Così è, se vi pare. Roberto Ago interpreta un croissant di Urs Fischer

Un croissant e una farfalla, appesi al soffitto di musei e gallerie. L'opera di Urs Fischer si presta a molteplici interpretazioni, e Roberto Ago ne snocciola un gran numero in questo saggio per Artribune.

Se è vero che le opere d’arte appaiono tanto più sfuggenti quanto più sono polisemiche, c’è un piccolo capolavoro di Urs Fischer che, per la sua capacità di eludere un’interpretazione univoca, merita un’attenzione speciale. Infarcito di senso e contenuti, il famoso croissant sormontato da una farfalla e realizzato in differenti edizioni sa intercettare egregiamente l’interprete che desideri indovinarne la ricetta segreta.
Cominciamo a chiederci com’è che Fischer s’è messo in testa di appendere per aria un croissant (de Lune) a guisa di quelle lune natalizie esposte nelle vetrine, espositore a sua volta di una farfalla. L’astro crescente è ancorato al solo moto di rotazione mentre incornicia la sua incontrastata padrona di casa, che a sua volta gli mette le ali. Tale microcosmo ci appare isolato e autosufficiente innanzitutto, e a dire il vero un poco autistico. Che sia uno scherzo ispirato a Robinson Crusoe? Non male, se non fosse che ci troviamo in aria e non sul mare. Il volo, com’è noto, è leitmotiv caro al corpulento Urs. Vuoi vedere che se giù sul Pianeta Azzurro orde di uccelli predatori usano assediare dimore di pane (Bread House, 2004), quassù un solitario insetto memore di un velivolo chiamato Apollo e di un allunaggio in punta di piedi sta svolgendo funzione d’avanscoperta presso un burroso satellite terrestre? Come che sia, l’ospite di quest’isola sperduta ma accogliente appare soggetto a quel raro fenomeno che la paleontologia evoluzionista – e non è l’opera d’arte un fossile? – usa definire nanismo insulare.

Così è, se vi pare

Così è, se vi pare

Queste prime metamorfosi del significato non sono certo le uniche possibili, perché con un Fischer affezionato allo Schiaccianoci, e dopo la parata di leccornie a cui ci ha abituati, forse era venuto il turno del Principe della Colazione con la sua dama di compagnia. Eccoli eseguire un elegante giro di valzer, quello che in fondo è ogni colazione che si rispetti. Se una lettura squisitamente alimentare coglie meglio delle precedenti il vostro gradimento, così sia. Certo che, dato un Fischer ispirato già di primo mattino, la sola vista di un croissant che volteggi sopra un cappuccino potrebbe ben avergli evocato una farfalla nei pressi di un succulento fiore, e il seguito è solo una traslitterazione di quella fugace ispirazione. Forse è andata proprio così, ma a noi devono interessare le intenzioni dell’opera più che quelle del suo autore.
Volendo anteporre i piaceri del corpo a quelli della gola, ogni sorta di metafora sessuale prende il sopravvento, a partire da una generica coppia di innamorati, passando per un più allusivo “cornetto&farfalla”, fino all’allegoria di un amplesso tra carne e spirito, tutti ugualmente pertinenti. I più maliziosi potranno insinuare che, se la farfalla è femmina, la Luna lo è ancor di più, dunque l’ambiguo croissant sta giocando a fare la drag-queen, grassa quanto si conviene e agghindata di diadema; quanto fallica o al contrario procace è invece difficile da stabilire: il nostro è ermafrodita. Se c’è qualche appassionato del “genere” che ami vederlo nei panni del transessuale perfino che batte, dato il suo continuo esibirsi sui lussuosi marciapiedi dell’artworld, ne ha facoltà. I benpensanti si orientino da parte loro sulla più aulica e differenziata figura dell’Androgino, anch’esso ben rappresentato.

Così è, se vi pare

Così è, se vi pare

Passando al genere femminile, l’unta matrona appare decisamente materna se non iconograficamente determinata, nel suo avvolgere in un tenero abbraccio la sua creatura: una nutriente Madonna della Marmellata. Poiché però, su un tale crinale interpretativo, potremmo benissimo essere in presenza di Demetra e Persefone effigiate durante la bella stagione, quando alla sposa di Ade è concesso di stazionare presso la corpulenta madre, quella regina delle messi che nel nostro caso appare matrice innanzitutto di se stessa, non è lecito decidere di quale maternità si tratti senza scivolare nel puro arbitrio. Oltretutto chi ci assicura, fuor di umanizzanti recinti, che la creatura non stia accingendosi a divorare la madre secondo un codice comune tanto all’universo degli insetti, quanto a una massa crescente di individui opportunamente dis-simulata da una docile farfalla? Il solo assistere a un tale pasto totemico senza prenderne parte instaura la comunione fittizia di spettatori per lo più ignari delle dinamiche sacrificali evocate ovvero dello iato mai definitivo tra sacro e secolarizzazione.
Restando alla Vergine Maria, una consolidata tradizione stabilisce che Costantino, già a Ponente devoto al sole cristico, una volta a Levante avrebbe aggiunto il simbolo mariano della stella alla precedente falce di luna ascritta alla dea Artemide (protettrice della greca Bisanzio), un sincretismo tra retaggi pagani e vessilli cristiani che in seguito sarebbe stato adottato dall’impero ottomano e infine dalla bandiera turca. Tanto che è impossibile stabilire se Fischer abbia reso omaggio alla Costantinopoli cristiana, alla Istanbul islamica o più probabilmente a quei pasticcieri viennesi che, secondo una nota leggenda, in seguito al famigerato assedio del 1683, festeggiarono la cacciata delle truppe di Mustafa Pasha inaugurando un croissant  appunto ispirato alle insegne ottomane.

Così è, se vi pare

Così è, se vi pare

Spostando il nostro cannocchiale ermeneutico dal XVII al XVIII secolo, non possiamo non riconoscere, in quel peculiare abbraccio alato, un’eco del celeberrimo gioco amoroso tra Amore e Psiche immortalato da Antonio Canova. O non si tratta invece di una Psiche ancora imbrigliata nel giogo invidioso di Afrodite, quindi di una Biancaneve tra le grinfie di una strega infarcita di veleno? Queste due letture tutte al femminile rischiano di inficiare ogni accenno al matrimonio. Occorre dunque affiancare al tema di Amore e Psiche un’analoga e differente versione, ad esempio quella che scorga nella farfalla e croissant rispettivamente la Bella e la Bestia. Doveroso a questo punto un rimando ad Arianna e al possente Minotauro e di lì al drago che tiene in ostaggio la principessa, a King Kong che impugna la star cotonata e a Jabba the Hutt incatenato alla conturbante Jedi Leila, lasciando al lettore di infoltire la lunga lista dei mostri affamati di vergini (o da essi ritenute tali).
Senonché, una volta a zonzo nel tempo e in vena di bestiari, che dire di una lettura che prediliga Horus l’egizio? Notoriamente il plesso solare, già annunciato da uno scarabeo stercorario anch’esso munito di palchi, vede la luce tra le corna di un bue lunare emblema della dea-madre Iside o Hathor che sia, prima di spiccare il volo appresso a quel falco che lo scambierà per una serpe arrotolata.

Così è, se vi pare

Così è, se vi pare

Qui la voragine di possibili rimandi al precedente periodo Neolitico si fa abissale: basti citare le varie combinatorie inerenti alla Luna, all’ascia bipenne e soprattutto ai tanti bucefali del Vicino e Medio Oriente, muniti ora di contrassegno sulla fronte, ora di corna-ali, ora di entrambi gli attributi.
Lasciando l’Aleph teriomorfo e con esso ogni substrato mitico e venendo a un registro più astratto e concettuale, diremmo anche storico-filosofico, questa gemma caleidoscopica nella quale il dualismo di Fischer ha rinchiuso l’anima del mondo sembrerebbe evocare il metaxy platonico, quella “terra di mezzo” propizia all’incontro tra l’umano e il divino, il selvatico e il domestico, l’uovo e la gallina che prelude a qualsivoglia dialettica e futura significazione, con naturalmente quella cartesiana di “cogito” (la farfalla) ed “estensione” (il croissant) a serrare le fila. Ma appunto sembrerebbe. Perché se, lungi dallo scomodare astrusità mitologiche, alchimistiche e psicologiche, più verosimilmente il nostro assemblage altro non indicasse che l’aristotelico bozzolo della futura farfalla? Fra tutte quelle fin qui individuate, sembrerebbe essere questa l’interpretazione vincente, quella più ragionevole e scientificamente ispirata. Ma no, chioseranno i formalisti, è solo un ottimo caso di scultura oggettuale, un’opera tanto effimera quanto immortale i cui volumi si compenetrano con raro equilibrio e i contrari si scoprono complementari, un po’ come una farfalla che riuscisse a sostenere il peso calorico di un croissant. Così è, se vi pare.

Roberto Ago

*Il titolo originale tratto da Pirandello vede il “se vi pare” tra parentesi. Ho scelto di eliminare le parentesi dalla citazione per ovviare alla coincidenza dei due titoli.

 

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Roberto Ago

Roberto Ago

Roberto Ago è figura poliedrica attiva in molteplici rami inerenti all’estetica. Critico delle immagini, iconologo, artista, editorialista, dopo gli studi d’arte presso l’Accademia di Brera sta conseguendo la seconda laurea in filosofia presso l’Università degli Studi di Milano, con particolare…

Scopri di più