
Negli Anni Cinquanta era stimata dai grandi protagonisti dell’ambiente culturale italiano, come Giovanni Comisso, Vitaliano Brancati, Ercole Patti e Aldo Palazzeschi. Senza dimenticare Eugenio Montale, che la considerava “un talento narrativo più che autorevole”. Con le difficoltà di essere donna era riuscita a conquistare, con tenacia e passione, un posto di rilievo nel mondo letterario del secondo dopoguerra, attraverso collaborazioni con testate giornalistiche come La Nazione e Il Mondo. Parliamo della scrittrice Laura Anna Lucia Carpinteri, nota con lo pseudonimo di Laura Di Falco (Canicattini Bagni, 1910 – Roma, 2002), nata nella Sicilia profonda, dal matrimonio tra l’ingegnere Francesco Carpinteri e la proprietaria terriera Clelia Alfieri.
Gli studi e l’attività politica di Laura Di Falco
A quattordici anni si trasferisce a Siracusa per frequentare il liceo classico, e nel 1928 è a Pisa, per studiare filosofia alla Normale, dove frequenta i corsi di Arnaldo Momigliano, insieme ai giovani colleghi Walter Binni e Claudio Varese. Nel 1935 Laura va a vivere a Roma, dove insegna alle magistrali – il Fascismo non permetteva alle donne di insegnare nei licei – e sposa Felice Di Falco, funzionario dell’Istituto Nazionale per il Commercio con l’Estero. Con suo marito, di fede antifascista, inizia un’attività politica per sostenere il Partito d’Azione insieme a Ugo La Malfa, in un clima teso e pesante. “Vivere a Roma mi spaventa per un senso di grave smarrimento che mi prende per la ressa nelle strade. Viviamo in una specie di carcere, case blindate, inferriate alle finestre, scippi a tutte le ore” racconta.
Gli esordi letterari
Il suo impegno di scrittrice comincia nel 1948, quando inizia a pubblicare su La Nazione e a frequentare il Caffè Aragno e il salotto di Maria Bellonci, della quale diventa amica intima. Il mondo letterario, allora prevalentemente maschile, la stima e la rispetta per il suo talento. “Montale è stato il mio primo recensore e mi ha sempre mantenuto, fino ad ora, il privilegio della sua amicizia. Palazzeschi per sua bontà diceva che ero una delle sue più serie scrittrici italiane. Di Commisso ho centotrenta lettere che penso un giorno di pubblicare. Ma il rapporto più caro di amicizia e simpatia è stato con Vitaliano Brancati e con il compianto Ercole Patti. Ho cercato di avere rapporti epistolari con Sciascia ma lui non mi ha mai risposto” confessa Di Falco, che negli Anni Cinquanta si esprime anche come pittrice, dedicandosi soprattutto alla natura morta.
I libri di Laura Di Falco
Nel 1954 pubblica per Mondadori il romanzo Paura del giorno, con un successo immediato, seguito da Una donna disponibile (Sciascia Editore, 1959), finalista al Premio Strega nel 1960 e vincitore del premio Erice Venere d’argento nel 1961. La sua carriera prosegue con Tre carte da gioco (Rizzoli, 1962), Le tre mogli (Rizzoli, 1967), Miracolo d’estate (Rizzoli, 1971), infine L’inferriata (Rizzoli, 1976). “Nella narrativa e nei romanzi di Laura Di Falco”, ha scritto Clelia Lombardo “il cammino dell’emancipazione, così irto di spine, consegna le vite dei personaggi allo smarrimento, talvolta alla immoralità, a relazioni uomo-donna vissute ossessivamente, a ripiegamenti in forme di accettazione e sottomissione, a turbamenti che sono spirituali e carnali al tempo stesso”.
L’ultimo romanzo di Laura Di Falco
Forse il romanzo che esprime meglio la sua poetica è proprio l’ultimo, ambientato nella Siracusa degli Anni Sessanta, in bilico tra un passato decadente e un presente confuso e contraddittorio, con forti accenti autobiografici. È Maria Bellonci a suggerirle il titolo, L’inferriata, una sorta di summa della scrittura dell’autrice, dimenticata per decenni fino al 2012, quando la casa editrice Verbavolant decide di ripubblicare le sue opere, partendo proprio da L’inferriata. “Nella storia della giovane Diletta”, scrive Joshua Nicolosi, “infatti, – ambientata significativamente nell’Isola di Ortigia, uno dei luoghi d’infanzia della scrittrice – decadenza storica e morale si fondono perfettamente in quadro a tinte fosche. Figlia di genitori appartenenti ad un antico casato nobiliare, rintanati in un palazzo in rovina e abbarbicati a privilegi atavici e anacronistici, la protagonista è il perfetto prototipo di una nuova anima femminile, restia alla secolare etichetta di subordinazione che le è stata affibbiata”. Una donna che ha combattuto per la sua indipendenza intellettuale, con passione, tenacia e determinazione, che aspetta ancora di essere riconosciuta per il suo giusto valore.
Ludovico Pratesi
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