Arrampicata in solitaria. Sessant’anni con il Barone rampante di Calvino

Il celeberrimo romanzo di Italo Calvino compie sessant’anni, mentre ne sono trascorsi duecentocinquanta da quando il suo protagonista si fece promotore di un gesto simbolico, che oggi varrebbe la pena rimettere in campo.

Sono trascorsi duecentocinquanta anni da quel 15 giugno del 1767, quando il giovane Cosimo Piovasco di Rondò (protagonista del romanzo di Italo Calvino Il barone rampante), decise di salire sugli alberi per non scenderne mai più e intraprendere un’esistenza fuori del comune. Sognatore, poeta, utopista, ribelle? Queste e molte altre cose insieme, com’è proprio di coloro che pensano, che avvertono la grandezza dell’universo e l’inadeguatezza della propria persona davanti a essa. Un’arrampicata sugli alberi che diventa metafora del raggiungimento sulla Terra di un proprio spazio interiore, dello stabilire una necessaria distanza fra sé e gli altri, dalla quale osservare in libertà tutto quanto ci accade intorno. Si tratta di un rovesciamento di prospettiva che equivale al gesto di Duchamp quando capovolge un orinatoio o una ruota di bicicletta, e fa del barone un “anartista” ante litteram, ma anche un personaggio capace di riconoscere le contraddizioni e la distanza fra aspirazioni personali e realtà quotidiana. Superando la passiva accettazione delle cose, scopre se stesso e mette in pratica questa conoscenza, così da poter fare, coerentemente, ciò che pensa.

Italo Calvino

Italo Calvino

NON SOLO UNA FAVOLA

Ma per un paradosso della storia, Il barone rampante è classificato come un libro per ragazzi, una favola originale con qualche spunto ecologista, e forse pretenziosa per i grandi personaggi che vi sono rammentati: Voltaire, Diderot, Napoleone, per citare i più noti. Destino che ha accompagnato anche altri grandi capolavori della letteratura mondiale, da Moby Dick a Pinocchio, i cui profondi contenuti vengono ignorati dalla superficialità del conformismo.
La figura del barone non è un omaggio alla perfezione dell’individuo, quanto, semmai, alla sua perfettibilità; la fede illuminista che muove ogni sua azione è mossa dalla consapevolezza dei propri limiti, dalla voglia di superarli o comunque di ridimensionarli. Per questo, in una società come la nostra, avvolta dal rumore, dalle certezze prefabbricate, dalla massificazione, e in cui ci si arrampica sugli specchi per promuovere se stessi e qualsiasi genere di prodotto (arte compresa), potrebbe essere utile salire sull’albero della coscienza e da lì riflettere, sulla scorta di un ritrovato pensiero illuminista e umanistico, sulla realtà che ci circonda, riconoscendone i difetti, le falsità e le ingiustizie. Si potrebbe, insomma, riscoprire il coraggio di essere liberi, di percorrere sentieri solitari anche da casa, comodamente seduti in poltrona, spengendo il computer e aprendo un libro.

Niccolò Lucarelli

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Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

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