Come hanno risposto gli architetti all’immediato post 11/3?

Informazioni Evento

Luogo
ISTITUTO GIAPPONESE DI CULTURA
Via Antonio Gramsci 74, Roma, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

giovedì 20 settembre ore 10.30; venerdì 5 ottobre ore 17; sabato 13 ottobre ore 11; venerdì 19 ottobre ore 19; mercoledì 24 ottobre ore 10.30

Vernissage
20/09/2012

ore 10.30

Curatori
Taro Igarashi
Generi
architettura

Nel titolo, una domanda retrospettiva sulle immediate reazioni dell’architettura alla devastazione: di necessità virtù, tamponare l’emergenza e poi, in velocità, ottimizzare la tabula rasa per una ripartenza positiva, dove nulla è impensabile, con i suggerimenti da tutto il territorio, e dall’estero.

Comunicato stampa

Il Grande Terremoto del Giappone Orientale ha avuto magnitudo 9.0, ma l’abitudine alle scosse e l’architettura antisismica ha significativamente ridotto i danni prodotti dal terremoto in se’. Tuttavia, l’enorme tsunami seguito al sisma si è abbattuto su un segmento costiero di 500 km e ha devastato moltissime località. I frangiflutti sono stati spazzati via, così come un numero incalcolabile di edifici e, in alcuni casi, anche costruzioni in cemento rinforzato e con strutture armate sono crollate, a dimostrazione del fatto che, di fronte all’irruenza della natura, l’architettura è in fin dei conti una fragile entità. Ciononostante, gli architetti non hanno potuto semplicemente assistere; da ogni località del paese hanno iniziato a interrogarsi sulle possibilità dell’architettura dando vita a progetti compositi, più numerosi rispetto a quelli ideati nel 1995 in occasione del Grande Terremoto Hanshin Awaji. La differenza è giustificabile con la vastità dell’area colpita, e la discesa in campo di architetti “specializzati” come Shigeru Ban che, già partecipi delle operazioni del 1995, si sono immediatamente attivati. All’alba del disastro, varie organizzazioni, inclusi gruppi di architetti, laboratori universitari, e il Japan Institute of Architects, hanno prodotto progetti di supporto e indagini su vari aspetti; tra questi, si sono distinti KISYN (il nome, composto dalle iniziali degli architetti membri, evoca il termine giapponese kishin, “desiderare casa”) e ArchiAid. Il primo nucleo, composto di architetti di fama internazionale nati negli anni ’40 e ’50 (Kengo Kuma, Toyo Ito, Kazuyo Sejima, Riken Yamamoto e Hiroshi Naito), è stato composto nel marzo 2011, è autore di molti progetti tra i quali Home-for-All. ArchiAid, che oltre a Hitoshi Abe e Yoshiharu Tsukamoto è composto di educatori con base nel Tohoku, è un network di architetti nati negli anni ’60 e ’70. Lungi dall’essere pregiudiziale verso Tokyo, la mostra intende presentare le attività degli architetti nelle zone colpite e le varie proposte dall’estero. A tal scopo, abbiamo pensato alle tre sezioni/fasi, la prima delle quali indica le misure perseguite nell’immediato e le prime risposte all’emergenza, con i rifugi allestiti per i senzacasa. La seconda è incentrata sugli alloggi temporanei, mentre la terza è dedicata ai piani di recupero portati a compimento. Inoltre, attraverso una selezione di progetti del novembre 2011, la mostra pone particolare enfasi sulle prime modalità di reazione al disastro da parte del pensiero architettonico.

A/Fase 1: Risposte emergenziali

I progetti sono pensati quali misure d’emergenza per coloro che hanno perduto la casa o comunque sono impossibilitati a farvi ritorno dopo il terremoto/tsunami. In un primo momento, palestre e classi negli edifici scolastici della zona, oltre agli spazi recuperabili nelle infrastrutture culturali, vennero convertiti in rifugi per accogliervi le vittime del disastro. Si tratta di una fase in cui è stata essenziale la tempestività, in cui gli architetti possono poco in termini di concretezza: a disastro avvenuto, è già tardi per pensare. A dispetto dell’inevitabile ritardo, tuttavia, si sono costituite varie organizzazioni di ambito architetturale allo scopo di riflettere sulle misure da adottare. Per migliorare la privacy, mancante nei rifugi, ci si è sforzati di creare semplici ripartizioni dello spazio attraverso cartone o tessuto.

B/Fase 2: Alloggi temporanei

Dopo i rifugi di evacuazione, si è verificata l’esigenza di fornire alloggi temporanei a quanti avevano perso la casa nello tsunami. Per il Grande Terremoto del Giappone Orientale, oltre 50.000 dimore provvisorie sono state realizzate in cortili, parchi e territori sgombri. Le strutture prefabbricate hanno necessitato dei sistemi produttivi e delle parti di connessione disponibili, quindi scarsi e poco flessibili. Ne è risultato l’implemento delle proposte per l’offerta di soluzioni abitative temporanee, l’aggiunta di strutture annesse e un maggiore adattamento degli spazi vivibili. Data l’enorme portata del disastro la domanda ha ecceduto la fornitura dei prefabbricati esistenti, portando a un notevole utilizzo di alloggi temporanei in legno su tutto il territorio.

Fase 3 : Progetti di ricostruzione

Ricollocare le comunità coinvolte in zone elevate ha costituito un altro tema dibattuto. Intraprendere uno spostamento uniforme in collina non era però la soluzione ottimale. Ogni località si trovava a fronteggiare circostanze diverse. Così, architetti con appropriato senso dello spazio e abili nel considerare i contesti topografici si sono concentrati nell’apportare caratteristiche stra-ordinarie ai progetti di recupero. Sfruttando la situazione di tabula rasa, essi hanno posto in atto una vasta gamma di idee rivoluzionarie, impensabili in tempi normali, in ogni ambito dei piani territoriali urbani e nazionali. Tuttavia, molti progetti saranno completati non prima della fine del 2012. Il primo ad essere incoraggiato è stato un concorso di architettura per la ricostruzione di una scuola infermieri nella città devastata di Shichigahama (autunno 2011).

Fase 4: Proposte dall'estero

La notizia del Grande Terremoto del Giappone Orientale ha presto fatto il giro del mondo, causando preoccupazione ovunque. Una ragione sta nel fatto che a terremoto e tsunami si è aggiunto un incidente nucleare. Era globale, reazione immediata. Assieme ai workshop sul recupero condotti da team occidentali nelle aree colpite e progetti promossi da Architecture for Humanity, varie proposte, inclusa l’idea della creazione di un villaggio giapponese all’estero, sono state lanciate. Altro sforzo notevole è rappresentato dal progetto Home-for-All di Toyo Ito (Commissario del Padiglione Giappone presso la 13. Mostra Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia vincitore del Leone d’Oro per le Partecipazioni Nazionali), che ha ispirato la partecipazione di altri architetti di fama mondiale come Frank Gehry e Zaha Hadid.

bibliografia

Per un approfondimento dei temi trattati, è disponibile una selezione bibliografica consultabile presso la biblioteca.