Giulio Turcato
In un momento in cui il frenetico andamento di mercato sembra aver dimenticato i valori essenziali dell’arte degli anni Cinquanta, mai come oggi sottostimati, la Galleria vuole riproporre l’interessante figura di Giulio Turcato che, nella sua assoluta originalità, ha scritto una pagina fondamentale della storia dell’Informale italiano.
Comunicato stampa
Il prevalere degli aspetti finanziari che oggi il sistema dell’arte contemporanea predilige, trascurando al contempo gli imprescindibili valori di cui da sempre l’arte si è fatta interprete, sembra essere una costante inevitabile.
In un momento in cui il frenetico andamento di mercato sembra aver dimenticato i valori essenziali dell’arte degli anni Cinquanta, mai come oggi sottostimati, la Galleria vuole riproporre l’interessante figura di Giulio Turcato che, nella sua assoluta originalità, ha scritto una pagina fondamentale della storia dell’Informale italiano.
In mostra una selezione di opere significative a partire dalla fine degli anni ’50 che vantano esposizioni di fama mondiale quali le Biennali di Venezia e di Tokyo, la Quadriennale di Roma ed il Palazzo delle Esposizioni.
Giulio Turcato (Mantova,1912 – Roma,1995) è stato uno fra i principali esponenti dell'astrattismo informale italiano.
Dopo periodi a Palermo e Milano, nel 1942 espone la sua prima opera (una Maternità) alla Biennale di Venezia.
Arriva nel 1943 a Roma, dove frequenta l'Osteria Fratelli Menghi, noto punto di ritrovo per pittori, registi, sceneggiatori, scrittori e poeti tra gli anni '40 e '70. A Roma, assieme ad Emilio Vedova e Toti Scialoja, espone alla Galleria dello Zodiaco e alla Quadriennale di Roma.
Nel 1947 firma il manifesto "Forma 1"; nel 1948 partecipa alla Rassegna nazionale di arti figurative (V Quadriennale Nazionale d'Arte) di Roma.
Intanto il suo astrattismo stava ormai trovando una dimensione unica ed originale. Con un percorso forse inverso a quello di Emilio Vedova, ormai proiettato verso la violenza del segno, Turcato andava "raffreddando" le sue creazioni, con colori che paiono sgorgare lentamente dalla tela, usando materiali quali la sabbia (a cui conferisce un caratteristico aspetto cangiante), ricorrendo al monocromo e all'uso della gommapiuma, con la quale confeziona gelide e affascinanti "Superfici lunari".
L'attività espositiva e la fortuna critica di Turcato hanno pochi eguali nell'arte italiana del '900: egli è presente alla Biennale anche nel 1954, 1956, 1958 (Sala personale e vincitore del Premio Nazionale), 1966 (Sala personale), 1968, 1972 (Sala personale), 1982, 1986, 1988, 1993 e ancora un'ultima volta nel 1995, portando a 15 le sue partecipazioni alla rassegna veneziana.
Nel 1953 vince un premio acquisto in occasione della prima edizione del Premio Spoleto. Nel 1955, nel corso di una delle numerose Quadriennali romane a cui fu invitato, la Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma acquistò un suo "Reticolo" per l'inserimento nelle collezioni permanenti. In altri anni vinse anche il primo premio e il premio della Presidenza del Consiglio.
Espone con personali in tutto il mondo, tra cui le rassegne Documenta di Kassel e la Biennale di San Paolo. Fra i musei, espone al MoMa di New York, al Padiglione d'Arte Contemporanea di Milano, alla Staatsgalerie Moderner Kunst di Monaco, al Musée de l’Athenée di Ginevra, il Philadelphia Museum of Art e molti altri.
Senza Titolo, 1959, cm 50x100, olio e sabbia su tela