Due (s)oggetti non possono occupare il medesimo spazio

Informazioni Evento

Luogo
ME VANNUCCI ARTE CONTEMPORANEA
via Gorizia 122 , Pistoia, Italia
Date
Dal al

da mercoledì a sabato 09.30-12.00 e 16.30-19.30
Domenica, lunedì e martedì su appuntamento

Vernissage
10/04/2022

ore 10

Curatori
Alberto Zanchetta
Generi
arte contemporanea, collettiva
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Le opere di questa mostra occupano – di peso e con forza – lo spazio espositivo della galleria.

Comunicato stampa

DUE (S)OGGETTI
NON POSSONO OCCUPARE IL MEDESIMO SPAZIO

Aron Demetz, Igor Eskinja, Paolo Grassino,
Giorgio Griffa, Jacopo Mazzonelli, Giovanni Termini, Marco Tirelli

a cura di Alberto Zanchetta

Inaugurazione: domenica 10 aprile 2022 dalle 10.00 alle 20.00

dal 10 aprile al 29 luglio 2022
da mercoledì a sabato 09.30-12.00 e 16.30-19.30
Domenica, lunedì e martedì su appuntamento

Per garantire la massima sicurezza è necessario comunicare la vostra visita alla mostra scrivendo a [email protected] oppure telefonando al +39 3356745185.

Inaugura domenica 10 aprile la mostra DUE (S)OGGETTI NON POSSONO OCCUPARE IL MEDESIMO SPAZIO a cura di Alberto Zanchetta alla Galleria ME Vannucci di Pistoia.

Premesso che un concetto può traslarsi in un oggetto, ma più difficilmente in un soggetto, l’opera d’arte tende a concettualizzare gli oggetti e a oggettualizzare i concetti. Proprio per questo motivo, l’esposizione ricorre ai linguaggi della scultura, della pittura e della fotografia intendendo dimostrare come, a prescindere da tutto, l’opera d’arte sia sempre un oggetto fisico.

Le opere di questa mostra occupano – di peso e con forza – lo spazio espositivo della galleria; è questo il caso dell’installazione di Paolo Grassino (Torino, 1967) che vorrebbe edificare sugli errori e gli orrori della storia, riducendo pur tuttavia l’identità degli individui a una lapidaria “rovina”. Nelle sculture di Aron Demetz (Selva di Val Gardena, 1972) vediamo come l’essenzialità entri nelle pieghe del corpo e del tempo, offrendoci delle forme che ibridano la geologia con la morfologia umana. Anche l’imponente impalcatura di Giovanni Termini (Assoro, 1972) chiama in causa la componente antropica e la fragilità dell’esistenza, fattori che vengono condensati in un enigma visivo che non intende svelarsi e di-spiegarsi completamente. Un rumore di fondo permea le opere di Jacopo Mazzonelli (Trento, 1983) il quale trasforma strumenti musicali in materia muta e sorda. E malgrado la scultura si sforzi di essere “cosa” – e non rappresentazione – ci sono oggetti impossibili che non possono esistere nella realtà; ce lo dimostra Igor Eskinja (Rijeka-Croazia, 1975) con le sue anamorfosi che solo l’otturatore fotografico riesce a fissare nel tempo e nello spazio. Sul versante della pittura, Marco Tirelli (Roma, 1956) “scolpisce” attraverso la luce [s]oggetti che illanguidiscono in una surrettizia tridimensionalità mentre Giorgio Griffa (Torino, 1936) rinuncia al serraglio del telaio per liberare la pittura e farne un oggetto fisico, oltre che un soggetto autoreferenziale.

Come scriveva Stanislas Fumet: «In arte, l’oggetto è tutto, è vero, ma non si oppone per nulla al soggetto; più spesso, al contrario, lo provoca. […] L’oggetto è lo scopo autentico che l’artista persegue. È l’oggetto che, con il suo essere elevato o infimo, determina, di conseguenza, il livello dell’opera».