Arturo Martini. Un grande scultore nell’Italia dal Futurismo agli Anni Trenta

Informazioni Evento

Luogo
EX CONVENTO DI SANT'ANTONIO
via Luigi Viola 12, Taranto, Italia
Date
Il
Vernissage
30/11/2017

ore 17

Editori
JOHAN & LEVI
Curatori
Elena Pontiggia
Uffici stampa
CLARART
Generi
incontro - conferenza
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Johan & Levi Editore e l’Associazione Amici dei Musei di Taranto Onlus invitano all’incontro con Elena Pontiggia Arturo Martini Un grande scultore nell’Italia dal Futurismo agli Anni Trenta ispirato al volume Arturo Martini. La vita in figure.

Comunicato stampa

Scultore prodigioso nel forgiare immagini e narrare miti, Arturo Martini (1889-1947) si è consacrato interamente a quest’arte “misteriosa ed egoista” che sottrae ogni energia a chi la pratica, come lui stesso scrisse. Un’esistenza, se priva di momenti epici, tutta votata alla reinvenzione dell’iconografia, tanto che avrebbe potuto dire, con il poeta Lucio Piccolo, “la vita in figure mi viene”.

L’infanzia lacerata dalla povertà e dai contrasti familiari in una Treviso ancora medioevale, il talento precoce nel dar forma alla creta, l’impiego – ancora giovinetto – nella bottega di un orefice, l’insperata borsa di studio che gli consente di studiare a Venezia con lo scultore Urbano Nono, sono i primi passi di un individuo nato “in condizioni disperate” ma destinato a rinnovare le arti plastiche. La sua parabola lo condurrà poi a Monaco nel 1909, tappa disagiata quanto carica di stimoli, e a Parigi nel 1912, mentre è tra i “ribelli” di Ca’ Pesaro e aderisce al Futurismo. Terminata la guerra, Martini ha già trent’anni e, seppur riconosciuto come uno dei migliori interpreti dei nuovi ideali classici incarnati da “Novecento” e Valori Plastici, fatica ancora a mantenere sé e la moglie Brigida.

Solo alle soglie dei quaranta arriva per lui la “stagione del canto”, una fase felice accompagnata nel 1930 da un nuovo amore con la giovane Egle e nel 1931 dal leggendario premio di centomila lire alla Quadriennale di Roma. Sono gli anni in cui porta la terracotta a vette monumentali e in cui realizza nuovi capolavori in pietra e in bronzo. La serenità culmina però in un voltafaccia. Ormai all’apice della fama, con un accanimento senza precedenti, Martini si scaglia contro la scultura e la accusa di essere “lingua morta”. A questa inspiegabile abiura si aggiungono, implacabili, la malattia e l’umiliazione di un processo di epurazione nel 1945, che gli mineranno le forze fino a spegnerlo a nemmeno cinquantotto anni. Elena Pontiggia narra le vicende umane e artistiche di Martini con lucidità e chiarezza esemplari, arricchendo il volume di dati inediti che gettano nuova luce sul suo percorso espressivo.

Elena Pontiggia, storica dell’arte, è docente all’Accademia di Brera. Si occupa in particolare dell’arte internazionale fra le due guerre e del rapporto fra modernità e classicità. Collabora con La Stampa e varie riviste, e ha curato numerose mostre sull’arte italiana del Novecento. Tra i suoi volumi: Modernità e classicità. Il Ritorno all’ordine in Europa (2008, premio Carducci 2009); Christian Schad (2015); Mario Sironi. La grandezza dell’arte, le tragedie della storia (Johan & Levi, 2015). Di Arturo Martini ha curato la raccolta di scritti La scultura lingua morta (2001)