La mappa del patrimonio a rischio alluvione in Italia. Ferrara e Venezia più esposte

Elaborata sulla base dei dati raccolti da Ispra nel 2021, l’analisi di Openpolis riferisce di una situazione di rischio diffusa, con oltre il 23% del patrimonio italiano situato in zone a rischio alluvione, seppur a bassa pericolosità. Diverso il caso di Venezia, dove il rischio continua a essere alto

Di recente, Openpolis ha pubblicato un rapporto sui beni culturali a rischio alluvione in Italia, basato su dati aggiornati al 2021. Uno degli indicatori per valutare il dissesto idrogeologico, piaga all’origine di gran parte dei disastri ambientali che hanno investito il Paese negli ultimi anni, è infatti costituito dal patrimonio culturale esposto al rischio, che Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale quantifica in merito al dissesto idraulico in quasi 50mila immobili. Si tratta di beni architettonici, monumentali e archeologici che necessitano di particolari tutele vista la loro fragilità, dal momento che insieme all’inquinamento, i fenomeni franosi e alluvionali sono i principali fattori ambientali che contribuiscono al danneggiamento e al degrado dei patrimonio. Per realizzare la sua mappatura, Ispra ha incrociato i dati raccolti dall’Istituto superiore per la conservazione e il restauro per il progetto Vincoli in rete, verificando che oltre il 23% di tutti i beni culturali registrati in Italia è soggetto a rischio alluvione, mentre si riduce a un pur sempre significativo 7,5% il computo di monumenti siti in zone a rischio elevato.

Ferrara

Ferrara

I BENI CULTURALI A RISCHIO ALLUVIONE IN ITALIA

Ed è l’Emilia Romagna, dovendo prestare attenzione al 65% del suo patrimonio, a conquistare il primato di regione più esposta (ma considerando solo le aree a rischio elevato, le regioni più compromesse sono Veneto, Liguria e Calabria). Se si procede per province, infatti, è Ferrara a manifestare la situazione più delicata: tutti i beni culturali presenti entro i confini provinciali si trovano in zone a pericolosità alluvionale, per via della particolare morfologia del territorio ferrarese, in parte occupato dal Delta del Po. E non è un caso che nella stessa area anche Reggio Emilia e Rovigo condividano una sorte analoga. In numeri assoluti, però, e senza troppa sorpresa, è la provincia di Venezia a registrare la più alta concentrazione di siti a rischio, ben 4.500, di cui più di 3mila concentrati nel capoluogo: oltre il 50% di questi sono soggetti persino a rischio idraulico elevato.

Venezia

Venezia

RISCHIO ALLUVIONE. LA SITUAZIONE DI VENEZIA

Nel caso specifico, l’entrata in funzione del Mose, alla fine del 2020, dovrebbe aver scongiurato fenomeni drammatici come l’alluvione che nel novembre 2019 colpì la città, dovuto a un innalzamento della marea pari a 187 centimetri. Allora la Basilica di San Marco (di recente tutelata con nuove barriere protettive) fu invasa da 110 centimetri d’acqua, subendo l’allagamento di cripta e nartece, e così fu per la Chiesa di San Moisé, il Teatro La Fenice, e altri musei e siti che scontarono danni ingenti, come gran parte delle attività e delle abitazioni della Laguna.  Concentrando l’analisi proprio sulle città, a Venezia seguono Firenze – anch’essa tragicamente legata alla memoria dell’epocale alluvione del 1966 – con 1.800 beni culturali a rischio (l’80% del totale), e Genova. Mentre almeno per quel che riguarda il dissesto idraulico Napoli si attesta come area metropolitana meno esposta, con soli 8 siti attenzionati, pari a meno dell’1% del suo patrimonio complessivo. All’inizio del 2022, la Commissione Cultura al Senato ha votato all’unanimità una Risoluzione che impegna il governo e i ministeri competenti a mettere in campo tutte le azioni di tutela del patrimonio culturale e paesaggistico italiano dall’impatto dei cambiamenti climatici, priorità ribadita in precedenza dal G20 Cultura ospitato proprio in Italia, che nell’estate 2021 ha prodotto la Dichiarazione di Roma. Tra le richiesta avanzate dalla risoluzione, anche la priorità di implementare la Carta del Rischio del patrimonio culturale – al momento disponibile solo per la consultazione online – tramite una piattaforma open source.

Livia Montagnoli

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