Henri Cartier-Bresson – Photographe
In mostra oltre 130 fotografie in bianco e nero, scattate fra i primi anni ’30 e la fine degli anni ’70, concorrono a raccontare la storia di uno sguardo eccezionale, del fotografo che fu definito “l’occhio del secolo”.
Comunicato stampa
“Fotografare: è porre sulla stessa linea di mira la testa, l’occhio e il cuore.
È un modo di vivere.”
Henri Cartier-Bresson
Dal 21 marzo al 24 giugno, le storiche e prestigiose sale di Palazzo Reale di Torino ospiteranno la
mostra Henri Cartier-Bresson. Photographe, una retrospettiva antologica che rende omaggio al genio
francese della fotografia. L’esposizione, patrocinata dal Comune di Torino, è organizzata da Silvana
Editoriale e nasce dalla collaborazione con la Fondazione Henri Cartier-Bresson e con Magnum
Photos, celebre agenzia fotografica di cui proprio Henri Cartier-Bresson, insieme, fra gli altri, a Robert
Capa e David Seymour, fu uno dei soci fondatori nel 1947.
In mostra oltre 130 fotografie in bianco e nero, scattate fra i primi anni ’30 e la fine degli anni ’70,
concorrono a raccontare la storia di uno sguardo eccezionale, del fotografo che fu definito “l’occhio del
secolo”.
Nel corso della sua lunga carriera infatti, Henri Cartier-Bresson non ha mai smesso di esplorare con
lucidità i grandi movimenti artistici, politici e sociali del proprio tempo. Egli ha avuto la capacità, e
talvolta la fortuna, di trovarsi nel posto giusto al momento giusto, riuscendo a immortalare avvenimenti
di portata storica come la Cina alla fine del Kuomintang, il funerale di Mahatma Gandhi in India,
il campo di deportazione di Dessau in Germania, nel 1945. Eventi raccontati con un tale sforzo di
rigore e di misura, da spingerci a pensare che non sarebbe stato possibile restituirli in maniera differente
dal modo in cui Cartier-Bresson li ha fissati per sempre nel nostro immaginario.
Accanto a queste immagini ormai storiche, nel percorso in mostra sono presenti anche fotografie di persone
comuni: donne, bambini, lavoratori, anziani, ritratti nella propria quotidianità. Scatti di getto, dove
i soggetti non sono quasi mai in posa, ma vengono sorpresi nell’atto di compiere un gesto o nello
svolgersi di una situazione, nel tentativo di rappresentare la realtà senza orpelli, nella sua immediatezza.
Le immagini esposte a Palazzo Reale di Torino costituiscono una perfetta testimonianza della poetica
del kairòs – il momento opportuno – e mostrano come Cartier-Bresson abbia tracciato un segno indelebile
nell’arte della fotografia, rivelandosi come un artista che ha sempre scelto l’anonimato nell’azione
per meglio cogliere l’istante.
Più di chiunque altro, Henri Cartier-Bresson è riuscito a catturare le segrete analogie fra il soggetto
e la realtà che lo circonda, traducendo le proprie intuizioni in fotografie in cui la perfezione
formale si accompagna a un alone di mistero che spesso le pervade. E’ come se in particolari condizioni,
si manifestasse all’artista un rapporto speciale e denso di significato fra la luce, il luogo e le persone,
tale da rendere palese al suo occhio l’organicità degli elementi. La composizione, la geometria
e la forma, non sono altro che questa lucida consapevolezza, che egli ha la capacità di riconoscere
e di accogliere, riuscendo a scattare nell’istante liberatorio dell’intuizione.
“Quando guardo un’opera di Henri Cartier-Bresson – scrive Yves Bonnefoy nel volume Henri Cartier-
Bresson. Photographe (1979) – provo dapprima meraviglia che possano essere accadute situazioni
così ricche di senso, così intense..” quello stesso stupore che proviamo noi oggi, a distanza di anni,
di fronte a queste fotografie senza tempo, capaci di esprimere l’essenza delle cose e di trascinare lo
spettatore nella verità dell’attimo immortalato.