Christine Kettaneh
In occasione della Notte delle Arti Contemporanee 2017, la galleria Gagliardi e Domke presenta due progetti, “Smell me, Touch me, Kiss me” e “Hayat”, della giovane artista di origini Libanesi Christine Kettaneh.
Comunicato stampa
In occasione della Notte delle Arti Contemporanee 2017, la galleria Gagliardi e Domke presenta due progetti, “Smell me, Touch me, Kiss me” e “Hayat”, della giovane artista di origini Libanesi Christine Kettaneh.
Christine Kettaneh
(Vincitrice dei seguenti premi: ORA, AOMI OKABE TOKYO, ARTE LAGUNA ed il premio speciale “artist in gallery” a VENEZIA)
“Nonostante il nostro cervello evoluto, rimaniamo ignoranti in scala macroscopica. Noi siamo, come le formiche, solamente consci delle nostre micro decisioni – costruire questo o quello, spostarci da qui a lì – e dei loro effetti immediati sulle nostre vite. Comunque esattamente queste decisioni prese con coscienza contribuiscono a lungo termine ad un comportamento globale, come quello di una colonia di formiche, un’intelligenza “emergente”, impossibile per noi da percepire immediatamente.
La nostra realtà risiede nei nostri artefatti culturali e nei detriti storici, quindi prodotti di un complesso percorso macroscopico; ma possiamo solo provare ed interagire con la realtà a livello locale, microscopico. Ragion per cui, osservando attentamente la vita a casa o per strada, abbiamo una sensazione di alienazione – per una mancanza di corrispondenza in scala tra ciò che incontriamo e come ci interagiamo. La sensazione è anche dovuta ad una corrispondenza mancata tra ciò che sappiamo e ciò che percepiamo. La nostra realtà è un prodotto che va oltre la storia quindi la nostra conoscenza non è mai all’altezza. Definire un oggetto o un sistema solo in base alla loro storia potrebbe solo limitarli. Probabilmente dovremmo fidarci della nostra esperienza immediata, il nostro rodente senso di alienazione, per raggiungere una comprensione più completa.
Nel mio lavoro, c’è sempre una relazione con la “materia quotidiana”. Nei progetti presentati da Gagliardi e Domke, esploro il sapone sul mio lavandino, le formiche nel mio giardino, lo zucchero sul mio tavolo da cucina e il linguaggio dalla mia bocca. La mia ricerca, come sempre, comprende un’inchiesta sul linguaggio. C’è un dimenticarsi temporaneamente del significato quando nutro le formiche con l’alfabeto e quando sospendo la mia ricerca sull’origine di Hayat, il sapone. Solo per riprendere ad usare le parole come inneschi rituali per scoprire le possibilità più metaforiche del sentire, toccare e baciare.
Smell me, Touch me, Kiss me
Mio padre aveva creato un orto meraviglioso, ma partì prima che le piante avessero dato i loro frutti. Dopo il suo decimo anniversario mi recai al suo giardino per cercarlo. Per oltre due mesi preparai e servii le lettere di zucchero al giardino. Le formiche risposero. Quando una formica trovava una lettera, marcava con un profumo il percorso verso il nido così che altre formiche potessero seguirne la traccia. Quando una formica incontrava un’altra, si “sentivano” con le loro antenne; a quel punto si baciavano e si recitavano le lettere liquide a vicenda. Attraverso questa intelligenza emergente, le formiche si auto-organizzavano per portarne il significato di punto in punto, trasformando il suolo in una miniera di profumi, contatti e baci.
Hayat
“Hayat” è la mia risposta personale ad una vecchia pubblicità degli anni 50 di un “saboon baladi” (tradizionale sapone libanese) chiamato Hayat. Sulla pubblicità era raffigurata una mano che teneva il sapone con le punte delle dita in modo leggero ed elegante, completamente l’opposto di come si “prende” un mattone grezzo come i “saboon baladi”. Mi son chiesta se è stato il nome Hayat, che in arabo significa vita a permettere una divergenza simile. Ho esplorato vari modi di portare Hayat, provando nel percorso che c’è un linguaggio nella vita e una vita nel linguaggio”
——————
On the occasion of the night of contemporary arts 2017, Gagliardi e Domke gallery presents two projects, “Smell me, Touch me, Kiss me” and “Hayat”, by the young artist Christine Kettaneh from Lebanon.
Christine Kettaneh won the Aomi Okabe Jury award in Art Olympia in Tokyo (Jun17); she also won the overall Arte Laguna Prize for the ‘Sculpture and Installation category’ and the special ‘artist in gallery’ prize in Venice (Mar’15).
“Despite our advanced forebrains, we remain ignorant at a macro scale. We are, like ants, only conscious of our micro decisions – to build this or that, to move here or there- and their very immediate effects on our lives. Yet those same conscious decisions contribute to a longer term global behavior like that of an ant colony, an ‘emergent’ intelligence, that we have no way of immediately perceiving.
Our reality at any point resides in our cultural artifacts and in the debris of history, the products of a complex macro course; but we can only experience reality and interact with it at a local, micro level. That is why, when we observe more closely life at home and on the street, we feel a sense of alienation – because of that mismatch in scale between what we encounter and how we interact with it. We also feel alienated because there is no clear correspondence between what we know and what we perceive. Our reality is a product of more than the known history, so our knowledge always falls short. To define an object, a person, or a system by its history would only limit it. We might need to trust our immediate experience of it, our very gnawing sense of alienation, to attempt a more complete understanding.
In my work, there is always an intrigue in the everyday matter. In the next two projects, I explore the bar of soap on my wash basin, the ants in my garden, the sugar on my kitchen table, and the language in my mouth. My search, as always, involves an enquiry into language. There is a temporary forgetting of meaning as I feed the alphabet to the ants and as I suspend my search for the origin of Hayat, the soap. Only to pick up the words again and use them as triggers for rituals in the hopes of smelling, touching and kissing matter’s more metaphorical possibilities.
Project 1: Smell me, Touch me, Kiss me
Brief description:
My dad had grown a beautiful garden but left just before the trees bore their first fruit. After his 10th memorial I went into the garden in search of him. Over two months I prepared and served sugar letters to the garden. The ants responded. When an ant stumbled across a letter it marked a scented trail on the way back to the nest so that more ants might follow. When an ant encountered another ant, it felt the other ant with its antennae; they then kissed as they recited scented liquid letters to each other. Through that emergent intelligence, the ants self-organized and carried the meaning point by point, transforming the underground into a mine of smells, touches and kisses.
Project 2: Hayat
Brief description:
‘Hayat,’was my response to an old advertisement from the 1950s of a ‘saboon baladi’ (traditional Lebanese soap) called Hayat. In the ad, was a hand holding the soap up with the tips of its fingers very elegantly and lightly, so unlike how one would carry a rough brick-like ‘saboon baladi’. I wondered whether it had been the name Hayat, which meant life in Arabic, that had allowed that divergence. I explored possible ways of carrying hayat, proving along the way that there was language in life, and life in language.”