Berthe Morisot e Édouard Manet: storia di due talenti impressionisti in una grande mostra in California

A San Francisco, una mostra celebra la straordinaria modernità della pittrice impressionista, a lungo sottovalutata

Quando Berthe Morisot conobbe Édouard Manet, nel 1868, Parigi era una fucina di cambiamenti, non solo culturali e politici ma anche visivi. Nei caffè, nei salotti, negli atelier, la pittura cercava un modo per stare al passo con la modernità e rappresentarla fedelmente: le strade animate da carrozze e pedoni, le piazze affollate, i giochi di luce e ombra che, seguendo il ritmo delle ore, mutavano il volto della città. Il loro incontro nelle sale del Louvre, dove lei era impegnata nella copia di un dipinto del suo amato Rubens, non fu solo l’inizio di un’amicizia e di un sodalizio artistico, ma un cortocircuito creativo: due sguardi diversi eppure affini uniti dall’urgenza di trovare un linguaggio nuovo per raccontare il presente.

Un dialogo tra pari: Morisot e Manet e la reciproca ispirazione

A ricostruire oggi quel dialogo intenso e complesso è la mostra Manet & Morisot ospitata presso il Legion of Honor di San Francisco fino al 1° marzo 2026. L’esposizione, curata da Emily A. Beeny, riunisce dipinti e incisioni provenienti da prestigiosi musei come la National Gallery of Art di Washington, D.C., il Musée d’Orsay e il Musée Marmottan Monet di Parigi, il J. Paul Getty Museum di Los Angeles e il Cleveland Museum of Art, oltre che da collezioni private. All’inizio del percorso espositivo l’attenzione è attratta da Il balcone di Manet (1868–1869), dove Morisot appare per la prima volta come modella. Non è sola sulla scena ma è in primo piano, seduta vicino alla ringhiera, nel suo abito bianco che risalta contro l’ombra retrostante. Il suo sguardo diretto e insieme distante introduce subito la tensione che percorre tutta la mostra: quella tra presenza e introspezione, tra mondo esterno e spazio interiore. Manet, affascinato dall’intelligenza e dalla forza interiore di Morisot, la ritrae con una eleganza che non è solo mondana ma anche psicologica.

Quando i due si conobbero, Manet aveva trentasei anni, era un artista affermato, controverso e centrale nel dibattito parigino. Lei, che aveva nove anni in meno, era una giovane donna decisa a prendere sul serio la propria vocazione e a fare della pittura il centro della propria esistenza, anche se talvolta si trattava di accontentarsi di stare dalla parte opposta del cavalletto, come musa ispiratrice. Era cresciuta in un ambiente alto borghese che le aveva garantito studio e cultura, ma non la libertà: discendeva da Jean-Honoré Fragonard, era stata allieva di Corot, conosceva le opere dei grandi maestri del passato e aveva scelto di dipingere dal vero, ma era costretta a farlo in un mondo in cui tanta autodeterminazione, in una donna, destava non pochi sospetti e resistenze. Insieme i due artisti scoprirono una sintonia intellettuale inattesa: due personalità forti e lucide, che si riconobbero come pari. Fin dall’inizio, il loro fu un rapporto profondo e dialettico che sfuggiva a ogni definizione e che durò ben quindici anni.

Legion ManetMorisot
Legion ManetMorisot

Tra talento e ostacoli: le sfide imposte a una donna artista

La mostra lo racconta, dipinto dopo dipinto. Come in Berthe Morisot con un mazzo di violette (1872), un ritratto in cui Manet esprime la complessità del carattere della pittrice con ombre intense e un’atmosfera sospesa. Negli occhi magnetici di Morisot si legge una passione silenziosa, una forza indomabile che sembra spingerla oltre i confini della tela, un’energia che nasce anche dal nero profondo con cui Manet costruisce la figura e che sa usare in maniera straordinaria. Forse qui lo fa anche per mostrare la potenza di questo colore proprio a Morisot, che invece preferiva tonalità più chiare, come gli impressionisti. Partecipa, infatti, a tutte le loro mostre, tranne a una, troppo vicina alla nascita della figlia Julie, avvenuta nel 1878. Ma mentre i suoi colleghi scelgono come soggetti i paesaggi naturali oppure la città, la folla, le corse dei cavalli o i ritrovi notturni, lei, costretta dalle convenzioni sociali, lavora nei confini dello spazio familiare, o poco più in là. Eppure riesce a trasformare la quotidianità domestica da tema imposto a campo di sperimentazione, dove i contorni delle figure si dissolvono, la pennellata diventa un tocco breve e veloce come un pensiero che affiora e subito cambia direzione. Accade, per esempio, ne Il porto di Lorient (1869), dove la sorella Edma è ritratta seduta su un parapetto, riparata da un ombrellino, davanti al mare che si apre come una distesa vaporosa e argentea. Nulla è definito, tutto vibra in una sospensione luminosa. È con questa tela, che Morisot donò a Manet, che lui la riconobbe per la prima volta come un’artista matura, capace di guardare il mondo con una sensibilità nuova.

Legion ManetMorisot, Sexton, Oct2025
Legion ManetMorisot, Sexton, Oct2025

Berthe Morisot: la vita quotidiana come possibilità e limite

Il confronto con Manet resta continuo. Con La ferrovia (1873), lui affronta la modernità come separazione, con una grata di ferro che divide la giovane donna e la bambina dal paesaggio urbano. Morisot non mostra la barriera ma la vive in prima persona: nei suoi dipinti l’interiorità diventa tema pittorico e lo spazio privato un osservatorio da cui guardare il mondo. Quando, dopo aver a lungo aveva cercato di sottrarsi al matrimonio e alle costrizioni sociali imposte alle donne, sposa Eugène Manet, fratello minore di Édouard, e, a quasi trentotto anni, dà alla luce la sua unica figlia, Berthe si reinventa e inizia a dipingere opere in cui la maternità non limita ma anzi alimenta la sua ricerca. Eppure, malgrado la purezza e la forza del suo talento, le mancò sempre “una stanza tutta per sé” in cui dipingere, sia metaforicamente sia concretamente, nella casa coniugale. E nonostante un percorso artistico intenso, accompagnato dall’ammirazione dei colleghi e di intellettuali come Mallarmé, il pregiudizio e le convenzioni di genere oscurarono sempre il pieno valore della sua arte. Tanto che quando, nel 1895, la pittrice si spense prematuramente, sul certificato di morte risultava “senza professione”. 

Anni prima anche Manet si era ammalato precocemente e da allora fino alla scomparsa, avvenuta nel 1883, si era dedicato soprattutto agli interni, alle nature morte, ai ritratti. La mostra mette in relazione due momenti emblematici di questo periodo con Davanti allo specchio (Manet, 1877) e Donna alla toeletta (Morisot, ca. 1875). In Manet, il riflesso è seduzione e rappresentazione: la donna, colta di spalle, si offre allo sguardo. Morisot, invece, rovescia la prospettiva: lo specchio non riflette, assorbe l’immagine della donna che non posa ma è colta in un gesto intimo, che appartiene solo a se stessa. Verso la fine del percorso, le quattro stagioni, Estate (1878) e Inverno (1880) di Morisot e Primavera (1881) e Autunno (1881) di Manet, chiudono idealmente la loro conversazione. Per la prima volta esposte insieme, rivelano quanto i due artisti condividessero una stessa tensione verso la sintesi: la pittura che cattura un momento, la figura immersa nella luce, la natura come stato d’animo.

Legion ManetMorisot
Legion ManetMorisot

Morisot dipinge se stessa: talento e coraggio senza orpelli

L’Autoritratto di Morisot (1885) è l’epilogo naturale del percorso. Si rappresenta in un abito da lavoro macchiato dai colori, i capelli raccolti con noncuranza, la tavolozza in mano. Non è più la modella di nessuno. È la pittrice, consapevole del proprio mestiere, e i suoi occhi non chiedono approvazione, ma attenzione. In questo finale, Morisot appare finalmente nella sua interezza, artista rigorosa, moderna per convinzione, capace di trasformare i vincoli della propria epoca in un linguaggio libero e personale. E Manet, accanto a lei, non come mentore ma come interlocutore. La mostra del Legion of Honor restituisce così la verità più interessante del loro rapporto: la reciprocità, quella tra due artisti che si sono sostenuti e messi alla prova a vicenda, e che ancora oggi ci costringono a ripensare cosa significa guardare, e farsi guardare, attraverso la pittura.

Nicoletta Rita Speltra

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Nicoletta Rita Speltra

Nicoletta Rita Speltra

Dopo la maturità classica, si è laureata in Architettura e ha approfondito la sua formazione nel campo della conservazione del patrimonio storico e paesaggistico, specializzandosi nella tutela e nel recupero del verde storico attraverso attività di studio organizzate dal Comitato…

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