Gianni Moretti – La confessione
La mostra personale di Gianni Moretti si ricollega a una favola orientale che Tolstoj riportava nel libro La confessione. Le riflessioni sulla fragilità, sulla protezione, su un particolare momento di passaggio, sono alla base di questa esposizione, che nelle intenzioni dell’artista vuole chiudere un ciclo.
Comunicato stampa
La mostra personale di Gianni Moretti si ricollega a una favola orientale che Tolstoj riportava nel libro La confessione. Le riflessioni sulla fragilità, sulla protezione, su un particolare momento di passaggio, sono alla base di questa esposizione, che nelle intenzioni dell’artista vuole chiudere un ciclo. Moretti si identifica con l’immagine letteraria del “bilico” in cui si trova il viandante della favola, appeso a un ramo, attaccato con la bocca al miele che cola dalle foglie, terrorizzato dal Drago che lo aspetta in fondo al pozzo e consapevole del crollo dell’arbusto, rosicchiato da due topi. Scrive Tolstoj: «L’antico inganno delle gioie della vita, che un tempo aveva attenuato l’orrore del drago della morte, non era più in grado di illudermi. Sebbene mi ripetessi: “Tu non puoi comprendere il senso della vita, non pensare, vivi!”, non potevo più vivere, perché avevo vissuto sin troppo in passato. Ormai non potevo fare a meno di vedere la notte e il giorno che si inseguivano inesorabili e mi avvicinavano alla morte. Vedevo solo questo, perché solo questa è la verità e tutto il resto non è che menzogna».
La mostra si articola in tre momenti che sanciscono alcuni degli snodi cruciali all’interno della ricerca che l’artista ha sviluppato negli ultimi due anni (2012-2013). È innanzitutto una mostra sul senso: il “senso di passaggio” raccontato ne Il trentacinquesimo anno, il “senso di protezione” de La seconda stanza, il “senso di instabilità e fragilità” dell’installazione L’albero di miele. Ma è anche un’esposizione incentrata sul miraggio e il crollo delle aspettative che porta alla fioritura di una nuova consapevolezza. L’allestimento sarà focalizzato su differenti “aree di colore” (oro e nero, lucido e opaco) in cui l’artista creerà delle installazioni che riprendono i materiali utilizzati negli ultimi due anni (campanelli, bacchette di legno, carte veline), ed introduce per la prima volta l’antica tecnica del Lustro. «Vorrei che fosse una mostra di raccolta del pensiero», spiega Moretti, «un punto e a capo che sancisce lo svanire di alcune paure. Non posso fare a meno di pensare a quanto il mio lavoro mi sia vicino – come una lancia che trafigge un torace, la cui punta ha assaggiato quasi tutti gli organi e ora fissa un punto di fronte».