Eugenio Tibaldi – Seconda chance
Seconda chance è frutto di una lunga permanenza di Tibaldi nel quartiere di Barriera di Milano, a Torino, esplorato nei suoi aspetti eterogenei: dalla storia, alla società, fino alla presenza architettonica delle vecchie fabbriche, da tempo nell’interesse dell’artista
Comunicato stampa
Eugenio Tibaldi, nato ad Alba nel 1977, dal 2000 al 2015 ha vissuto e lavorato nell’hinterland napoletano. Dal 2016 si è trasferito a Torino per lavorare alla mostra Seconda chance. Artista attratto da sempre dalle dinamiche delle aree marginali, sceglie di rappresentare la contemporaneità attraverso i luoghi periferici, di documentarli e studiarli in quanto defilati e poco amati, prescelti per i cambi culturali ed estetici, liberi dal peso della storicizzazione e di conservazione.
Seconda chance è frutto di una lunga permanenza di Tibaldi nel quartiere di Barriera di Milano, a Torino, esplorato nei suoi aspetti eterogenei: dalla storia, alla società, fino alla presenza architettonica delle vecchie fabbriche, da tempo nell’interesse dell’artista: «Ho sempre pensato che l’architettura diventi una forma di arte nel momento in cui tradisce e sconfessa il progetto iniziale e comincia a vivere di vita propria sconfiggendo il binomio forma-funzionalità. Allo stesso modo, interi quartieri cambiano pelle e si ridisegnano».
Tibaldi ha scelto di vivere in Barriera di Milano per costruire una mostra che nasce dal contatto con gli abitanti, intesi come “ossatura” del quartiere stesso e attivatori diretti della trasformazione sociale-economica ed estetica che vi è stata e che è in atto in questi anni.
Il percorso espositivo racconta attraverso oggetti, storie e persone un cambiamento che, come afferma l’artista «reca le tracce di tutti i passati e di tutte le culture». Tibaldi utilizza oggetti dimenticati e dismessi, a cui dona una seconda possibilità di lettura, “miscelandoli” sia con i suoi lavori più recenti, sia con opere appositamente pensate per la mostra. Ne risulta un progetto espositivo in cui i dati di partenza non sono utilizzati mai in chiave archivistica, ma rielaborati come se fossero colori di una tavolozza con cui tracciare un dipinto, una linea utopico-analitica del momento storico in cui viviamo.