BAM Piemonte Project 6 80

Informazioni Evento

Luogo
IMBIANCHERIA DEL VAJRO
Via Imbiancheria 12, Chieri, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

venerdì 16-19, sabato e domenica 10.30-12.30 16-19

Vernissage
22/03/2014

ore 18

Contatti
Email: hakassociati@gmail.com
Patrocini

Comune di Chieri, Regione Piemonte. MIBAC, Fondazione CRT

Curatori
Edoardo Di Mauro
Generi
arte contemporanea, serata - evento

Sesta edizione della BAM Biennale d’Arte Moderna e Contemporanea del Piemonte, “BAM Piemonte Project 6 80”, dal titolo “Gli anni Ottanta a Torino ed in Piemonte : tra voglia di moderno e sintomi di crisi”.

Comunicato stampa

GLI ANNI OTTANTA A TORINO ED IN PIEMONTE : TRA VOGLIA DI MODERNO E SINTOMI DI CRISI

La BAM è giunta ormai alla sua sesta edizione, a cui vanno sommate il prologo del 2002 e quattro puntate della BAM on Tour, e, complice il successo indubbio del 2012-2013, sul tema di fotografia, video ed immagine digitale, sommato alla presenza convinta dell'Assessore Regionale alla Cultura Michele Coppola, può, dopo il malcelato scetticismo aleggiante nei primi anni, essere considerata un insostituibile punto di riferimento nel panorama culturale di Torino e Piemonte, considerando anche lo scarso interesse che continua a provenire dalle principali istituzioni museali nei confronti della valorizzazione delle risorse artistiche del territorio. Valorizzazione che continua a costituire, in un orizzonte di confronto internazionale, l'obiettivo della BAM e del suo volere essere, in un clima di imperante globalizzazione, una “biennale in controtendenza”.
Tutto ciò premia la lungimiranza del Direttore Artistico Riccardo Ghirardini, ideatore del progetto, e di hakassociatiartecontemporanea.
Oggetto di questa edizione è un periodo controverso ma estremamente interessante come gli anni Ottanta, che sarà dai noi affrontato con una visione multidisciplinare. Contrariamente al solito questa volta l'evento sarà suddiviso in due parti, la prima il 22 marzo, dedicata interamente alle arti visive, presso l'Imbiancheria del Vajro di Chieri, comune con cui abbiamo stabilito una positiva collaborazione, la seconda, più avanti, in una sede torinese che probabilmente sarà l'Ex Birrificio Mezger , nel quartiere San Donato, centrata sul clima culturale globale : materiali storici, video, cinema, musica, moda , nightclubbing ed altro.
Recentemente è stato pubblicato un interessante ed esauriente saggio dello storico del contemporaneo Marco Gervasoni, pubblicato da Marsilio, emblematicamente intitolato “Storia d'Italia degli anni Ottanta. Quando eravamo moderni” Riporto dal testo in piega di copertina : “Il decennio della “degenerazione morale” o quello dell'ultima modernità italiana? Da tempo si discute di un periodo recente della nostra storia al quale si guarda ora con nostalgia ora con disprezzo. In realtà gli anni Ottanta sono anni di modernizzazione economica e sociale, anni in cui la società italiana abbandona rapidamente i caratteri dei decenni precedenti, l'economia prende forme più vicine a quelle a noi contemporanee ; si affermano nuovi soggetti economici che pongono al centro il rapporto con il territorio, dalle piccole imprese alle reti dei distretti industriali. Soprattutto, si afferma compiutamente una società con uno spirito nuovo nel quale segnano il passo la ricerca della libertà individuale, la fine delle ideologie politiche, il perseguimento della soddisfazione personale, attraverso la realizzazione professionale ed il guadagno. Tutto questo in un contesto europeo ed internazionale in cui gli eventi e i processi storici che si svolgono al di là delle frontiere entrano per la prima volta a viva forza nel dibattito politico e nell'opinione pubblica. Gli anni Ottanta, dice l'autore, nel loro essere miscela di nuovo e di vecchio, di continuità e di rottura, di splendore e di miserie, furono l'ultimo vero decennio del Novecento, e il primo del XXI secolo : il punto di passaggio e di transizione tra due universi socio-culturali molto diversi, in cui si sovrapposero fenomeni novecenteschi in dissoluzione con stimoli del secolo che stava per aprirsi”. Le ultime righe mi paiono indicative, gli anni Ottanta sono stati effettivamente molto diversi dai decenni precedenti, in particolare dai Settanta, anche se molto della eredità di questi ultimi, nonostante non appaia netto a prima vista, si trasmise. L'esaltazione dell'individualità, dopo le pastoie dell'ideologismo, sarebbe stata sterile e fine a sé stessa, senza le precedenti battaglie per i diritti civili e politici post '68, con buona pace di chi ritiene quella fase, per sentirsi a la page, inutile se non addirittura perniciosa.
Lo stato d’animo diffuso in Italia, ed a Torino con particolare partecipazione, nella gioventù più sensibile ed inquieta, è quello di una rapida ed eccitata fuoriuscita dalla stagione delle grandi rivolte giovanili, fortemente ideologizzata e collettivizzata, con relativo contorno di entusiasmi e di drammi. Gli anni’80, spesso dipinti in negativo od eccessivamente esaltati da persone estranee esistenzialmente agli umori autentici di allora, furono, come tutte le fasi storiche , caratterizzati da elementi di pari positivi e negativi. Di positivo, diretta eredità di consistenti frange del movimento del’77, ci fu sicuramente lo spostamento di gran parte della propria legittima carica trasgressiva dalla politica alla creatività, e la valorizzazione della propria dimensione individuale, dopo anni di forzato collettivismo. Una individualità rapportata con quella altrui sul piano delle affinità umane, artistiche, e generazionali. Si vive una fase di aggiornamento di varie forme espressive in ambito musicale, con l’ondata “new wave “, così come nel teatro, nella fotografia, nel cinema, nel video , nella moda, nel fumetto con autori quali Andrea Pazienza, Tanino Liberatore, Stefano Tamburini, Filippo Scozzari. Senza dimenticare la nuova narrazione proposta da un folto gruppo di giovani talenti, tra cui spicca il cantore generazionale Pier Vittorio Tondelli, e la generale riscoperta dei piaceri del “nightclubbing “.L’arte, dal canto suo, entra in una nuova dimensione di rivalutazione dei valori pittorici e decorativi, a lungo negati dai rigori del Concettuale, ultima vera avanguardia, in senso cronologico, dell’intenso e rivoluzionario Novecento. Si va verso una fase di passaggio epocale, di “fine secolo “. Questo è palese sia in ambito sociologico generale, con l’ingresso nella cosiddetta “società postindustriale “, dopo l’emblematico’68 e, con effetti manifesti, proprio a partire dagli anni’80, sia in arte, tramite il serrato confronto con le nuove tecnologie temperato da una verifica costante con la pratica della citazione, della rivisitazione degli stili e delle tendenze che avevano tumultuosamente accompagnato lo scorrere del 900.
Venendo a Torino, oggetto primo della nostra indagine, la seconda metà degli anni Settanta, fondamentali per capire il proseguo, presenta uno scenario in chiaroscuro. Da un lato vi è l'inedita esperienza delle giunte di sinistra amministrate da Diego Novelli, che durante il primo mandato, introducono elementi di innovazione quali una forte attenzione al mondo dell'associazionismo e della cultura, simboleggiato dall'azione di assessori come Giorgio Balmas e Fiorenzo Alfieri, basti citare l'invenzione dei “Punti Verdi”, dall'altro si vivono forti e stridenti tensioni politiche e sociali, culminate con la fase dei cosiddetti “anni di piombo”, che Torino visse da protagonista in negativo e che culminarono nel rogo del Bar Angelo Azzurro in via Po, che si pensava sede di neofascisti e spacciatori di eroina, dove il giovane studente Roberto Crescenzo perse la vita, e, a seguito di questo, il movimento studentesco entrò in una fase di crisi profonda. L'altro aspetto di fondamentale importanza era il non più rinviabile avvento della società post industriale, si era all'ingresso di una nuova fase storica già ampiamente preannunciata dai moti sessantottini, ed era naturale che la città della FIAT vivesse più di altre contraddizioni e paure che da sempre caratterizzano le svolte epocali. Io vissi in quel periodo gli anni della mia formazione, partecipando con intensità, sebbene molto giovane, sono nato nel 1960, al movimento del '77, da studente del Quinto Liceo Scientifico, oggi Liceo Volta, uno dei luoghi simbolo della protesta di quegli anni. Di quel periodo colsi la spinta ambivalente. Vi era in tutti l'inconscia convinzione di vivere anni in cui le certezze del boom economico cominiciavano ad assumere i contorni di un ricordo sempre più pallido, di essere all'ingresso di un tunnel di cui non si poteva intravedere lo sbocco, di doversi reinventare il futuro ed il proprio ruolo nella società. “No future for us” recitava l'emblematica canzone dei Sex Pistols, che diede vita al fenomeno del punk, ribellismo musicale che violentava la classica ritmica del rock'n roll, ed ebbe notevoli influssi anche in Italia, divenendo un inno generazionale. Vi era però, accanto alla disperazione sfociante nella scelta delle armi e del terrorismo che ci lambì tutti da vicino, una vitalità ed un desiderio di esprimere la propria capacità creativa tali da generare risultati interessanti e forieri di rapidi sviluppi. Mi riferisco alla cosiddetta ala creativa del movimento, incarnata da gruppi come gli “Indiani Metropolitani” e dal fenomeno delle “radio libere”, Radio Alice a Bologna, Radio Popolare a Milano, a Torino Radio Torino Alternativa e Radio Città Futura, poi Radio Flash, che farà riscontrare analogie con la carica eversiva del linguaggio delle avanguardie storiche, soprattutto Futurismo e Dada, come sottolinerà Maurizio Calvesi nel saggio”Avanguardia di massa”. I primi anni Ottanta torinesi, pur caratterizzati ancora da un clima di incertezza e dagli ultimi strascichi del terrorismo, e dalle lotte operaie alla FIAT per protestare contro una serie di licenziamenti “sospetti”, interrotte drasticamente dalla controreazione della “marcia dei 40.000”, soprattutto impiegati e quadri intermedi che chiedevano la ripresa del lavoro, ben rappresentate dal film di non molti anni fa, con la regia di Vilma Labate, “Signorina F”, hanno presentato molti aspetti interessanti tant'è che il sottoscritto, fuori dal coro come spesso mi capita, ha sempre sostenuto che il tanto decantato rinascimento torinese parte proprio da lì. In quel decennio si inaugurano a Torino locali legati alla new wave musicale ed al video, quali Studio 2, Big Club, Tuxedo, Centralino, Metrò , Polaroid, una pletora di birrerie spesso con annessa sala concerti, nascono gruppi dell'avanguardia teatrale come Assemblea Teatro, Anna Cuculo group, Richi Ferrero, Marcido Marcidoris, Laboratorio Teatro Settimo,Ganni Colosimo, il Cabaret Voltaire di Edoardo Fadini, da poco scomparso, gruppi musicali e solisti come i Righeira, Eazycon, Linda Di Franco, Carl Lee, Sick Rose, Out of Time, Blind Alley, Defear, Statuto, Negazione, case discografiche come la Toast Records di Giulio Tedeschi, dj come Roberto Spallacci, Mixo, Sergio Flash, Alberto Campo e Renato Striglia, una miriade di fanzine, giovani stilisti , designer e varie gallerie che si occupano di arte giovane, di cui parlerò nel dettaglio più avanti. Così scrivevo, sul mensile cult “Frigidaire” a metà degli anni Ottanta in un articolo intitolato “Ghiaccio bollente. Viaggio nella Torino inedita” : “Torino non conosce vie di mezzo, si fa amare od odiare completamente. Possiede il fascino di una nobile dama decaduta che ostenta nel suo portamento miseria e virtù, cercando di mantenere un altero, distaccato atteggiamento anche in mezzo al tumulto più plebeo. Città difficile, dura, dalle mille contraddizioni, mai uguale a sé stessa, sbeffeggiata e derubata delle sue cose migliori, eppure non doma, capace comunque di sorprendere. Fu un bel trauma, per l'austera capitale sabauda, il dopoguerra. La compassata città dei caffè e degli ampi viali squadrati, dei letterati che consumavano le lore esistenze tra il Po e la collina, subisce a più riprese l'urto violento dell'immigrazione, i meridionali con la valigia di spago e la FIAT nel cervello, che non fanno tanti complimenti nel ricercarsi uno spazio vitale. La popolazione, nel giro di una quindicina di anni arriva a toccare il picco, nel 1971, di 1.200.000 residenti, il trauma è violento, a prima vista insanabile. La città reagisce male, l'enorme corpo estraneo proprio non le va giù, il processo di integrazione, lento e difficile, richiederà del tempo per realizzarsi. Solo negli ultimi anni il tessuto sociale tende a ricucirsi; la crisi dell'industria tradizionale impedisce nuovi flussi migratori, sortendo come effetto positivo un riassestarsi degli equilibri interni. La città adesso va ridisegnata e riplasmata, le potenzialitù sono enormi. Torino è sempre stata la gioia degli urbanisti, la sua pianta e regolare, duttilmente si presta ad interventi arditi e futuribili. Le istituzioni giocano però male il proprio ruolo. Anni di cattiva amministrazione in cui scarsamente viene valorizzato il fattore immagine, relegano la città su di un piano di second'ordine. Quanto accade è male divulgato, complice una cattiva informazione. É ridicolo, ad esempio, che venga pubblicato un solo giornale, aggravando oltretutto i problemi di occupazione per i giornalisti locali. Cioò nonostante Torino è viva, e sotto un corpo in apparenza inerte, di ghiaccio, fluisce una circolazione inaspettata. Questa città, che tutto ha avuto e tutto si è vista portare via, non vuole arrendersi. Le giovani generazioni, che non hanno vissuto i traumi del passato, vogliono a tutti i costi inventarsi una migliore qualità della vita. Negli ultimi anni è stato tutto un fiorire di idee e situazioni, con una disperata voglia di farsi conoscere, di inventarsi una dimensione che non sia quella alienante della città di frontiera che sopravvive stancamente a sé stessa.”. La Torino da me descritta poco meno di trent'anni fa sembra avere pochi punti di contatto con quella attuale. Molta acqua è passata sotto i ponti, ma soprattutto, rispetto ad allora, la città ha imparato a comunicare ad a vendere la sua immagine, anche al di là dei suoi pur notevoli meriti. Un processo iniziato verso metà degli anni Novanta, e proseguito nel decennio successivo, con un culmine individuabile nello Olimpiadi invernali del 2006. L'informazione è diventata più allargata, con l'esordio delle pagini torinesi di Repubblica alla fine degli anni Ottanta, ed il più recente avvento del quotidiano popolare “Torino Cronaca” e di numerosi magazine, dell'autorevole “Giornale dell'Arte” dell'editore Allemandi, senza trascurare l'ampia diffusione, a partire dal 2000, di internet e dei social network. Pur tra qualche contraddizione e lentezza, numerose infrastrutture sono state edificate, prima tra tutte la tanto agognata metropolitana e le Spine, atte a coprire il trincerone ferroviario che divideva in due la città, i grattacieli di Piano e Fuksas, la nuova stazione di Porta Susa. Molto è stato fatto per la valorizzazione dei beni culturali, con il restauro della Reggia della Venaria ed il nuovo Polo Reale, senza dimenticare il sempre più capillare “Sistema Cinema” che attira investimenti e conseguente ricchezza per il territorio. . Quanto spiace è che non si siano costruiti nuovi contenitori per l'arte contemporanea, magari recuperando edifici storici dismessi, ed il perdurante disinteresse dei Musei preposti alla valorizzazione delle risorse artistiche locali.
Tornando alla cronologia storica, le giunte di sinistra fondate sull'alleanza tra coministi e socialisti mostrano, nel secondo mandato Novelli, segni di stanchezza. Le conseguenze dello scandalo tangenti del 1983, per quanto di dimensioni estremamente limitate se si pensa a quello che sarà Mani Pulite tra il 1992 ed il 1994, determinano la sfiducia al sindaco, causata dalla defezione di due consiglieri di maggioranza, e l'avvento di una serie di giunte di pentapartito che, dopo un inizio promettente, non daranno gran prova di sé, portando, tra la fine del decennio ed i primi anni Novanta, ad un depauperamento delle politiche culturali, ed all'azzeramento di quelle relative all'arte contemporanea prima che, dal 1993 inizi, nel bene e nel male, una nuova fase.
Tra gli eventi di spicco negli Ottanta la nascita del Festival Cinema Giovani, attuale Torino Film Festival. Nel 1981 chiude la Galleria d'Arte Moderna per lavori di adeguamento strutturale che conosceranno un iter lunghissimo, tant'è che lo spazio verrà riaperto solo nel luglio 1993. Verso la fine del 1984, per effetto della volontà dell'Assessore alla Cultura regionale Giovanni Ferrero, quasi a contraltare, ed in tempi insolitamente brevi per le abitudini italiane ,tra il progetto iniziale e la sua attuazione, apre, con la rassegna “Ouverture”, il Museo di Arte Contemporanea del Castello di Rivoli, con la direzione affidata all'olandese Rudi Fuchs. Pochi mesi prima, presso la Mole Antonelliana, con la mostra “Coerenza in coerenza : dall'Arte Povera al 1984”, Germano Celant poneva in essere la prima fondamentale mossa del rilancio internazionale dell'Arte Povera, sia del nucleo storico che degli artisti ad essa collegati, bissata più o meno con la stessa veste l'anno successivo da “The Knot”, allestita presso il newyorchese PS1. Questo anche a seguito della necessità di rispondere al successo, a partire dalla fine degli anni Settanta, della filiera post moderna delle varie correnti citazioniste e del “ritorno della pittura”, Nuovi nuovi, Anacronismo e, soprattutto, la Transavanguardia di Achille Bonito Oliva, di cui un esponente di rilievo è il poetico artista campano trapiantato a Torino Nicola De Maria. Appare chiaro come questi eventi siano strategicamente collegati : il Castello di Rivoli, contenitore di grande pregio storico ed architettonico, anche con la successiva, lunga direzione affidata a Ida Gianelli, ha perseguito una linea coerente con la difesa prioritaria dei valori artistici prima citati. Intento giustificabile, a mio modo di vedere, il problema non sta nella programmazione rivolese, in parte mutata negli anni Zero per effetto delle direzioni Bakargiev e Bellini-Merz, mentre ora si sta trattando su una Superfondazione, che congloberebbe, con unica direzione artistica, Rivoli e GAM, che spesso ha consentito, pur in un ruolo di ultima tappa di un sistema internazionale ben collaudato, la visione di rassegne, peraltro quasi mai prodotte in proprio, come l'emblematica “Post Human” del 1992, semmai del fatto che a Torino, nonostante l'organizzazione di numerose manifestazioni, non si sia creato un polo espositivo in grado di documentare altri aspetti della scena contemporanea tali da costituire non un'opposizione, ma un' integrazione dialettica. Alla risorta GAM è stato impedito di giocare questo ruolo, che le sarebbe stato proprio, dopo l'affossamento dei concreti tentativi fatti dal 1994 al 1997, nel periodo in cui il sottoscritto fu condirettore artistico dell'istituzione, insieme a Rossana Bossaglia ed Angelo Bucarelli.
Nella Torino e nel Piemonte degli anni Ottanta, nell'ambito delle nuove espressioni artistiche, sono presenti sulla scena sostanzialmente due aree. Nella prima figurano autori che riprendono aspetti della tradizione dell'Arte Povera soprattutto dal punto di vista dell'installazione, mescolati ad aspetti tipici della “nuova pittura” espressionista di quegli anni, arricchiti con una attenzione alle tensioni della contemporaneità esplicitata con l'uso di materiali metallici e sintetici, di vernici e resine, sullo sfondo di una figurazione colta e simbolica, pronta a cogliere le tensioni della prossima fine di millennio, senza escludere anche il ricorso alla fotografia ed una linea di astrazione attenta ad un confronto con l'universo dell'immagine tecnologica..
Tra questi artisti si citano Sergio Ragalzi, Luigi Stoisa, Salvatore Astore, Francesco Preverino, Claudio Rotta Loria, Mauro Benetti, Ermanno Barovero, Filippo di Sambuy, Franco Rasma, Ubaldo Rodari, Natale Zoppis, Enzo Gagliardino, Eraldo Taliano, Mauro Biffaro, Enzo Obiso, Luciano Pivotto, Radu Dragomirescu, Gianni Caruso, Giancarlo Pagliasso, presenti in mostra, Andrea Busto, Angiola Gatti, Claudio Destito e Pier Luigi Meneghello. Nella seconda metà del decennio, in affinità con queste linee guida, emergono le personalità di Ferruccio D'Angelo, Turi Rapisarda, Ferdi Giardini, Andrea Massaioli, Bruno Sacchetto, Vittorio Valente, Corrado Bonomi, Riccardo Ghirardini, Theo Gallino, Silvia Fubini, Ugo Venturini, Valerio Tedeschi, e Laura Avondoglio.
Una novità rilevante, diffusa a livello nazionale ma particolarmente vivace a Torino, è l'irrompere di una nuova, giovanissima generazione di 20-25enni che, pur inserendosi con modalità particolari nella scia della citazione, opera una vera e propria ridefinizione dei generi artistici. Si tratta di un'ondata post '77, erede della parte creativa e dadaista del movimento. Crollate le ideologie che hanno permeato, nel bene e nel male, il Novecento, si entra in una fase di riscoperta della dimensione individuale, autenticamente “estetica” nell'accezione di una valorizzazione estrema della sensorialità. Parte un periodo di contaminazione tra le varie discipline creative, con i giovani artisti affascinati dalle nuove tecnologie, dalla musica, dalla pubblicità, dalla moda, e da una società in cui si riscopre la dimensione ludica, ed al tempo stesso angosciati dai timori propri di una stagione di passaggio in cui non è facile intravedere l'orizzonte futuro. In Piemonte è soprattutto la pittura protagonista di questo momento, ma è presente anche un oggettualismo di matrice neo pop e post concettuale. La pittura si tramuta in una narrazione infarcita di ironica epica metropolitana, e vari rimandi al mondo della pubblicità, del fumetto e dell'illustrazione, con una predilezione per l'estetica d'antan, con autori come Raffaello Ferrazzi e Bruno Zanichelli, precocemente scomparsi, Pierluigi Pusole, Maurizio Vetrugno, Andrea Mandarino e Mario Marucci e, sul versante oggettuale Santo Leonardo, presente in mostra ed anche Carlo Ferraris e Mario Luigi Tozzi. Pienamente inseribile in questa linea di freschezza manuale e mentale, ma meritevole di un discorso a parte, è la personalità di Corrado Levi, artista ma anche intellettuale poliedrico, architetto e collezionista.
Nel versante della giovane critica e del giornalismo d'arte operano Floriana Piquè, Maria Teresa Roberto, Lisa Parola e Tiziana Conti, mentre un importante fiancheggiamento, a differenti livelli di intensità e partecipazione, alle istanze della nuova scena, è fornito da critici più maturi come Mirella Bandini, Giorgio Sebastiano Brizio, scomparso da pochi giorni ed a cui va il mio doveroso omaggio, Franco Torriani, Giuseppe Risso, Marisa Vescovo, Paolo Levi, Angelo Mistrangelo e Lucio Cabutti, con il quale nel 1987 e 1989 curai due rassegne , “La nuova immagine” e “Il linguaggio simulato”, presso la Galleria d'Arte Contemporanea di Torre Pellice di Filippo Scroppo.
Varie sono le iniziative istituzionali e le rassegne pubbliche dedicate all'arte giovane. Si parte con le mostre all'Unione Culturale coordinate da Francesco Poli, per passare ai periodici allestimenti, su idea di Fiorenzo Alfieri, della manifestazione comunale “Giovani artisti a Torino”, la cui evoluzione porterà alla prima versione sperimentale di quella che diventerà la Biennale del Mediterraneo, inizialmente denominata BIG Biennale Internazionale Giovani Artisti.. Passando alle mostre maggiormente significative allestite nel decennio, con contributi di enti pubblici, citerò quelle da me curate “Superficial Art” (1984 Collegio Universitario via Galliari), “Nuove tendenze in Italia” (1985 Mulino Feyles), “Versante discreto” (1986 Promotrice delle Belle Arti), “Ge Mi To ; l'ultima generazione artistica del triangolo industriale”, con il critico genovese Enzo Cirone( 1987 Promotrice delle Belle Arti), “Alta tensione 50-80”, con Francesca Alfano Miglietti( 1987 Palazzo delle Mostre Alba). “Perchè l'arte è astratta”, con Maria Grazia Torri (1988 Magazzini Gondrand) e poi “Docks Dora” (1986 Docks Dora”) e “Nucleare? No, Arte” (1987 Mulino Feyles) entrambe a cura di Francesco Poli, “Ucronia”, a cura di Katty Cacciabue (1987 Arsenale della Pace di Borgo Dora), “Hic sunt leones”, a cura di Willy Beck (1989 Ex Zoo).
Dal punto di vista delle gallerie private i principali punti di riferimento sono Giorgio Persano, Eva Menzio, Tucci Russo, Martano, Alberto Weber, Marginalia delle forme d'arte, Overstudio di Duilio Gambino, editore in quegli anni del magazine Over, attento ricettore delle istanze dell'avanguardia non solo artistica, Franz Paludetto, che tra il 1985 ed 1986 darà il via al centro espositivo del Castello di Rivara e sarà sempre incline ad una programmazione attenza alle novità ed ai giovani artisti così come, per un lasso di tempo più breve, Piercarlo Borgogno con il Circolo Palazzo Giovine di Alba.
Un discorso a parte meritano le gallerie no profit attive in quel decennio, ed anche immediatamente prima e subito dopo, perchè il loro contributo è stato fondamentale, per la ricerca ed il sostegno ai giovani autori, in una fase in cui la città era del tutto priva di un preciso punto di riferimento istituzionale, con la Galleria d'Arte Moderna, che negli anni Sessanta e Settanta era stata un esempio per tutta Italia di una programmazione attentamente equilibrata tra storia ed attualità del contemporaneo, irrimediabilmente chiusa. Per questo ritengo di dedicare a queste realtà un più ampio spazio.
Mi perdonerete se parto dalla mia esperienza diretta. La VSV, acronimo di Visitazioni SonoVisive” , nasce dal mio incontro con alcuni giovani da poco diplomatisi all'Accademia Albertina, a cui mi legò una naturale contiguità e solidarietà generazionale. Si tratta del regista Vincenzo Badolisani autore in quegli anni di un film realizzato con scarsi mezzi ma altamente simbolico dal punto di vista della narrazione di un clima come “I ragazzi di Torino sognano Tokio e vanno a Berlino “, e poi Mercurio, Enzo Obiso, Turi Rapisarda e Serafino Borelli
L'Associazione nasce con chiari intenti multidisciplinari, ed uno sguardo attento sulle arti visive.
Nella ricerca di un locale adatto, ci si imbatte in un malridotto ma singolare ed affascinante immobile sito all’interno di un cortile in via Po, una ex portineria di 55 metri quadri complessivi suddivisi in tre locali, uno a pianoterra e gli altri due, gemelli, collocati al piano rialzato. Inizia una stagione intensa, caratterizzata dall’ambivalenza tra le scelte artistiche e quelle orientate verso una contaminazione con altre discipline, insieme alle proposte musicali,che ci impegnarono per alcuni anni. Tra i molti concerti organizzati vanno ricordati gli esordi torinesi di gruppi come Gaz Nevada, Denovo, Avion Travel, Statuto, Carl Lee,
Not Moving, Eazycon, ed anche i Righeira, personaggi che nascono all’interno della creatività cittadina di quegli anni. Il lavoro sull’arte contemporanea prende gradualmente ed inevitabilmente il sopravvento nell’attività della VSV, anche per l’ovvia spinta in quella direzione determinata dalla vocazione professionale dei soci fondatori. Ristrutturati i locali di via Po 28 si inizia a programmare
una serie di mostre, personali e collettive, dedicate ai giovani artisti compagni di strada.
Si apre il 12 marzo 1984 con una personale del pittore milanese Domenico David. I primi due anni di attività vedranno la sede di via Po 28 affiancata dall’uso di due altri contenitori. Si trattava della galleria annessa al Collegio Universitario di via Galliari 30, spazio interessante e mai più utilizzato in seguito, e del famoso ed allora del tutto inedito Chiostro di San Filippo in via Maria Vittoria. Nelle mostre della prima fase figurano gli esordi di artisti come Bruno Zanichelli, Pierluigi Pusole, Ferdi Giardini, Raffaello Ferrazzi, Umberto Cavenago, Guglielmo Aschieri, Marco Lavagetto, Mauro Benetti, Andrea Renzini, Maurizio Vetrugno, Alfredo Pirri, Turi Rapisarda, ed altri.

Dopo la rassegna “Superficial Art “, svoltasi al Collegio Universitario di Torino nell’aprile 1984 e bissata, sotto forma di “performance “ dal vivo la stessa estate, ai Giardini Govi del lungomare di Genova, centrata sulle contaminazioni tra arte, fumetto, moda ed immagini pubblicitarie, un importante evento, nella primavera 1985, è il meeting organizzato, insieme all’AICS, a Torino. “ Senz’arte né parte. Nuove professioni giovanili: creatività totale od opportunismo esasperato? “
“ Senz’arte né parte “propose al suo interno una variegata serie di eventi multidisciplinari. Nell’ambito delle arti visive fanno spicco la rassegna “ Necrofilia “, curata da Francesca Alfano Miglietti, poi direttrice della rivista “ Virus “, una collettiva dedicata alla “Giovane arte Jugoslava “, allestita da Biljana Tomic, commissario per il suo paese alla Biennale di Venezia e, curata dal sottoscritto, “Nuove tendenze in Italia: tracce d’arte presente e futura “. La VSV organizzerà anche tutte le altre rassegne da me curate nel corso degli anni Ottanta e citate in precedenza.
Un ruolo importante sarà quello ricoperto, a partire dal 1985, dalla galleria di Guido Carbone, personalità a cui fui legato, fino ai primi anni Novanta, da un rapporto di amicizia, complicità e collaborazione. Carbone è precocemente scomparso nel 2006. Nel 2008 l'Associazione Arte Giovane ha allestito, in sua memoria, presso le Sale Storiche di Palazzo Bricherasio, una rassegna commemorativa, dal titolo “Questo mondo è fantastico. Vent'anni con Guido Carbone”, in collaborazione con il collezionista torinese Anselmo Basso, uno dei più attenti e generosi scopritori di talenti emergenti. Venne dato alle stampe un catalogo che abbinava il ricordo di Carbone ad una riflessione sulla Torino di quegli anni, con vari contributi, tra cui poco comprensibilmente non il mio, pur citato, ma era inevitabile, tra gli attori del periodo. Al gallerista torinese è stato anche dedicato un premio annuale dalla fiera Artissima, dedicato ai giovani artisti. Carbone, prima di aprire il suo primo spazio in via Sant'Anselmo, zona San Salvario, ed avere gestito un bar molto particolare per l'originalità degli arredi in via Carlo Alberto, il Bon Bon Fabrika, consolidò la sua formazione professionale con un lungo tirocinio di collaboratore di varie, importanti, gallerie della città. Dapprima, all'inizio degli anni Settanta, con il Fauno ed il Fauno Due di Luciano Anselmino e Giorgio Marin, operanti nell'ambito delle avanguardie storiche, con presenze quali Marcel Duchamp, Man Ray, Carol Rama, Giogio de Chirico, Andy Warhol ed il nostro Antonio Carena, successivamente con Giancarlo Salzano, col cui tramite affinerà lo sguardo sulla scena torinese. In via Sant'Anselmo Carbone proporrà artisti come Emi Pecorini ed Enzo Bersezio, con il quale proseguirà la collaborazione anche negli anni successivi. La svolta avverrà a fine 1986, con l'apertura di una sede di ridotte dimensioni, ma con vetrine sulla strada, in corso Casale 20. Qui l'attività di Carbone prenderà le forme di una vera e propria fucina di talenti, in parallelo ed in sintonia con quanto stava facendo il sottoscritto. Espongono fino all'estate 1990, quando si verificò un nuovo trasferimento in un loft seminterrato di via Vanchiglia, autori come Zanichelli, Pusole, Marucci, Vetrugno, Mandarino, Leonardo, Fantone, ed altri giovani artisti italiani come Dellavedova, Arienti, Spoldi, Mazzoni, Mastrangelo, Montesano, con Corrado Levi a dare man forte non solo come artista, ma anche come promotore di questa nuova scena, che lui vedrà vicina all'East Village newyorchese, di cui era profondo conoscitore, con varie mostre allestite presso il suo studio milanese ed a Madrid.
Un altro spazio importante di ricerca, attivo dagli anni Settanta fino al decennio successivo, che ruota attorno alle figure di due artisti presenti in mostra, Santo Leonardo e Giancarlo Pagliasso, è lo Studio 16/e, che deve la sigla al numero civico della sede, in via Cardinal Maurizio, nella precollina torinese, non lontano dalla galleria di Carbone in corso Casale. Leonardo e Pagliasso co-dirigono lo spazio dal 1972 al 1978, da quella data il secondo assume la direzione artistica. Negli anni Settanta l'attività fu improntata principalmente sulla presentazione di artisti concettuali dell'Est Europa, performers e designer italiani, tra cui Denis Santachiara, e reading di poesia, con la partecipazione di alcuni nomi di spicco della cultura universitaria torinese, come Marziano Bernardi, Giorgio Barberi Squarotti, Mario Baudino, Angelo Jacomuzzi. Tra il 1981 ed il 1986 l'attività prosegue con varie ibridazioni tra dessign, architettura, arti figurative, fotografia e poesia. Pagliasso, insieme a Silvana Saini e Renato Ghiazza dà vita al Gruppo Ricerca Materialistica, che in seguito si scioglie per dar vita al progetto dell'Arte Debole. Teorico di questo movimento è sempre Pagliasso, che vanta una notevole preparazione culturale e filosofica. L'Arte Debole si inserisce nel dibattito sul Post Moderno e sulla citazione, sulla scia della teorizzazione del Pensiero Debole di Gianni Vattimo, su cui mi soffermerò più diffusamente nella seconda parte della manifestazione, che sostiene, in un mondo in cui è venuto meno ogni orizzonte ideologico e metafisico, come il riscatto si possa giocare sul piano di una ermeneutica diffusa e di una liberà totale aliena da dogmi e certezze assolute. Il movimento, che ruota attorno alla galleria di Gabriele Fasolino, si presenta nel 1986 con una serie di mostre alle quali partecipano Antinucci, Ester, G.R.M., Leonardo, Maccarrone, Pusole, Santachiara, Scacchetti, Tozzi, Zanichelli.
Degna di menzione, ed attiva ancora ad oggi come Associazione, è l'attività dell'Uovo di Struzzo di Katty Cacciabue e Gianni Caruso. Dal 1976 al 1990 la sede è presso il Mulino Feyles, uno dei luoghi più suggestivi dell'archelogia industriale torinese, sito alla confluenza di via San Donato e corso Tassoni, simmetrico all'Ex Birrificio Metzger ed al Museo d'Arte Urbana di Borgo Campidoglio, nel territorio dove scorre la Ceronda, oggi affluente interrato della Dora, in cui nel recente passato sorgevano mulini che fornivano acqua ed energia alle attività industriali della zona, in particolare alle Concerie Fiorio. Per tutti gli anni Ottanta il Mulino fu una autentica factory, con gli spazi di Assemblea Teatro, lo studio di Mario Merz, la galleria Tucci Russo. Attuamente l'unica attività rimasta è quella della Casa d'Arte San Agostino. Lo “Studio Gianni Caruso” nasce il 21 dicembre 1976 come atelier, ma ben presto allarga la sua attività fino a divenire un autentico centro culturale, crocevia di artisti, mostre e performance. Il gruppo di lavoro di questo spazio polivalente è composto, oltre a Caruso, da Franco Torriani, Giò Dardano, Ettore Ghinassi. Da segnalare, tra le varie attività, le riprese di un film d'artista concepito da Gianni Caruso sul tema del mito di Orfeo, che verrà proposto al Festival Internazionale del Cinema di Parigi ed al Cabaret Voltaire di Torino, oltre che all'Expo Arte di Bari, all'epoca la più importante fiera italiana. Gli artisti che espongono nello studio in quegli anni sono, tra gli altri, Allen, Di Leo Ricatto, Rondelli, Gambino, Carena, Bonomi. Ultima mostra al Mulino “TecnicaMente”, prima mostra di Ars Tecnica in Italia, con autori quali Piero Fogliati, Piero Gilardi, Ennio Bertrand. Dal 1991 al 1998 l'attività si trasferirà, con ottimi risultati, in via Mazzini 34. Ma questa, quella degli anni Novanta a Torino, è un'altra storia, che affronteremo prossimamente.
Qui si chiude la prima parte di questa ampia ed organica rassegna dedicata agli anni Ottanta a Torino ed in Piemonte. Appuntamento per la seconda sezione tra alcuni mesi.

Edoardo Di Mauro, febbraio 2014

Artisti : Salvatore Astore, Laura Avondoglio, Ermanno Barovero, Mauro Benetti, Mauro Biffaro, Enzo Bersezio, Corrado Bonomi, Gianni Caruso, Ferruccio D'Angelo, Filippo di Sambuy, Radu Dragomirescu, Raffaello Ferrazzi, Silvia Fubini, Enzo Gagliardino, Theo Gallino, Riccardo Ghirardini, Ferdi Giardini, Santo Leonardo, Corrado Levi, Andrea Mandarino, Mario Marucci, Andrea Massaioli, Enzo Obiso, Giancarlo Pagliasso, Luciano Pivotto, Francesco Preverino, Pierluigi Pusole, Sergio Ragalzi, Turi Rapisarda, Franco Rasma, Ubaldo Rodari, Claudio Rotta Loria, Bruno Sacchetto, Luigi Stoisa, Eraldo Taliano, Valerio Tedeschi, Vittorio Valente, Ugo Venturini, Maurizio Vetrugno, Bruno Zanichelli, Natale Zoppis