Emanuela Colombo – Non è un Paese per giovani ma…

Informazioni Evento

Luogo
VILLA POMINI
Via Don Luigi Testori 14, Castellanza, Italia
Date
Dal al

venerdì e sabato 15/19 – domenica 10/12 – 15/19

Vernissage
14/04/2013

ore 11

Biglietti

ingresso libero

Artisti
Emanuela Colombo
Generi
fotografia, personale
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L’Archivio Fotografico Italiano propone un reportage fotografico realizzato da Emanuela Colombo, su commissione della Cooperativa Libera Terra Sicilia che si occupa della riassegnazione e dell’ utilizzo dei beni sequestrati alla mafia, trovando nel lavoro il riscatto sociale.

Comunicato stampa

Mostra Fotografica: NON E’ UN PAESE PER GIOVANI, MA… / Coop Placido Rizzotto – Libera Terra
di Emanuela Colombo
14 – 28 aprile 2013 – Villa Pomini / Castellanza (Va)

Nell’ambito dell’iniziativa dal titolo: Il buio della Memoria, mostra di locandine storiche di film sulla resistenza, del collezionista Domenico Gavella, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Castellanza (Va), l’Archivio Fotografico Italiano propone un reportage fotografico realizzato da Emanuela Colombo, su commissione della Cooperativa Libera Terra Sicilia che si occupa della riassegnazione e dell’ utilizzo dei beni sequestrati alla mafia, trovando nel lavoro il riscatto sociale.

Non è un Paese per tutti, ma…
“Tutti i ragazzi in eta’ scolastica qui si dichiarano e sono contro la mafia…e’ quando finiscono la scuola e iniziano ad aver bisogno di lavorare che le cose cambiano”..comincia cosi’ il racconto di Salvo Vitale, amico intimo di Peppino Impastato (la cui storia e’ balzata all’attenzione collettiva dopo il film ”I cento passi”) e che dalla sua morte anima l’associazione a lui dedicata…”anche solo per lavorare in un call center con uno stage di tre mesi qui c’e’ bisogno della raccomandazione “di quelli che contano!!””.
Si perche’ e’ inutile negarlo, quassu’, sulle montagne alle spalle di Palermo e piu’ esattamente nell’Alto Belice Corleonese, la mafia resiste e anche se sta ben attenta a non balzar piu’ all’attenzione generale con gesti ecclatanti e violenti come successe negli anni novanta, permea le vite di chi quassu’ e’ nato e da questi posti non vorrebbe spostarsi .
Uso il condizionale poiche’ moltissime volte, invece, per trovare da lavorare e quindi da vivere la gente di qui e’ costretta ad andarsene .
E’ per questo che da queste parti e’ molto piu’ facile imbattersi in vecchi e bambini che in adulti in eta’ lavorativa, tanto che un paese di 15.000 abitanti come era San Giuseppe Jato, ora vanta solo 9.000 residenti. Tutti i giovani sono stati costretti ad andarsene.
Se poi ci si ferma a chiacchierare con un anziano , si scopre che anche lui e’ stato al nord, in Svizzera, in Germania o in Canada a lavorare finche’ gli e’ stato possibile e che adesso suo figlio, suo fratello o suo nipote sono la’, dato che qui per loro non c’e’ nessuna possibilita’ e tornano solo, qualche volta, per le vacanze.
Ci troviamo proprio a pochi passi da Portella della Ginestra dove fu perpetrata il 1 maggio 1947 la prima strage del dopo guerra, a danno dei contadini poveri della zona che manifestavano contro il latifondismo e a favore dell’occupazione delle terre incolte da parte di chi avrebbe potuto lavorarle e viverci.
Sono passati piu’ di 60 anni e ai latifondisti siciliani si e’ sostituita la mafia, che da queste parti ha dato i natali ad alcuni dei suoi piu’ alti esponenti, per esempio Toto’ Riina e Giovanni Brusca, ma fino ad alcuni anni fa’ per i contadini del posto la situazione non era cambiata. Moltissime terre erano in mano mafiosa e rimanevano incolte , mentre i lavoratori locali non avevano campi da lavorare per vivere.
Oggi , grazie all’impegno di soggetti istituzionali, quali la prefettura di Palermo e il consorzio Sviluppo e Legalita’ (che include i comuni di Altofonte, Camporeale, Corleone, Monreale, Piana degli Albanesi, Roccamena, San Cipirello, San Giuseppe Jato) e dell’associazione Libera Terra, che si occupa della redistribuzione e della promozione delle terre confiscate alla mafia, questi luoghi tornano lentamente a vivere, e a dar da vivere alla loro gente.E’ nel novembre 2001 infatti, che la Coop. Sociale Placido Rizzotto inizia la coltivazione di 155 ettari di terreni confiscati a boss mafiosi (es.Brusca e Riina) e a loro prestanome. Si tratta ad oggi di 12 giovani, un tempo disoccupati anche se con alta preparazione universitaria o nel lavoro agricolo, che rimettono in marcia i trattori , anch’essi confiscati e rimasti inutilizzati per lungo tempo, e accendono di nuovo la speranza. Motivati dalla consapevolezza di star facendo una cosa importante per la loro terra, per i suoi abitanti e anche loro stessi che si stanno costruendo nella cooperativa un futuro in Sicilia e armati di ferrea volonta’ e di una buona dose di olio di gomito, coltivano secondo i dettami dell’agricoltura biologica, ispirandosi alle tradizionali e storiche scelte culturali dell’entroterra. Prevedono quindi la rotazione quinquennale di grano duro, ceci, lenticchie, cicerchie, melone e pomodoro e il ripristino di vigne ormai distrutte con il reimpianto di uve autoctone come il Cataratto e il Grillo per i bianchi e Nero d’Avola e Perticone per i rossi ed alloctoni come lo Chardonnay per i bianchi e il Cabernet Sauvignon, il Sirah e il Merlot per i rossi.I risultati in tutte le gamme produttive sono eccellenti, tanto che i prodotti sono sempre piu’ richiesti ormai su tutto il territorio italiano e il vino bianco Placido Rizzotto ha ricevuto la menzione per il miglior rapporto qualita’ prezzo al vinitaly del 2007.Grazie a tutto questo la cooperativa riesce ogni giorno a dar lavoro a qualcuno in piu’ e funziona da esempio per la creazione di nuove organizzazioni in altre zone con caratteristiche storiche simili. Proprio nel 2007 e’ nata, per esempio, la cooperativa Pio La Torre che della Rizzotto segue da vicino le orme.
“All’inizio”, raccontano i soci fondatori della Coop. Placido Rizzotto, “tutti avevamo paura, per noi e per le nostre famiglie, paura di essere isolati dai nostri compaesani, guardati con sospetto da chi nel clima mafioso era sempre vissuto ed aveva sempre abbassato la testa e “portato rispetto”, ma poi ci siamo accorti che la gente qui aveva capito che il nostro lavoro era importante anche per loro, per i loro figli e il futuro delle loro famiglie e della loro terra. Gli operai che dapprima non volevano avere a che fare con noi, si sono fatti avanti e vengono sempre piu’ numerosi a chiederci lavoro. Questo ci rende orgogliosi e ci fa’ sperare di essere soltanto i primi di molti che lavoreranno qui, in questa meravigliosa terra da sempre maltrattata”.

Emanuela Colombo
“Dopo la laurea in Scienze della Comunicazione allo IULM di Milano ho lavorato per quasi 10 anni nell' ufficio acquisti di diverse aziende della zona.
Finalmente, dopo tanto tempo, ho capito che quel percorso non faceva per me e ho deciso di dedicarmi alla mia grande passione, la fotografia.
Nel 2007 ho frequentato il Master in "Photography and visual design" presso la Naba (Nuova accademia belle arti) in collaborazione con lo spazio Forma di Milano e Contrasto, terminandolo con la mostra e la pubblicazione "Keep the promise"(in collaborazione con Cesvi), presentata a Fotografica 07.
Dall'inizio del 2007 collaboro diverse ONG per la produzione di reportage/storie riguardanti le loro attivita' in Italia e all’estero. Ho pubblicato I miei lavori su testate italiane ed estere.”