Artforms. Dentro il tessuto dell’arte, a Prato

Con l’estate 2015 arriva a Prato una nuova associazione culturale dedicata all’arte contemporanea. Votata a stabilire intrecci e relazioni tra molteplici interlocutori e forme espressive, Artforms ha inaugurato le sue attività con un progetto dedicato appunto al tessuto e al riciclo. Abbiamo incontrato le sue due fondatrici, Pamela Gori e Rachel Morellet, per farci raccontare la loro esperienza nell’ambito del contemporaneo pratese.

L’associazione culturale Artforms ha inaugurato le sue attività il 26 giugno con la mostra Fuori dal trecciato. Un progetto estremamente complesso e sfaccettato, ma che ha anche prodotto un risultato di immediata fruibilità per ogni tipo di pubblico, coinvolgendo decine di volontari. Da dove è nato il concept della mostra?
La nostra idea è stata quella di inaugurare con un evento che avesse risonanza nell’immediato, anche nei confronti di un pubblico eterogeneo, e con possibili sviluppi futuri. Da qui l’esigenza di coinvolgere uno o più artisti già impegnati nell’ambito di lavori relazionali e partecipativi. In seguito, dopo una serie di confronti avuti con le artiste coinvolte (Emanuela Baldi, Manuela Mancioppi e Tatiana Villani), in maniera spontanea è emersa l’idea di utilizzare un materiale, come il tessuto in questo caso, che facesse da ponte – sia come mezzo simbolico che come materiale di facile reperibilità nella città di Prato – e che facesse inoltre da collante tra il concetto relazionale e la realizzazione dell’opera stessa.

Come si è sviluppato il progetto?
La prima fase è stata di ricerca: visitare le aziende, accumulare enormi quantità di materiali tessili – tessuti di vario genere e abiti usati – gentilmente donati dalle ditte coinvolte. Per più giorni, nell’arco di un mese circa, le artiste hanno lavorato alla co-creazione di una grande installazione fatta appunto di stracci e scarti tessili; con un invito rivolto a chiunque a partecipare liberamente per contribuire alla creazione dell’opera attraverso un coinvolgimento diretto, e con l’intenzione di estendere l’installazione progressivamente, in modo concreto, da sé all’ambiente e verso gli altri. Lo strumento in questo caso è stato “l’intreccio”.
Il progetto è stato un vero e proprio lavoro di collaborazioni: grazie al contributo di Valentina Lapolla – con Chincaglierie – invitata a intervenire in modo libero, documentando attraverso una registrazione audio tutte le fasi di lavorazione collettiva delle stoffe – costituita da suoni, voci, rumori e silenzi, trasformati e tradotti successivamente, attraverso un lavoro ingegneristico, in un’emissione di vibrazioni. Un’opera che si aggiunge a un’altra opera. E poi grazie all’intervento di Matteo Innocenti con un testo critico, Four easy pieces, scaturito dalla sua costante presenza, osservando e talvolta partecipando al processo di creazione dell’opera.

Artforms, Prato - photo Officina di Arte fotografica e contemporanea Dada Boom

Artforms, Prato – photo Officina di Arte fotografica e contemporanea Dada Boom

Ma Fuori dal trecciato non si esaurisce nella sola esposizione a Interno/8. Come è stata concepita la sua evoluzione futura, e dove vi piacerebbe – o avete già in programma –portarlo?
Abbiamo ricevuto diverse proposte, alcune le stiamo ancora valutando. Possiamo però affermare che, per sua evoluzione naturale, Fuori dal Trecciato si sta trasformando in un’opera migrante. Una proposta si concretizzerà a Treviso, dal 3 al 5 settembre per Home Festival: l’opera verrà accolta all’interno di un progetto annesso al festival, sulle arti visive, al quale parteciperà per il terzo anno consecutivo Michelangelo Pistoletto con il Terzo Paradiso.
Per quanto riguarda la città di Prato, abbiamo in ponte un progetto con il Museo del Tessuto, ed essendo nata come opera site specific, in questo caso verrà rideclinata per il contesto che la accoglierà.

Se questo è il biglietto da visita con cui Artforms si presenta a Prato, ancora più diffusi appaiono i suoi obiettivi a lungo termine, che guardano a molteplici interlocutori e alle più svariate forme espressive, senza sostanziali chiusure né nelle tipologie, né negli ambiti d’intervento. Quali sono i principi che guidano la vostra attività?
Artforms nasce con l’intento di promuove la cultura nelle sue più ampie forme, coinvolgendo figure artistiche internazionali, giovani emergenti e collezionisti, attraverso mostre, performances, proiezioni, workshop/didattica e conferenze, con progetti che collaborino  sia con  le  istituzioni che con i privati.
La nostra volontà è di dedicare una particolare attenzione nei confronti di progetti site specific in grado di dialogare con le caratteristiche uniche dello spazio Interno/8, situato all’interno di un contesto post-industriale tessile.

Avete già altri progetti in cantiere? E quali sono gli obiettivi a più lungo termine?
Tra le nostre intenzioni, vi è quella di dare l’opportunità agli artisti di poter estendere il proprio lavoro attraverso uno sguardo ampio sul loro percorso, ipotizzando un’idea di mostre simili a delle retrospettive – cosa che spesso accade solo con artisti ormai affermati. Vorremmo inoltre instaurare dialoghi tra differenti forme artistiche, senza forzature ma senza neanche porre limiti e confini, creando occasioni di confronto e sperimentazioni tra vari linguaggi, con soggetti interessati a creare interazioni tra opere visive e performance. Dando così un concreto valore aggiunto alle forme espressive a confronto. Un esempio è stato la performance musicale Opera Alpha presentata sull’opera Fuori dal trecciato.
In ultimo, ma non per ordine d’importanza, la volontà di apertura nei confronti di progetti culturali e artistici basati sullo scambio e l’interrelazione fra soggetti con esperienza nel mondo dell’arte e non. Anche la mostra in programma per settembre, Gianfranco Chiavacci e François Morellet: Rigorosi Rigolards – curata da Alessandro Gallicchio in collaborazione con la Galleria Die Mauer – toccherà in parte l’aspetto relazionale opera-spettatore: in quanto il dinamismo delle opere esposte porterà lo spettatore che ne fruirà a un’esperienza nello spazio.

Artforms, Prato - photo Serena Gallorini

Artforms, Prato – photo Serena Gallorini

Quando e come è nata l’idea di fondare Artforms? Avete seguito dei modelli, siete state guidate da necessità specifiche, oppure è nato tutto per caso?
Da circa sette anni, abbiamo iniziato a partecipare all’organizzazione, e in alcuni casi anche alla progettazione, di eventi artistici e culturali. Per citarne uno: il Contemporanea Festival di Prato, che ci ha viste coinvolte per quattro anni consecutivi, le collaborazioni con gallerie d’arte e studi d’artista del territorio.
La sede di Arforms è Interno/8, un luogo (ri)nato dal recupero di uno spazio in un’area (ex) industriale dismessa, all’interno dell’ormai nota a Prato come “Corte Via Genova”. Qui, fin dall’inizio, l’intento è stato quello di coniugare cultura, arte e produzione, dando vita ad azioni che coinvolgessero differenti competenze professionali… Ci piace definire questo luogo anche un laboratorio di idee. Un anno fa circa, si sono venute a creare le condizioni favorevoli per concretizzare il nostro desiderio di poterci dare una forma e un’identità: così è nata Artforms.

Prato è una realtà complessa, che offre buone potenzialità di sviluppo (specie per chi ne conosca bene le dinamiche interne), ma denuncia anche molte delle contraddizioni tipiche del nostro paese. Come si inserisce Artforms nel sistema di associazioni, gallerie e musei già attivo in città? Quale il suo ruolo, e quali le relazioni che ha già instaurato o che intende sviluppare?
Nell’ultimo anno sono stati fatti dei piccoli passi avanti: di recente c’è stata la volontà anche da parte delle istituzioni pratesi di creare networking con gli spazi indipendenti, e per l’occasione Artforms ha ospitato un incontro con i vertici del Pecci e le realtà culturali indipendenti con lo scopo di approfondire l’argomento ipotizzando sviluppi futuri.
Il nostro intento è di continuare a creare collaborazioni all’interno di questa rete già esistente sul territorio e allo stesso tempo, sfruttando il fatto che siamo di due nazionalità diverse (francese e italiana), gettare ponti con realtà estere, ampliando lo scambio e la conoscenza con altri soggetti creativi; non a caso abbiamo ospitato a marzo artisti francesi in residenza per una settimana,  frutto della collaborazione con il curatore Matteo Innocenti, in occasione del progetto Distances esposto all’interno dello spazio Lato a Prato e della galleria See Studio a Parigi.

Come valutate, più in generale, lo “stato di salute” del sistema dell’arte contemporanea a Prato? Quali i pregi e difetti di lavorare in questo ambiente?
Malgrado la difficoltà del periodo storico poco florido dal punto di vista economico, e gli errori fatti, a nostro avviso nella città di Prato è in atto un processo evolutivo interessante, grazie a un insieme di fattori che la stanno trasformando a livello sociale, urbanistico, demografico e culturale, e che la rendono unica sul territorio toscano. Ed è anche grazie a questo che presenta un potenziale sottobosco artistico/culturale in espansione. Ingredienti per noi fondamentali, e che al momento ci ispirano molto.

Simone Rebora

info-artforms.tumblr.com

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Simone Rebora

Simone Rebora

Laureatosi in Ingegneria Elettronica dopo una gioventù di stenti, Simone capisce che non è questa la sua strada: lascia Torino e si dedica con passione allo studio della letteratura. Novello bohémien, s’iscrive così alla Facoltà di Lettere a Firenze, si…

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