Fabio Cresci – La pulizia dei vetri

Informazioni Evento

Luogo
SPAZIO COSMO
Via Paolo Paruta, 59 - 20127 , Milano, Italia
Date
Dal al

Dal 4 aprile al 15 giugno 2022 su appuntamento

Vernissage
03/04/2022

ore 10

Artisti
Fabio Cresci
Curatori
Matteo Innocenti
Generi
arte contemporanea, personale
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Museo Riz à Porta presenta La pulizia dei vetri una mostra di Fabio Cresci.

Comunicato stampa

Dialogo C.O.S.M.O. / Museo Riz à Porta / Fabio Cresci
Matteo Innocenti: Mi piace pensare a questo progetto come a un dialogo a più voci; a una possibilità, per delle relazioni che proseguono da anni, di darsi una forma (per quanto provvisoria) attraverso un momento di incontro e di unione. Perciò vorrei partire dal “primo” contesto, da spazio C.O.S.M.O. Proviamo a farne un racconto?

Spazio C.O.S.M.O.: Dopo anni di vita in campagna, immersi nella Filanda di Pieve a Presciano e nel progetto Madeinfilandia, ci siamo ritrovati a ridisegnare le nostre esistenze nella casa e nello studio di Milano. Lo studio cittadino e quello toscano si assomigliano in qualche modo, grandi finestre, alberi che modulano la luce del sole, gli amici che vanno e che vengono, noi e lunghi cocktail che accompagnano gli inaspettati silenzi sia della città d’intorno, sia della campagna. In mezzo a tutti questi rimandi continui, l’unico cambiamento significativo è nell’esposizione a Nord e nell’intensità del vento che qui, a Milano, è moderata. Attraversate le scale e le sue piante e superata una prima porta, due grandi stanze alte si aprono, lì c’è una parte significativa del nostro mondo e del nostro modo di esistere, se ne trovano tracce sulle carte appese, negli oggetti appoggiati, nei pennelli e persino nei tubetti di colore che preannunciano paesaggi non ancora accaduti.
Basterebbe questa porzione di spazio per stare bene, in compagnia della propria solitudine o insieme a una voce amica che possa condurci a scoprire degli aspetti del nostro essere che non avremmo colto diversamente. Per questo stiamo insieme e intrecciamo rischiosamente le nostre vite ad altre. Un pomeriggio, un po’ di primavere fa, eravamo con Francesco Carone ed Eugenia Vanni, anche loro artisti, anche loro compagni di viaggio. Come marinai in cerca di una tempesta che possa testare la solidità della propria nave, non ci bastò la luce bianca e compatta che entrava dalle finestre dello studio e decidemmo così di esplorare quella parte di buio che iniziava dalle scale nascoste dietro a un passaggio apparentemente segreto dietro ad un quadro. Arrivati in cima il mondo apparve capovolto, come la stiva della nostra nave durante una tempesta, almeno così ci disse Francesco e da quella visione in poi fu costruito il primo dei capitoli di quello che sarebbe diventato Spazio C.O.S.M.O. che sta per “Come Ogni Semplice Movimento Ortogonale,” in omaggio all’architettura del luogo, alla complicata semplicità dei progetti, al cielo che sta sopra di noi, inneggiato dal vertice di quel tetto che come la nave ribaltata di Carone navigava a testa in giù guidando i marinai tra le costellazioni. Il primo progetto di Carone, appunto, si sottotitolò “La stiva”. Da quella primavera in poi, annuncio di una stagione nuova, si sono uniti nell’impresa altri compagni artisti, ogni volta dando vita a un progetto specifico nel quale lo spazio fosse in qualche modo necessario all’opera. Dopo Francesco Carone è stata la volta di Ermanno Cristini, poi Marta Dell’Angelo, a seguire Loredana Longo, Loris Cecchini, Concetta Modica, Giovanni Termini e Sergio Breviario.

Matteo Innocenti: Mi sembra che l’attitudine a considerare lo spazio sia nei termini della sua fisicità che attraverso l’immaginazione - e l’interpretazione che se ne svolge col seguirsi dei vari progetti che lì trovano “luogo” - sia stata alla base anche del Museo Riz à Porta. Proviamo allora a tracciare un altro racconto, con un salto indietro nel tempo fino alla primavera del 1988; da che presupposti e idee si partiva (la scelta della parola Museo è già significativa), e che cosa è avvenuto negli anni?

Museo Riz à Porta: Penso che la ricerca di un luogo, in cui una propria opera possa essere vista, oppure nascere senza vincoli di tempo e spazio, abbia sempre fatto parte della pratica artistica. Il Museo Riz à Porta si offriva come soluzione a tale richiesta. Per me prima di tutto c’era la voglia di condividere con altri artisti il processo del progettare e realizzare opere a quattro mani. La sinergia e il dialogo attraverso il fare, sono stati sempre per me molto stimolanti e costruttivi. Così nasceva anche il nome del mio museo*. Uscì quasi per gioco durante le riprese della prima mostra e fu subito acquisito. Nel corso degli anni il nome Museo Riz à Porta prendeva sempre più rilevanza. Con ogni progetto realizzato, e la sua presentazione in gallerie d’arte o in musei pubblici, lo spazio del mio museo diventava sempre più reale nonostante le mostre fossero inizialmente registrate solo su nastro magnetico VHS, ed esclusivamente visibili sullo schermo in un galleria d’arte, oppure comodamente a casa propria con un videoregistratore domestico e una tv. Dal 1988 al 1994 sono stati realizzati più di venti progetti multimediali in collaborazione con una quindicina di artisti. Fabio Cresci, per citarne uno, ha realizzato con il Museo Riz à Porta due mostre personali e una collettiva. Dalla fine degli anni Novanta l’attività del museo cambiò radicalmente. Ci furono molti meno progetti nello storico spazio del museo. Ormai non serviva più uno spazio fisico, né la sua riproduzione in un filmato. Il museo come entità “culturale“ era diventato esistente nell’immaginario di molte persone, e non aveva più bisogno di materializzarsi. Per me oggi potrebbe bastare il logo del museo e una semplice idea interessante, come fu due anni fa per La pulizia dei vetri di Fabio, per tenere viva la mia personale esperienza col museo.

* Wikipedia: Il termine museo deriva dal greco antico mouseion, «luogo sacro alle Muse», figlie di Zeus e protettrici delle arti e delle scienze, patronate da Apollo.

Matteo Innocenti: Credo che torneremo su alcune questioni sino a qui emerse ma intanto, collegandomi al finale di risposta che ti riguarda Fabio, vorrei iniziare a parlare con te della Pulizia dei vetri. Questa opera ci mette tutti in rapporto, considerando che anche noi due, nel 2016, abbiamo collaborato alla messa in atto di una sua versione. L’azione, in modo diretto e chiaro, consiste proprio in quanto descrive il titolo eppure, come accade sempre nella tua ricerca, la semplicità svela un profondo significato poetico. Mi piacerebbe che ci parlassi della sua origine e dei suoi sviluppi.

Fabio Cresci: «Ci sarebbe di che ridere... Sto a quattro chilometri da qui da ottant’anni ed è la prima volta che fo queste scale.» Queste parole, rivolte domenica scorsa a due giovani da un anziano sulle scale che portano alla rocca di S. Miniato*, in qualche modo assomigliano a La pulizia dei vetri. Al di là dell’immediatezza della battuta queste parole suscitano una riflessione più ampia: è un po’ come se tutte le necessità che, durante la sua vita, via via hanno presentato il conto a quest’uomo d’altro canto hanno sommerso la necessità che in fin dei conti avrebbe potuto avere anche una priorità maggiore e cioè quella necessità che spinge ognuno di noi verso la vera vita e che magari è sempre stata lì nelle vicinanze ma per un motivo o per un altro si ritrova sopraffatta. A quei ragazzi il tener vivo il ricordo o il dimenticare completamente quella battuta.

*S. Miniato (Pi.) la collina sulla quale sorge la rocca offre un’ampia panoramica sul Valdarno inferiore dai colli di Fiesole al mare.

Matteo innocenti: Fabio proseguendo nella direzione della tua risposta e di quelle precedenti, mi piacerebbe confrontarmi in modo aperto con tutti voi su due parole, che credo centrali rispetto al discorso: attenzione e luogo. Considero l’attenzione come un atto volontario, insieme causa ed effetto del coltivare la sensibilità personale: pongo attenzione a ciò che scelgo, ogni volta. Questo mi sembra riferirsi alle necessità della nostra vita (probabilmente le potremmo considerare un aspetto molto vicino se non speculare). L’attenzione ha molto a che fare con l’arte, sia per l’artista che per le persone che fanno esperienza dell’opera. E il luogo, a differenza dello spazio puro, che di per sé non ha caratteristiche relazionali, è una dimensione in continuo mutamento grazie alle esperienze umane – al vissuto – che lì avviene. Che ne pensate?

Museo Riz à Porta: Sono d’accordo con l’analisi. L’attenzione e il luogo nell’esperienza con il mio museo sono stati essenziali. Direi che l’attenzione al luogo rende possibile che nasca qualcosa di nuovo e, a volte, sorprendente per tutti i partecipanti. Poiché si trattava all’inizio di uno spazio minimale ed essenziale, l’attenzione era ancora più focalizzata. Poi c’era da parte mia l’attenzione verso l’universo dell’artista con cui collaboravo e realizzavo un progetto, che si concretizzava nel coltivare insieme un’idea per renderla visibile, e condivisibile con un pubblico interessato a proposte un po’ diverse dal solito. Negli ultimi due, tre anni, mi sono fatto ritrarre attraverso lo strumento fotografico da vari autori. Più che un mio ritratto è diventato l’autoritratto degli artisti coinvolti - quale forma di attenzione all’altro e del dissolversi, smaterializzarsi del luogo del museo stesso.

Fabio Cresci: Quando pulisco un vetro lo pulisco proprio perché ciò che si trova al di là di quel vetro acquisti più nitidezza e la mia attenzione non venga presa da altre cose. Questo progetto riguarda il luogo del museo e la parete a vetro che dà sul giardino.

Spazio Cosmo.: Lo spazio dell’arte è uno spazio vigile e denso, è uno stato di vigilanza sul presente, si ripercuote su tutti i sensi, li infiamma, e viene adottato come collante necessario. In ogni ambiente dove opere sono installate la densità del vuoto ha un peso specifico pari ai volumi pieni, così come, anche, la forma dell’opera tiene vicino a sé il significato, rendendo denso e praticabile lo spazio tra i due.

Matteo Innocenti: Vi ringrazio per questo confronto, di cui è immagine fedele ed evocativa il progetto nello Spazio C.O.S.M.O.

Spazio C.O.S.M.O. è un luogo fisico e segreto nello studio di Luca Pancrazzi ed Elena El Asmar dedicato a progetti d’artista
via Paolo Paruta, 59 (MM Cimiano) 20127 Milano