Gioacchino Passini – Archeologia del Novecento
In un’ampia personale gli ultimi esiti della sua ricerca pittorica, di esplicita matrice iperrealista. Oggetti di scarto, prevalentemente pezzi meccanici e industriali selezionati con cura nelle discariche, ma anche frutti e fiori, vengono indagati in luminose nature morte.
Comunicato stampa
In un’ampia personale Gioacchino Passini (Fanano,1956) presenta gli ultimi esiti della sua ricerca pittorica, di esplicita matrice iperrealista: oggetti di scarto, prevalentemente pezzi meccanici e industriali selezionati con cura nelle discariche, ma anche frutti e fiori, trovano una nuova inquietante bellezza in straordinarie nature morte, che li ritraggono con attenzione quasi fiamminga, sospendendo nella luce gli effetti del degrado, fino a rendere preziosi persino i dettagli della ruggine e dell’abbandono.
La mostra si articola in due sedi: presso il Museo Magi’900 saranno esposte opere dedicate agli oggetti della civiltà industriale, mentre presso la Galleria Il Ponte saranno visibili le nature morte di frutti e fiori.
In occasione dell’inaugurazione nella sede museale l’artista, che è anche violinista di talento, si esibirà in un piccolo concerto con Deanna Prandi al violoncello e Roberto Piccioli all’oboe.
La mostra, curata da Valeria Tassinari, è documentata da un catalogo edito da Carlo Cambi Editore, con testi della curatrice e di Franco Basile.
Ingigantiti sotto la lente di un titano del futuro, preziosi di ruggini, ossidazioni e piccole fratture, scientificamente ripuliti e illuminati, gli iperbolici soggetti dipinti da Gioacchino Passini non sembrerebbero certo usciti dalle discariche, dai robivecchi, dai mercatini di provincia dove l’autore casualmente li incontra. E, se non ci fossero famigliari, persino a noi tutti questi oggetti potrebbero sembrare già reliquie di una civiltà sepolta, piuttosto che gli umili scarti di una società in rapida trasformazione, ciò che di fatto sono.[…]. Dietro l’apparenza distaccata di una tecnica pittorica meticolosa e lucidissima, dominata da evidenti ammiccamenti al freddo iperrealismo, il pittore si arrende segretamente a piccoli abbandoni, cedimenti che rivelano un’affettività distillata a piccole gocce, lasciata scivolare in trasparenza sulle forme. Indugiare sull’ammaccatura, sulla sporcatura, sul segno dell’usura. Cercare l’errore. Individuare la scala di riproduzione, l’inquadratura, la tonalità luminosa. Nulla è casuale e nulla esplicitamente motivato, in questa progressiva documentazione delle icone marginali di un’epoca.
( Valeria Tassinari, dal catalogo della mostra)
Nei suoi lavori la minuzia del dettaglio induce a pensare a tracce iper per cui, nell’inquietante immobilità di soggetti ripresi nei minimi dettagli, par di notare un segreto punto di incontro fra evocazione e intensa manualità. In realtà, come ricordano la sottesa componente di straniamento e la replica asettica di talune rappresentazioni, egli avvicina l’atteggiamento iperrealista all’approccio concettuale sino a giungere a una lettura degli aspetti più contrastanti e nascosti dell’essere. Sicché, scevro da tentazioni aneddotiche, finisce per affidare i pensieri a un disegno dove la rappresentazione pittorica risulta densa di espressività simbolica.
(Franco Basile, dal catalogo della mostra)