Cesare Galluzzo – La metodica del filo
Per questa mostra Galluzzo presenta ciò di cui l’uomo si circonda facendo, attraverso i secoli, di una necessità una virtù:
opere site specifics che guardano e abbozzano architetture,
dalle più antiche alle più contemporanee tutte insieme,
formano un percorso all’interno dello spazio espositivo Adiacenze traghettando i visitatori in un pensiero più profondo su ciò che viene costruito dall’uomo in quanto essenziale per la sopravvivenza e non solo.
Comunicato stampa
Sabato 23 marzo alle ore 19.00 Adiacenze inaugura
la mostra La metodica del filo,
personale di Cesare Galluzzo, vincitore del Premio Nocivelli 2012
nella sezione Under 25.
Con il filo si costruiscono cose, intenti, idee,
abbozzi di un paesaggio che si forma attorno all’uomo.
I fili costituiscono un inserimento nello spazio che ne genera uno dentro l’altro definendone sistematicamente i confini.
Per questa mostra Galluzzo presenta ciò di cui l’uomo si circonda
facendo, attraverso i secoli, di una necessità una virtù:
opere site specifics che guardano e abbozzano architetture,
dalle più antiche alle più contemporanee tutte insieme,
formano un percorso all’interno dello spazio espositivo Adiacenze
traghettando i visitatori in un pensiero più profondo su ciò che viene costruito dall’uomo in quanto essenziale per la sopravvivenza e non solo.
Galluzzo racconta più storie incasellate tra di loro:
la storia dell’uomo, dai simboli architettonici delle più antiche civiltà,
fino alla storia della vita umana stessa rappresentata dal
cambiamento delle architetture che ci ospitano e
dalle emozioni che variano con il passare del tempo.
Il filo in questa esposizione diviene il segno del confine
che racchiude il vuoto e con esso i sentimenti,
così irraggiungibili e intangibili nella loro essenza più pura e segreta.
Galluzzo nell’utilizzo di materiali naturali come canapa e legno,
contrapposti al più truce cemento, inserisce una certa emozionalità
che scaturisce dal fatto che ad essere rappresentato è un vissuto umano,
o meglio, architetture fatte più solide dall’esperire umano che
ci circondano quotidianamente ma delle quali poco spesso ci chiediamo
il perché ci siano, in quanto oramai luoghi artificiali del nostro vivere e
“oggetti” troppo comuni per chiederci da dove arrivano.
Dal simbolo della conquista dello spazio, ovvero il pozzo,
una delle prime architetture che ha fatto sì che antiche popolazioni
non dovessero essere più costrette ad abitare solo certi luoghi,
fino a colonne che generano trompe d’oeil e visioni inesistenti ma
all’apparenza tangibili, tutto concorre alla
rappresentazione del vissuto umano
e allo scaturire di diversi sentimenti nell’osservazione tangibile dell’arte
che con il passare del tempo ci siamo costruiti intorno a noi
e che ci circonderà anche oltre la nostra stessa vita.