Aulo Pedicini – As Salas do Desassossego

Informazioni Evento

Luogo
SPAZIO VITALE ARTE CONTEMPORANEA
Piazza Marconi 12, Aversa, Italia
Date
Dal al

La mostra è visitabile su appuntamento

Vernissage
19/02/2022

ore 18,30

Artisti
Aulo Pedicini
Curatori
Generoso Bruno
Generi
arte contemporanea, personale
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Mostra personale

Comunicato stampa

Spazio Vitale Arte Contemporanea in Aversa presenta:
Aulo Pedicini: As Salas do Desassossego a cura di Generoso Bruno
Il lavoro maturo, già nutrito di esposizioni in Italia e all’estero, si offre alla visione presso la galleria in Piazza Marconi 12, Aversa (CE).
Le sculture bronzee metafisiche, dell’artista Aulo Pedicini parlano di coscienza attraverso frammenti sensibili di corpi dove le grafiche ne riaffermano la continua ricerca.
Vernissage: Sabato 19 Febbraio, ore18,30
Insieme all’artista, sarà presente il critico Generoso Bruno. Per l’occasione, il Maestro Aulo Pedicini con Annabella Marotta sarà impegnato nella produzione di un’azione di performance.
Si potrà accedere con ingresso regolamentato, utilizzando i dispositivi di sicurezza e il green pass nel rispetto della normativa vigente.
La mostra è visitabile su appuntamento fino al 20 Marzo 2022.
Per info e contatti 3357003916 – [email protected]

Aulo Pedicini – As Salas do Desassossego [Le stanze dell’Inquietudine]
Desassossego, ovvero, come per Bernardo Soares – eteronimo di Fernando Pessoa – l’inquietudine. Esperienza dopo esperienza, Aulo Pedicini con Desassossego ristruttura il suo intimo rapporto con lo scritto di Pessoa provando, ancora una volta, a “guardare la realtà mediante il filtro dell’incertezza”.
Come il romanzo che procede per giustapposizione di frammenti, per frammenti, le stanze – As Salas - senza alcuna pretesa di finitezza antologica, accolgono la produzione di Pedicini.
È l’inquietudine a muovere la ricerca dell’artista nel confronto impari tra la propria produzione e l’Image overload della contemporanea post-modernità in cui le forme, in assenza di un grande racconto storico a cui aderire, si ordinano per entità isolate - per stanze - collegate da un filo sottilissimo dove le opere, attraverso coordinate proprie, contribuiscono esse stesse a definire il proprio contesto alla maniera di “Meridiani mobili” (N. Bourriaud) all’interno di una società di transizione.
Le stanze, come domanda di attenzione dell’artista, sono funzionali ad accogliere lo spettatore all’interno dell’evento espositivo. Pedicini - è evidente – nell’organizzare la fruizione al proprio lavoro, non ha disperso il senso di comportamento e relazione delle antiche esperienze performative. L’osservatore, sottratto da una posizione di pura contemplazione, è immerso “in prima persona nei fatti rappresentati” (F. Menna).
Nelle stanze di Desassosego, ogni cosa avviene per interconnessione. Simultaneamente coesistono i tratti in grafite dei disegni prodotti alla metà degli anni Settanta e le successive grandi carte intelate che, indagando la pittura, anticipano i busti femminili delle opere a cera persa.
Tutto accade adesso o, almeno, così sembra. Pedicini, governando la materia e la sua illusione, riduce al minimo lo scarto tra l’idea e la sua esecuzione. La stanza, invece, flettendo la percezione dello Spazio e del Tempo, azzera la lunga sedimentazione dell’opera nella biografia produttiva dell’artista.
In questa selezione, appaiono lontanissime le dichiarazioni programmatiche e la sfida al buon gusto e al senso comune eppure, ancora oggi - oltre “l’avventura dell’oggetto” (P. Restany) - i Vomiti, le teche e gli assemblage, avendo ancora di che dire al tempo presente, meriterebbero di ritrovare una più giusta attenzione di fruizione e di ricerca.
Nelle stanze di Desassossego, invece, è la pratica a restituirci la cifra dell’artista, lì dove la materia pittorica pone l’abilità dell’artista a servizio della visione.
Surrealtà, metafisica, l’intervento concettuale della parola dipinta e, in alcuni episodi, una potente carnalità espressionista riaffermano in Pedicini la vittoria della superfice e la possibilità della citazione. La libertà individuale dell’artista, al tempo della polverizzazione delle iconografie, dei discorsi e delle narrazioni, conduce Pedicini verso il Mito come archetipo narrativo primigenio dove anche la scultura è agita come autentica possibilità manipolativa della sostanza sensibile dove, tra le molteplici traiettorie possibili, l’artista afferma la sola verità possibile: quella della propria coscienza.
Generoso Bruno

Aulo Pedicini nasce a Foglianise (BN) nel 1942. Vive e lavora a Napoli. Scultore, pittore, performer, grafico, incisore, decoratore di tessuti. Aulo Pedicini si diploma nel 1960 all’Istituto Statale d’Arte Filippo Palizzi di Napoli e fra il 1962 e il 1967 consegue un diploma di Magistero e si diploma in Scultura presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli. Fra il 1966 e il 1970 insegna Scultura e successivamente Figura e Ornato Modellato al Liceo Artistico di Napoli. Negli anni Sessanta le sue produzioni sono segnate da uno stile immediato ed informale. Nel decennio successivo, invece, Pedicini prende parte alla Quadriennale di Roma (1975), alla Biennale di Venezia (1976) e, a Los Angeles, al Festival Dada (1979). In quegli anni la sua pratica scultorea indaga il consumo, l’oggetto, lo scarto e la sua possibilità assemblativa. L’artista si definisce ulteriormente, attraverso performance di grande impatto, come il Malato, realizzata nel 1975 presso l’Ospedale Psichiatrico di Napoli e l’anno successivo in Piazza San Marco a Venezia. Col tempo l’artista recupera l’idea della pratica scultorea di grande dimensione nella nobiltà del bronzo. Come le antiche incisioni giovanili e successivamente le carte, sono i corpi femminili ad accogliere classicità lirica e suggestioni metafisiche. Le sue opere sono presenti in diversi musei e istituzioni pubbliche in Italia e nel mondo.