi di identità, crisi religiosa, crisi dei valori, crisi della civiltà, crisi delle istituzioni, crisi della famiglia, crisi di coppia, la grande crisi, la crisi del'anno, crisi strutturale, crisi energetica, crisi parlamentare, crisi di governo, crisi delle nascite e così via. Con questo sentimento di valenza negativa il termine crisi si è diffuso. Per chi è nato negli anni ’60 la parola crisi ha attraversato il suo intero percorso di vita: usciamo da una crisi per entrare in un’altra. L'abuso nell'utilizzo della parola stessa ne ha in qualche modo vanificato il senso, disperdendone il significato.
Soprattutto, come scrive Edgar Morin, "la crisi può risolversi con il ritorno in statu quo ante, ma la natura propria della crisi è di scatenare la ricerca di soluzioni nuove e queste possono essere sia immaginarie, mitologiche o magiche sia, al contrario, pratiche e creatrici. Così la crisi è potenzialmente generatrice di illusione e/o di attività inventive. Più in generale, può essere fonte di progresso (soluzione nuova che sorpassa le contraddizioni o double-binds, aumentando la complessità del sistema) e/o fonte di regressione (soluzione al di là delle contraddizioni che riporta il sistema a uno stato di minore complessità)".
Così l'artista moscovita Nika Neelova asporta i mancorrenti dalle case in procinto di essere abbattute e li ripropone sotto forma di sculture, dando loro una nuova vita, mentre Roman Stanczak, che rappresenterà la Polonia a May You Live In Interesting Times, 58esima Biennale di Venezia curata da Rudolph Rugoff, agisce sui complementi di arredo che danno un volto alle nostre abitazioni: mobili, divani e sedie vengono sventrati con martello e scalpello, e nell’atto di strappare imbottiture e pellicce l’oggetto scarno rivela il vuoto di una condizione esistenziale. Nella pratica di Angelo Candiano la luce interviene sulla carta fotografica vergine quale elemento esterno sollecitato dall'artista, di fatto impotente di fronte ad un processo da lui stesso attivato e infinito nel tempo; per il polacco Mateusz Choróbski l'atto di infrangere il vetro antiproiettile della vetrina di una banca è atto performativo e grido di ribellione al contempo. I frammenti dei vetri, fissati su tubi al neon che limitano simbolicamente l'uscita della luce, sono entità scultoree e metaforiche, il vessillo di una lotta quotidiana contro l’esercizio del potere sull’individuo nella società. Nella pittura di Marcovinicio gli elementi costitutivi della realtà restano sospesi, in superficie, attendono un "tempo migliore" in attesa di un modello compiuto, appunti sparsi pronti ad essere ricomposti, mentre il tedesco David Jablonowski organizza complesse installazioni in cui strutture tecnologiche in alluminio trattengono e comprimono elementi organici prelevati dal mondo naturale, in un processo di ibridazione fascinoso e inedito.
Hortus Conclusus è la celebrazione del corto circuito e degli interstizi del reale, che nella consapevolezza attivano la dimensione di possibilità capace di rivelarsi unicamente nella pratica artistica.
Artisti in mostra:
Astore Salvatore (Italia), Brest Isaac (USA), Callery Simon (Regno Unito), Candiano Angelo (Italia), Carboni Luigi (Italia), Casini David (Italia), Casoni Cosimo (Italia), Choróbski Mateusz (Polonia), Del Conte Francesco (Italia), Dokoupil Jiri George (Repubblica Ceca), Fato Matteo (Italia), Galliano Daniele (Italia), Jablonowski David (Germania), Ko Sophie (Georgia), Kusterle Roberto (Italia), Lange Thomas (Germania), Marcovinicio (Italia), Mendoza Ryan (USA), Mohall Peter (Svezia), Muyle Johan (Belgio), Neelova Nika (Russia), Pecoraro Nicola (Italia), Piccari Federico (Italia), Puisais Antoine (Francia), Ragalzi Sergio (Italia), Skiba Piotr (Polonia), Stanczak Roman (Polonia), Stoisa Luigi (Italia), Tryakin Bukharov Georgy (Kazakistan), Zoderer Beat (Svizzera)