Daniele Carpi – Nomos

Informazioni Evento

Luogo
DIMORA ARTICA
Via Dolomiti 11, Milano, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

dal giovedì al sabato 16.00 / 19.30

Vernissage
03/12/2013

ore 18,30

Artisti
Daniele Carpi
Curatori
Andrea Lacarpia
Generi
arte contemporanea, personale

Mostra personale di Daniele Carpi dedicata al rapporto dell’uomo con la propria attitudine costruttiva e normativa.

Comunicato stampa

Prosegue la programmazione di Dimora Artica finalizzata ad individuare le connessioni tra cultura tradizionale e nuove tendenze dell'arte contemporanea italiana. Dopo “Ur”, progetto di Laura Santamaria dedicato alla funzione semantica dell'oreficeria, ed “Heimat”, mostra nella quale Giuseppe Costa ha indagato il legame con il luogo d’origine, è ora il momento di “Nomos”, mostra personale di Daniele Carpi dedicata al rapporto dell'uomo con la propria attitudine costruttiva e normativa.

Il Demiurgo, descritto da Platone come mediatore tra mondo fisico e mondo delle idee, è l’archetipo dell’architetto: esso incarna la necessità di delimitare e costruire il proprio habitat manipolando la materia a disposizione per conformarla ad un principio normativo. Tale necessità ordinatrice è il “nomos”, vocabolo d’origine greca oggi associato alla legge come norma incontestabile, ma che in origine sintetizzava un diverso concetto, legato alla conquista, misurazione e suddivisione del terreno. E’ Carl Schmitt, filosofo e giurista tedesco vissuto nel novecento, a recuperare il significato originario della parola: nel saggio “Il nomos della terra” esso descrive il legame di tale termine con l’occupazione del territorio, e vi associa lo spirito che sta alla base della nascita delle civiltà e dei rinnovamenti epocali.
Nel mito di Roma, per esempio, è la delimitazione dei confini della nuova città, effettuata da Romolo con l’aratro, il primo atto che ne determina la fondazione: la creazione di un limite identifica lo spazio dell’urbe, dedicato all’uomo e alle proprie attività, separandolo dal resto del territorio. Il nomos è quindi la naturale necessità dell’uomo di stabilizzarsi e prosperare in luoghi regolati da un ordinamento civile, espressione della vitalità originaria che oggi, con il progressivo allontanamento dalla cultura tradizionale, si fa vuota ritualità, esecuzione automatica di norme senza contenuto. Il fatale fluire dell’economia e la logica del debito sono la nuova norma, finalizzata a neutralizzare ogni spinta vitale. Da quest’avvilente schema l’uomo può affrancarsi risalendo al senso originario del nomos e facendosi architetto di una rinnovata civiltà, coraggioso demiurgo di una nuova epoca.

L'individuazione dell’intimo legame che unisce l’uomo con i luoghi da esso vissuti è uno degli elementi centrali nella ricerca di Daniele Carpi. Come un antropologo l’artista indaga l’identità umana ristabilendo le connessioni con i segni della storia, frammenti depositati nell'inconscio collettivo che, ricongiunti tra loro, vanno a ricomporre l’integrità di una dimensione insieme corporea e trascendente. La figura, ed in particolare la testa, è rappresentata dall’artista come un contenitore, vaso che contiene le tracce dell’ambiente nel quale è a sua volta contenuto, un infinito frattale nel quale l’ambiente esterno e la coscienza interiore coincidono come se fossero uno il calco dell’altra.
Se in altre opere Daniele Carpi ricostruisce la figura del brigante ottocentesco, confondendone i tratti tra formazioni geologiche vegetali e minerali, con il progetto “Nomos” l’artista s’interessa alla figura opposta, mostrando l’uomo come architetto dall’attitudine normativa, organicamente unito alle forme geometriche del pensiero razionale che misura e organizza il territorio adattandolo alla vita civile.
Il brigante è un selvatico “homo sacer”, esterno al mondo civilizzato e quindi assimilabile all’informe fluire dell’irrazionale, mentre l’architetto, animato dalla volontà ordinatrice, è associabile alle ben definite forme della ragione.
Daniele Carpi recupera l’aspetto antropocentrico dell’architettura accostandosi alla lunga tradizione che, partendo da Vitruvio, attraversa la storia fino al novecentesco Modulor di Le Corbusier. L’aspetto uniformante del modulo viene però elaborato dall’artista in diverso modo: non è più il corpo ad adattarsi allo schema, o viceversa la geometria a farsi organica, ma tra i due elementi, uno fisico e l’altro ideale, s’instaura un dialogo paritario, nel quale i diversi frammenti si amalgamano formando un’unità coerente.
La geometria viene riportata alla necessità pratica dalla quale ha origine e nello stesso tempo è conservata la valenza platonica delle forme geometriche come modelli astratti ed immutabili. Il pensiero astratto assume una tale concretezza corporea da divenire parte integrante dell'individuo, con il quale interagisce formando organismi unitari. Microcosmi che Daniele Carpi elabora mischiando collage, pittura e scultura, in scala 1:1, come fossero calchi di persone reali tratte nei loro aspetti visibili ed invisibili, dissolte e ricomposte insieme al proprio habitat di luoghi, pensieri, costruzioni ed affetti.