Roma ha un nuovo parco architettonico. E non lo sa
E forse fa bene a non saperlo. Viste le vicissitudini che in quest'area, in perfetta tradizione italica, si sono ripetute. L'agenzia spaziale dei 5+1 che atterra qui tra spaziali polemiche, visto che il progetto originario era di Fuksas e doveva andare da tutt'altra parte. La città dello sport di Calatrava giace costruita a (meno di) metà, senza più fondi. Solo gli studenti sono contenti, visto che le loro residenze sono pronte e niente male. E visto che questo è anche e soprattutto un campus universitario, il minimo sindacale è assicurato.
Tor Vergata. In dieci anni, uno sviluppo sfrenato, dozzine di nuovi edifici e grandi nomi del firmamento architettonico mondiale. Ma il solito copione italiano sembra ripetersi. I riflettori si accesero nel 2000, quando milioni di giovani incontrarono a Tor Vergata Papa Giovanni Paolo II per la 15esima Giornata Mondiale della Gioventù. Il mondo conobbe la periferia romana, scenario di grandi trasformazioni future.
Da allora l’immagine di questo quartiere suburbano a est della Capitale – fuori dal Grande Raccordo Anulare, dunque decisamente suburbano – è assai cambiata. Il secondo ateneo della Città Eterna, l’Università degli studi di Roma “Tor Vergata”, scegliendo la periferia come propria sede, ne diventò il vero motore di cambiamento.
Dall’insediamento dell’università, un’escalation di progetti. Proviamo a passarli in rassegna. Ad oggi in questo quadrante sono in cantiere: il Campus universitario di 1.500 alloggi per studenti della società di sviluppo Ingenium Re, con progetto dell’architetto Marco Tamino; la nuova sede dell’ A.S.I. (la sigla sta per Agenzia Spaziale Italiana) dello studio genovese 5+1AA; la Città dello Sport dell’archistar iberica Santiago Calatrava.
Formazione, scienza, sport e architettura. Tutto nel giro di qualche chilometro quadrato. I presupposti per considerare Tor Vergata come nuovo centro all’avanguardia ci sono tutti.
Fin qui tutto bene, ma quello che dovrebbe rappresentare l’eccellenza italiana, il simbolo di avanzamento, il rinnovamento di un’area periferica, a ben guardare, ci racconta l’ormai consueto ritornello. Ritardi nelle consegne, cambi di progetto, modifiche in corso d’opera, inaugurazioni solo di parti. È quello che è successo per tutte le nuove architetture previste a Tor Vergata.
Il Campus universitario è il cantiere più fortunato. L’inizio dei lavori risale a luglio 2008: 80mila mq in gran parte destinati a verde e un totale di 1.500 alloggi scagliati contro il caro-affitti capitolino. Il campus consiste nell’aggregazione di 17 edifici dotati di una corte-giardino interna. Architetture dalle geometrie elementari, completamente attraversabili e organizzate attorno a un parco esclusivamente pedonale con attrezzature per lo sport, la ristorazione e il tempo libero. Un progetto – una volta tanto – che non sfigurerebbe in una qualsiasi città evoluta e occidentale. A ottobre 2010 sono state consegnate una parte (950) delle residenze. Le restanti erano previste per maggio 2011, ma sono slittate a questo settembre. Il progettista, come si diceva, è Marco Tamino, che nella sua Pesaro ha firmato il noto arthotel Alexander e che a Milano ha sovrainteso al non riuscitissimo rifacimento della Stazione Centrale.
La storia dell’Agenzia Spaziale Italiana è ben più complicata. A vincere il concorso internazionale per la nuova sede fu, nel 2000, Massimiliano Fuksas. L’edificio doveva sorgere nelle vicinanze del Maxxi, nel quartiere Flaminio, dalla parte opposta della città rispetto al suburbio orientale. Ma il progetto si arena, cambia il governo, l’A.S.I. nomina un nuovo presidente e si arriva al 2005, quando un nuovo progetto viene commissionato allo studio 5+1AA. Non solo, perché a cambiare è anche l’area di intervento: si passa a Tor Vergata. Qui il maggior spazio a disposizione permette la realizzazione di un complesso esteso, più adatto alle nuove esigenze sopraggiunte negli anni. Una serie di volumi puri, neri, lucidi e opachi si stagliano silenziosamente su quella che una volta era considerata la campagna romana. Oggi, o meglio a gennaio 2012, sede di un grande distretto internazionale di ricerca.
E, infine, la beffa delle beffe. La Città dello Sport di Calatrava.
L’ardito complesso, voluto per ospitare i Mondiali di Nuoto del 2009, è ora pubblicizzato nel sito dell’architetto valenciano come portabandiera delle ipotetiche Olimpiadi 2020 di Roma. Ad oggi, infatti, è stato completato solo lo Stadio del Nuoto, esatta metà della megastruttura ideata dall’archistar. Non solo: dell’enorme piano che accoglie diversi impianti sportivi, servizi, infrastrutture e un anello a ricalcare il disegno del Circo Massimo, non si conosce lo stato di avanzamento. Il problema qui sono le risorse. I costi sono lievitati enormemente e la struttura, per assicurarsi ulteriori fondi, è dovuta entrata nel piano di candidatura alle Olimpiadi. Con tutte le inevitabili modifiche che un diverso uso comporterà.
Insomma, a Tor Vergata si è visto di tutto in questi anni. E, nonostante i progetti e le apprezzabili intenzioni, l’eccellenza ipotetica di un progetto urbanistico ingrato sembra via via diluirsi nell’incapacità burocratica dell’amministrazione (e della politica) di proporre soluzioni alle complessità. Spostando sempre più in là l’orizzonte dei problemi da risolvere. Fino al 2020…
Zaira Magliozzi
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #2
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